«Mai più errori di comunicazione» – .

«Mai più errori di comunicazione» – .
«Mai più errori di comunicazione» – .

Tagliati e dormi. Giorgia Meloni ha fretta di lasciarsi alle spalle il caso del misuratore di reddito che da giorni scuote la sua maggioranza e scatena l’opposizione. Acqua passata, assicura il premier trentino, sul palco del Festival dell’Economia. “Ho sospeso la norma perché voglio vederla meglio”, spiega dopo che in mattinata il Consiglio dei ministri ha formalizzato lo stop al decreto che rilancia i controlli fiscali dell’Agenzia delle Entrate introdotto dal governo Renzi. Non verrà applicato. Pericolo scongiurato, forse. Intanto il primo ministro rimprovera i suoi ministri in Consiglio dei ministri: “Non dobbiamo commettere questi errori di comunicazione”.

Redditometro, Meloni: serve più tempo per un decreto equilibrato

La difesa

«Non ho cambiato idea: eravamo contrari e siamo contrari. C’è stata molta confusione, la regola della valutazione sintetica esiste da tanti anni», spiega Meloni dal festival. Caso chiuso? Vedremo. È l’auspicio del primo ministro, molto irritato da “un errore di comunicazione” che potrebbe pesare in termini di consenso, quando mancano poco più di due settimane al voto spartiacque nell’Ue dell’8 e 9 giugno.

Lo ha detto e ribadito ieri presiedendo il Consiglio dei ministri, dove ha invitato il viceministro dell’Economia Maurizio Leo, firmatario del decreto nell’occhio del ciclone, a spiegare e chiarire l’intoppo. «Bisogna stare più attenti», lo ha rimproverato la timoniera di Palazzo Chigi, «questioni così delicate vanno prima spiegate agli italiani, ora il pasticcio comunicativo è fatto», è il senso del discorso tenuto davanti ai ministri. Di fatto, però, il fastidio per lo scivolone del governo non si è tradotto in un disconoscimento del “suo” Leo, fedelissimo osservatore di Fratelli d’Italia di via XX Settembre, padre della riforma fiscale promessa dal centrodestra in lo fanno le elezioni politiche biennali.

Meloni, infatti, fa scudo al suo colonnello ringraziandolo, a porte chiuse e poi in pubblico a Trento, per «il grande lavoro» sulla delega fiscale. Lo fa davanti a Matteo Salvini e non è un caso. Per il leader della Lega è il grande annuncio del Cdm: c’è il via libera al decreto salva-case, il condono edilizio su cui ha molto insistito il ministro delle Infrastrutture, deciso a dare il via libera prima delle urne Ue . Ma c’è spazio in conferenza stampa per un nuovo attacco al “redditoometro” finito per errore sulla Gazzetta Ufficiale, all’insaputa della Meloni. «È un triste ricordo del passato, ci impegniamo a rivederci, ragionando insieme con la cautela che merita un tema così delicato». Caustico Giancarlo Giorgetti, a margine del G7 economia: «Se qui piove, a Roma c’è il sole, quindi va bene», alza le spalle il titolare dei conti italiani. Come a dire: la tempesta è passata.

Le controversie

Non la pensano così le opposizioni che si battono duramente sul polverone fiscale che ha avvolto il centrodestra. «Il governo è confuso, ha mostrato grande incoerenza», l’affondo della segretaria dem trentina Elly Schlein. E l’ex premier Matteo Renzi aggiunge: “Quando calpesti una buccia di banana hai il buon gusto di restare in silenzio”.

A Palazzo Chigi Leo spiega che per il momento non si farà nulla sul contatore dei redditi. Ma difende anche il decreto elaborato dai suoi uffici tecnici al Mef, necessario per evitare il “far west” dei controlli fiscali “limitando al minimo il contenuto induttivo dell’accertamento” e privilegiando “dati sempre tempestivi per adottare specifiche misure a garanzia del contribuente”. Tra queste, spiega il viceministro in Consiglio dei ministri, c’è la previsione della doppia udienza obbligatoria. O addirittura l’esclusione dai controlli dei contribuenti “che riescono a giustificare la propria posizione con l’utilizzo di risorse accumulate negli anni precedenti”.

Segue una metro-storia dei redditi, per negare la paternità di un decreto che ha fatto balzare dalle poltrone l’intero centrodestra. Introdotti nel lontano 1973, attuati da Renzi nel 2015, i controlli fiscali sulle abitudini di spesa dei contribuenti, dagli acquisti ai supermercati ai medicinali, sono continuati fino ad oggi con il tacito consenso dei governi Conte, spiega Leo ai ministri.

Il comunicato finale del Consiglio dei ministri certifica il rinvio: il decreto ministeriale non verrà applicato nella tempesta. Ne riparleremo più avanti con un vertice di maggioranza. Dopo le europee, si capisce: la Meloni non ha intenzione di occupare l’ultimo miglio della campagna elettorale parlando di tasse. Per archiviare rapidamente il caso, il presidente del Consiglio garantisce che il governo non stringerà la lente sulle abitudini di spesa degli italiani. Anche se si trattasse di raccogliere fondi per il bilancio autunnale, che già si preannuncia ristretto. «Un conto è prendere di mira casi oggettivamente intollerabili, gente che gira in Ferrari e si dichiara senza un soldo, un’altra cosa è avere una norma che opprime il cittadino comune, alla quale sono contrario», dice il leader del governo. Caso chiuso, forse.

 
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