I Wiener Philharmoniker con Muti aprono il «Ravenna Festival» 2024 – - – .

I Wiener Philharmoniker con Muti aprono il «Ravenna Festival» 2024 – - – .
I Wiener Philharmoniker con Muti aprono il «Ravenna Festival» 2024 – - – .

So che “detesta sentirsi considerato nonno, ma noi siamo come i suoi nipoti e, in un certo senso, Riccardo Muti è il nostro direttore musicale”.

A parlare è Daniel Froschauer, 58 anni, viennese, presidente della Filarmonica di Vienna e uno dei primi violinisti dell’orchestra. Che ha una storia unica: è un’azienda autogestita. Oggi Muti e i Wiener apriranno il Ravenna Festival. “Ho preso tutto dall’Orchestra Filarmonica di Vienna”, dice Muti, “Ho lavorato con tre generazioni di musicisti e ora restituisco loro quello che ho ricevuto da loro”. «Muti – dice Froschauer – si riferisce al respiro del suono, all’articolazione di una frase, all’avvicinamento». L’incontro con il presidente dei Wiener avviene a Palazzo Lobkowitz, che ospita la mostra con estratti dal manoscritto autografo della Nona sinfonia di Beethoven, conservato a Berlino. Il 7 maggio 1824 terminarono i concerti celebrativi di Muti nel bicentenario della prima esecuzione della Nona, diretta da Beethoven in totale sordità.

Parliamo con Froschauer nell’atrio dell’edificio dove si trova ilEroico di Beethoven. In questo mondo tutto è un simbolo. È una storia che inizia nel 1842, quando Otto Nicolai fondò il Wiener. Due contrabbassisti avevano suonato la Nona con Beethoven. Per Froschauer “l’ispirazione per fondare l’Orchestra è nata da quell’evento, c’è un legame diretto con la Nona”. Il primo concerto di Muti con Wiener risale al 1971, quando Karajan lo invitò a dirigere Don Pasquale a Salisburgo. Quindi non ha perso un anno. IL presidente di Wiener pone l’accento sul debutto di Muti ai concerti in abbonamento, nel 1975, e questo dettaglio, apparentemente insignificante, la dice lunga su una vita musicale scandita da piccoli e grandi riti difficilmente decifrabili a prima vista. L’abbonamento significava l’ingresso a pieno titolo nel club di una squadra che, col tempo, avrebbe regalato a Muti l’Anello d’Oro, rendendolo socio onorario.

I Wiener non hanno mai voluto un regista stabile. Ma in un lontano passato alcuni direttori d’orchestra, da Hans Richter a Gustav Mahler, dirigevano quasi esclusivamente questa orchestra. “Nel 1933 venne introdotta una nuova regola, ancora in vigore, secondo la quale decidiamo di volta in volta con chi vogliamo giocare”. Dopo la Nona, Muti avrà quest’anno altri due importanti appuntamenti: a metà agosto a Salisburgo il debutto con l’Ottava Sinfonia di Bruckner (“a gennaio mi mostrò la versione a quattro mani al pianoforte di un allievo di Bruckner, sette mesi prima, aveva già in mente questo concerto»), e il suo settimo Concerto di Capodanno.

Muti diresse i Wiener in oltre 500 concerti. Froschauer, se potessi ricordartene uno? «Forse il concerto di Capodanno 2021. Ci siamo battuti per avere udienza in sala, il governo si è opposto. Ma con la sala vuota il rapporto tra noi e il regista si è fatto più stretto. Alla prova generale Muti ha rivelato di non avere idea di cosa avrebbe detto durante il concerto. E questo gettò nello scompiglio la TV, che non aveva feedbackA”. Parli molto con lui durante le prove? “Sì, succede, a volte non siamo d’accordo su alcune soluzioni, lui sta attento alle nostre indicazioni”.

Froschauer fa due osservazioni interessanti. Il primo, per spiegare l’unicità dei Wiener: essendo quello della Staatsoper e la Filarmonica del Musikverein, un’unica orchestra, “abbiamo un’anima operistica, l’opera è un viaggio nell’animo umano, l’amore e’ l’odio, la gelosia , vendette, tradimenti, esplosioni di sentimenti, tutto questo confluisce nel nostro modo di fare musica.’ I pezzi grossi, invece, suonano nella Filarmonica. E poi i Wiener devono la loro fama “al suono della tradizione, ma questa tradizione non è un diritto divino, si può perdere facilmente, è un dono prezioso ma fragile che va preservato”.

Oggi i Wiener ospitano 23 nazionalità. UN crogiolo di un’anima germanica, slava, mediterranea che ricorda l’impero austro-ungarico. Dopo l’hub austriaco, arrivano da tutto il mondo, Giappone, Usa, Australia, Nuova Zelanda, Russia, Ucraina. “L’importante non è da dove vieni ma come riesci a prendere un solo respiro, in un mélange multietnico che mi ricorda l’impero austro-ungarico.” Non sono più un monolite di soli uomini. Le donne sono entrate nel 1997. L’italiana Silvia Careddu, flautista, purtroppo non è stata riconfermata nel 2019 dopo il tirocinio triennale in cui ha acquisito le sue competenze all’Opera. Ma c’è un altro italiano, il primo trombonista Enzo Turriziani, nato a Rieti nel 1989, ai suoi primi passi nella band di Poggio Mirteto. Dalla banda del paese ai campioni del mondo, se questa non è una favola…

Nel quadro, Riccardo Muti dirige i Wiener Philharmoniker nella loro storica sede del Musikverein. Il suo debutto alla guida avvenne nel lontano 1971 a Salisburgo
(Il “Don Pasquale” di Donizetti). A Ravenna eseguiranno musiche di Mozart e Schubert
(foto di Terry Linke)

 
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