Italia prima nell’economia circolare, ma il vantaggio si riduce – .

Italia prima nell’economia circolare, ma il vantaggio si riduce – .
Italia prima nell’economia circolare, ma il vantaggio si riduce – .

Senza un’economia circolare non c’è pace con il pianeta. E quindi con noi stessi. Il 50% delle emissioni di gas serra che stanno facendo impazzire il clima e il 90% della perdita di biodiversità che ci espone a rischi alimentari e sanitari dipende dal fatto che consumiamo 106 miliardi di tonnellate di materie prime ogni anno. Quasi 4 volte di più di mezzo secolo fa. Del resto, se per bere un bicchiere d’acqua o per fare la spesa utilizziamo oggetti che durano secondi o minuti prima di trasformarsi in rifiuti mal smaltiti non possiamo pensare che tutto andrà liscio per sempre: i rifiuti ormai riguardano gran parte di una popolazione mondiale che ha superato 8 miliardi di persone.

Accanto a questi numeri macro inquietanti, il convegno annuale organizzato dal Circular Economy Network in collaborazione con l’ENEA ha evidenziato tendenze che mostrano la possibilità di una crescita economica nella direzione opposta, una crescita che fa perno sull’efficienza nell’uso delle risorse. Al centro di questa strategia innovativa c’è l’Unione Europea che tra il 2000 e il 2022 ha realizzato il disaccoppiamento della crescita dal consumo di materie prime: il Pil è aumentato del 31%, il consumo di materiali è diminuito del 2%. Incoraggiata da questo risultato, l’UE intende accelerare riducendo il deficit di materie prime attraverso una maggiore capacità di recuperare materiali già utilizzati. Ad esempio, entro il 2030, il 25% del consumo annuo di materie prime strategiche nell’UE dovrà essere coperto dal riciclo.

In questo contesto l’Italia si trova in una posizione di leadership, anche se il suo vantaggio si sta riducendo. Siamo abituati a fare molto con poco anche perché abbiamo una dipendenza dall’importazione di materie prime che è più del doppio di quella europea (siamo al 46,8%). E così da un chilo di materia prima il nostro sistema produttivo riesce a ricavare un valore pari a 3,7 euro. La media Ue, nel 2022, è decisamente inferiore a quella italiana (2,5 euro/kg) e inferiore è anche la performance delle altre 4 principali economie Ue analizzate nel rapporto CEN: la Spagna è a 3,4 euro/kg, la Francia a 3,2. , la Germania a 3 euro/kg, mentre la Polonia scende a 1,5 euro/kg. È interessante però notare che l’andamento dell’ultimo quinquennio (2018-2022) di questo indicatore è molto buono a livello europeo, con un miglioramento del 16%.

Bene anche l’Italia nel riciclo complessivo dei rifiuti: siamo al 72%, contro una media Ue del 58%. E la percentuale di materie prime seconde sul totale dei materiali consumati arriva al 18,7%, contro una media europea dell’11,5%. Invece brilliamo meno nel campo della ricerca. Nel 2020 nell’Unione Europea sono stati depositati 0,46 brevetti legati alla gestione e al riciclo dei rifiuti per ogni milione di abitanti; nello stesso periodo in Italia ne furono depositati 0,36 ogni milione di abitanti. E anche per gli investimenti nell’economia circolare (12,4 miliardi di euro pari allo 0,7% del Pil) siamo solo al terzo posto, dietro a Germania e Francia.

Sommando i vari indicatori, l’Italia è prima con 45 punti, seguita da Germania (38), Francia (30), Polonia (26), Spagna (26). Se però guardiamo la classifica alla luce dell’andamento degli ultimi cinque anni, il vantaggio si riduce a un solo punto: i concorrenti corrono più veloci di noi.

“Puntare sulla circolarità è la strada maestra per accelerare la transizione ecologica e climatica, aumentando la competitività delle nostre imprese”, ha dichiarato Edo Ronchi, presidente del Circular Economy Network. “A maggior ragione per un Paese povero di materie prime e soprattutto, nel contesto attuale, caratterizzato da una bassa crescita e da vincoli stringenti di rimborso del debito pubblico. L’Italia può e deve fare di più per migliorare la circolarità della nostra economia, con misure a monte dell’uso dei prodotti per combattere gli sprechi, aumentando l’efficienza e risparmiando risorse nella produzione. Promuovere l’uso prolungato, il riutilizzo, la riparazione, l’uso condiviso dei prodotti. Infine, rafforzare e migliorare la qualità del riciclo e dell’utilizzo delle materie prime seconde”.

Anche la maggior parte delle piccole imprese la pensa in questo modo. Da un’indagine realizzata tra dicembre 2023 e gennaio 2024, in collaborazione con CNA, presentata alla Conferenza CEN, è stato chiesto il loro parere sulle politiche green a 800 piccoli imprenditori (49% nei servizi, la restante metà nell’industria). Il 65% del campione di piccole imprese intervistate dichiara di attuare pratiche di economia circolare: una percentuale più che doppia rispetto a quanto rilevato nel 2021. Inoltre, il 10% delle imprese ha annunciato di voler avvicinarsi all’economia circolare nel prossimo futuro.

Il problema resta la burocrazia. In Italia la dimensione media delle imprese è di 4 dipendenti: senza una reale semplificazione delle procedure e senza servizi di supporto alle piccole imprese, è difficile sfruttare appieno il potenziale di crescita.

 
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