Natalità, cosa succede se l’Italia non ha figli? Gli effetti su pensioni, debito e sanità. Ricette nei paesi dell’UE – .

Natalità, cosa succede se l’Italia non ha figli? Gli effetti su pensioni, debito e sanità. Ricette nei paesi dell’UE – .
Natalità, cosa succede se l’Italia non ha figli? Gli effetti su pensioni, debito e sanità. Ricette nei paesi dell’UE – .

La natalità è considerata un’emergenza nazionale. Economisti ed esperti hanno da tempo alzato il livello di allarme sulle conseguenze delle culle vuote. Per il governo senza nascite non esiste un sistema di previdenza sociale in grado di reggere. E nel 2023 in Italia sono nati 379mila bambini, 1,2 per ogni donna. Il minimo storico. Sono 14mila in meno rispetto al 2022 e un ulteriore calo si è registrato nei primi due mesi del 2024. Nel 2021 erano oltre 400mila, nel 2008 ben 576mila. Ma il trend al ribasso va avanti da circa trent’anni e se il Paese continua così nel 2050 ci saranno 5 milioni di italiani in meno e solo poco più del 50% delle persone in età lavorativa.

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PERCHÉ CI SONO POCHI BAMBINI IN ITALIA?
Ci sono diversi motivi. La spirale demografica, il limitato sostegno alla natalità, i salari stagnanti, la precarietà. Fattori che contribuiscono a scoraggiare i giovani dal creare una famiglia. La natalità è un cane che si morde la coda: più diminuisce la popolazione, più diminuisce la popolazione per età dei genitori, compresa tra 15 e 49 anni. Poi c’è la questione stipendio. Gli stipendi medi italiani sono di 33.800 euro annui (contro i 41.000 della Francia e i 55.000 della Germania), ma sono bassi, soprattutto tra i giovani, che hanno più difficoltà a inserirsi nel mondo del lavoro. Il 43% degli under 35 guadagna meno di mille euro al mese. I lavoratori temporanei, seppur in diminuzione dal 2021 a oggi, sono ancora 3 milioni e il tasso di disoccupazione giovanile è al 20%, tra i valori più alti dell’intera Unione Europea. Come spiegano sociologi e sondaggisti, lavoro e figli sono sempre meno elementi distintivi per l’identità dei Millennials e della Generazione Z, anche per questo motivo diminuisce il numero di chi vuole avere figli (ma il desiderio di adozione tra le coppie della stessa età è in aumento). aumento del sesso).

QUALI SONO GLI EFFETTI ECONOMICI DELLA DIFESA DELLA NATITÀ?
È a rischio la stabilità dei sistemi pensionistici, sanitari e previdenziali. Solo per pagare le future pensioni, secondo l’Inps, servirebbero tra le 500 e le 600mila nascite all’anno e non bisognerebbe mai scendere sotto la soglia di 1,5 lavoratori per ogni pensionato. Oggi siamo già al livello di allerta, con un rapporto di 1,4 e secondo la Ragioneria generale dello Stato il sistema regge grazie all’aumento del saldo migratorio (più entrate che uscite). Le previsioni, però, dicono che il rapporto scenderà a 1,3 nel 2030 e a 1 nel 2050. A quel punto ogni lavoratore dovrebbe mantenere un pensionato. A rischio anche la sostenibilità del debito pubblico. Anche con 1,52 figli per donna, secondo il Def, il debito pubblico salirebbe nel lungo termine al 180%. E con il ritorno dei vincoli Ue significherebbe la necessità di tagli miliardari alla spesa pubblica, a cominciare da welfare e pensioni.

QUANTI NASCITI OCCORRE PER INVERSARE IL VIAGGIO?
Secondo l’ex presidente dell’Istat, Gian Carlo Blangiardo, e le associazioni familiari, per invertire la tendenza occorre riportare le nascite ad almeno 500mila l’anno entro il 2033. Ciò potrebbe portare a oltre 1,5 figli per donna, evitando di avere tre anziani persone per ogni giovane nel 2050. Si tratta di un’inversione della curva molto ambiziosa, ma secondo gli esperti è ancora a portata di mano.

QUALI MISURE HA IMPLEMENTATO IL GOVERNO?
Da quando si è insediato, il governo Meloni ha investito circa 2,5 miliardi nelle famiglie, con l’obiettivo di contrastare il calo della natalità. L’assegno unico per i figli è stato aumentato del 50% per il primo figlio e dal terzo in poi. Oggi si va da un minimo di 57 euro a un massimo di 200 in base all’ISEE. Aumentata del 50% anche la maggiorazione per le famiglie numerose (fino a quasi 100 euro al mese). Poi per il 2024 c’è un mese in più di congedo parentale retribuito all’80% per entrambi i genitori, insieme al border benefit esentasse fino a 2mila euro per le lavoratrici con figli, al bonus mamme fino a 3mila euro per quelle con figli due figli (per chi ne ha tre fino al 2026) e il bonus asilo nido fino a 3600 euro. Sono stati poi rafforzati gli incentivi per assumere giovani e donne a tempo indeterminato e sono stati stanziati 460 milioni per centri estivi e scuole aperte in estate. Va nella direzione opposta il ripristino dell’Iva al 10% su pannolini, assorbenti e prodotti per la prima infanzia. Ora si lavora su una riforma dell’Isee per aumentare gli aiuti pubblici a chi ha uno o più figli, ma anche sulla tassazione delle famiglie, così da ridurre le tasse per le famiglie.

QUALI INTERVENTI SI SONO RIVELATI EFFICACI IN ALTRI PAESI EUROPEI?
In Francia diversi anni fa si è deciso di dividere il reddito da tassare per il numero dei componenti della famiglia. È il sistema del quoziente familiare. Se il reddito è di 100mila euro e i soci sono quattro, l’aliquota si applica su un valore di 25mila euro. Anche grazie a questa misura, il tasso di natalità francese è salito per alcuni anni sopra i 2 figli per donna (prima dell’attuale calo a 1,6). La Germania, che concede alle famiglie un sostegno fino a 471 euro per figlio, ha una curva di natalità molto più lenta di quella italiana. In altre parti d’Europa la natalità è invece affidata maggiormente alle politiche di welfare. I paesi nordici investono più del 5% del loro Pil nel sostegno alle famiglie. Nel 2022, la crescita del tasso di natalità ha raggiunto il 7,5% in Islanda e il 6,7% in Finlandia. Tra le misure utilizzate ci sono i congedi parentali lunghi e generosi benefici per le spese scolastiche.

COSA CHIEDONO LE ASSOCIAZIONI DI FAMIGLIA?
Secondo le associazioni delle famiglie è urgente creare un’Agenzia italiana della nascita, che organizzi politiche a lungo termine e indipendenti dal governo di turno. Chiedono poi di aumentare la no tax area in proporzione al numero dei figli, prevedere importanti sgravi fiscali per le famiglie numerose e rafforzare strutturalmente l’Assegno Unico. E ancora: maggiori sforzi per favorire le assunzioni a tempo indeterminato, soprattutto per i giovani e le donne, riducendo i contratti precari ed eliminando i tirocini gratuiti.

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Il Messaggero

 
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