Missione da Cesena per salvare 17 donne e 4 minori dalla guerra in Ucraina – .

Missione da Cesena per salvare 17 donne e 4 minori dalla guerra in Ucraina – .
Missione da Cesena per salvare 17 donne e 4 minori dalla guerra in Ucraina – .

Per il terzo anno consecutivo, l’associazione “Africa Clean” ha tirato fuori dall’inferno della guerra alcune donne ucraine accompagnandole sulla riviera romagnola, per dare loro un’opportunità di lavoro negli alberghi. Nello specifico, sono cinque gli alberghi che da domenica ne hanno accolti 17, con 4 minorenni al seguito. Saranno impegnati per tutta la stagione estiva, soprattutto nella pulizia delle camere. Si tratta di un gruppo più numeroso di quello arrivato l’estate scorsa, più o meno nelle stesse date, che comprendeva 11 donne, accompagnate da 3 bambini. Quattro delle strutture che hanno aderito al progetto si trovano a Cesenatico, Valverde e Gatteo Mare (“Flamingo”, “West End”, “Michelangelo” ed “Excelsior”) e una a Rimini (“Angelus”). L’idea al centro del progetto è quella di coniugare l’accoglienza di persone che vivono una situazione drammatica con l’esigenza di reperire personale che le aziende del settore turistico segnalano come sempre più urgente.

La squadra di volontari andata a prendere gli operai a Lviv era composta da Carmelo Massari, capomissione, Michele Magrini e Giulia Zoccarato, gli stessi collaudati trio che avevano compiuto un viaggio simile dodici mesi prima, ma in modo meno teso e complicato dal punto di vista bellico e potenzialmente più pericoloso. Invece, per il gruppo portato in Romagna (di cui fa parte Nibul, di soli 6 anni, mentre il meno giovane ha 58 anni), il viaggio è stato meno scomodo e molto più rapido. Non ha dovuto affrontare, come nel 2023, un viaggio in pullman di 26 ore, ma solo un volo di un paio d’ore da Varsavia.

Carmelo Massari spiega che le donne ucraine portate qui provengono tutte dalle zone del Donbass, Kharkhiv e Dnipro, tra i fronti più caldi dell’offensiva russa, dove la morte anche di civili è diventata una terribile realtà quotidiana. Poi racconta che fin dall’inizio non tutto è andato liscio: «Abbiamo noleggiato un’auto in Polonia e siamo partiti, ma alla frontiera ci hanno fermato perché volevano l’autorizzazione della “Herz”, che non è mai arrivata. Abbiamo quindi dovuto abbandonare l’auto noleggiata in campagna, chiedendo ad alcuni contadini di accompagnarci e scaricarci subito dopo il confine. L’abbiamo attraversato che erano già le 21 e poi ci hanno lasciato in un piccolo paese completamente vuoto. Abbiamo trovato un taxi che voleva 1.500 grivna e noi avevamo solo euro. Per fortuna siamo riusciti a cambiare 30 euro ad un distributore di benzina, che equivalgono a 1.200 grivna, e abbiamo pregato il tassista, che ci ha portato a Lviv, dove siamo arrivati ​​10 minuti prima del coprifuoco, che ormai scatta a mezzanotte. In città c’è una vita quotidiana molto tranquilla e triste, nessuno sorride e tutti parlano a bassa voce. Ora sono rimaste solo donne tra i 15 ei 70 anni, mentre gli uomini si vedono pochissimi e sono quasi tutti soldati. Un momento in cui abbiamo capito davvero che eravamo in un Paese in guerra è stato quando è passato un convoglio di auto che trasportavano le bare dei soldati uccisi e la gente sui marciapiedi si inginocchiava al loro passaggio”. Anche il ritorno non è stata una passeggiata: «Noi 3 volontari abbiamo dovuto fare l’autostop al confine per poterlo attraversare e alla fine abbiamo trovato una gentile ragazza ucraina e una slovacca, che ci sono venute a prendere». Ma alla fine tutti sono arrivati ​​a destinazione senza ulteriori problemi.

Ora comincia il lavoro burocratico per il capo missione di “Africa Clean”, perché 7 dei 17 lavoratori sono nuovi rispetto a chi aveva già avuto l’esperienza e quindi le pratiche burocratiche vanno fatte per garantire che tutto sia perfettamente in ordine, mentre gli altri hanno già i permessi necessari.

 
For Latest Updates Follow us on Google News
 

PREV sua figlia e sua nipote hanno risarcito – .
NEXT quale futuro per Viola? – .