“Nel 2019 mi sono chiesto che senso avesse correre” – .

“Nel 2019 mi sono chiesto che senso avesse correre” – .
“Nel 2019 mi sono chiesto che senso avesse correre” – .

IMOLA. Chi è tornato. C’è anche un vecchio amico della Ferrari e della Formula 1 qui a Imola. Sebastian Vettel, 36 anni, quattro volte campione del mondo con la Red Bull, ritiratosi al termine della stagione 2022, è tornato in Italia per guidare i festeggiamenti in ricordo di Ayrton Senna, in occasione del 30esimo anniversario della morte di il fenomeno brasiliano. Fu fatale lo schianto al Tamburello del 1° maggio 1994, all’indomani dell’altra tragedia che aveva colpito l’austriaco Roland Ratzenberger nel fine settimana più nero della storia della Formula 1. Vettel, che domenica prima del Gran Premio del Made in Italy e dell’ L’Emilia-Romagna guiderà l’ultima McLaren di Ayrton, la MP4/8 del 1993, di sua proprietà, ha radunato i suoi ex colleghi – vestiti con la maglietta celebrativa come il boss della F1, Stefano Domenicali – per un toccante omaggio a Senna sull’asfalto che lo vide protagonista per l’ultima volta.

I dubbi di cinque anni fa
Sebastian ha smentito le voci di un suo possibile ritorno al volante (“No, no, no”), qualcuno nelle scorse settimane lo ha paragonato alla Mercedes per il post-Hamilton, anche se il test con la Porsche del WEC – in prospettiva poi ha saltato la 24 Ore di Le Mans – chiarisce che le corse sono ancora nel suo cuore. Piuttosto, l’evento di Imola è stata l’occasione per parlare di sicurezza. Vettel ha svelato un retroscena inedito, risalente al 31 agosto 2019, quando perse la vita a Spa il francese Anthoine Hubert, promettente talento della F2. «Mi chiedevo che senso ci fosse correre – ricorda il tedesco che all’epoca guidava la Ferrari e aveva lottato per il titolo nelle due stagioni precedenti –, che senso avesse. Ricordo benissimo le telefonate con mia moglie, ma alla fine ho deciso di continuare perché è ciò che amo”.

L’impegno di Schumacher
Tornando al 1994, «credo che dopo quell’orribile fine settimana – ha detto Sebastian – i piloti si siano uniti per far sentire la loro voce. Michael ha spinto molto con la federazione per rendere le monoposto e i circuiti più sicuri”. Il progresso è stato subito evidente: «Tutti i piloti che hanno continuato a correre e quelli che sono arrivati ​​dopo hanno beneficiato di quel maledetto fine settimana – sostiene Vettel -. È strano da dire, ma è seguito un passo importante per quanto riguarda gli standard di sicurezza”. Prima della cerimonia, Vettel ha voluto dedicare una lettera a Senna sui social: «Avevo solo 7 anni quando è avvenuto l’incidente – ha scritto -, tramite mio padre ho saputo quanto fosse grande Ayrton, era un suo grande fan e mi ha regalato una “bambola Senna” e la sua macchinina. «La cosa più vicina ad Ayrton – continua – è stata guardare una sessione di prove dalla tribuna di Hockenheim. Purtroppo non ho mai avuto la possibilità di incontrarlo, poi ho imparato molte cose su di lui dalle persone dentro e intorno al paddock. Ciò che più avrei apprezzato, anni dopo, è che non solo fu uno dei più grandi piloti di sempre, ma ebbe sempre attenzione per i problemi sociali e la povertà che colpivano il suo Brasile. Questo sostegno continua ancora oggi grazie alla Fondazione Senna, questa è l’eredità di un grande sportivo”.

La tragedia di Jules Bianchi
Nello sport più pericoloso al mondo, purtroppo, il rischio non può mai essere eliminato del tutto e la morte resta in agguato. «Una situazione simile si è verificata 20 anni dopo, nel 2014 – ricorda il tedesco -. Naturalmente eravamo consapevoli del pericolo, ma da tempo non accadeva nulla di grave e c’è stato l’incidente di Jules Bianchi a Suzuka, che gli è costato la vita. In questi casi ci poniamo tante domande, ma non dobbiamo aspettare eventi come questo per prendere provvedimenti. I progressi, in termini di sicurezza, non sono mai abbastanza rapidi, ma è positivo che si possa imparare dagli errori”. La morte di Bianchi ha dato la spinta definitiva allo sviluppo e alla successiva introduzione dell’Halo, l’anello in titanio che protegge la testa dei corridori dal 2018 e ha già evitato diverse tragedie: Charles Leclerc a Spa nel 2019, Romain Grosjean in Bahrain nel 2020 e Lewis Hamilton a Monza nel 2021. Non si finisce mai di imparare.

 
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