Come sono andate le elezioni europee in Italia nel 2019 – .

Come sono andate le elezioni europee in Italia nel 2019 – .
Come sono andate le elezioni europee in Italia nel 2019 – .

L’8 e il 9 giugno ci saranno le elezioni europee: quelle che servono a eleggere, tra gli altri, i 76 rappresentanti italiani al Parlamento europeo, e a indirizzare in una certa misura l’orientamento politico e i programmi che seguirà la prossima Commissione europea. Ciononostante, è ormai consuetudine che in alcuni Paesi – tra questi certamente l’Italia – le elezioni europee siano considerate anche, se non soprattutto, come un voto importante per ridefinire gli equilibri politici interni tra i diversi partiti: una sorta di grande sondaggio politico sulla la cui base è ricalibrare gli equilibri di potere tra i leader, sia della maggioranza che dell’opposizione. Oppure una sorta di elezioni di medio termine, che potrebbero confermare o modificare in tutto o in parte l’esito del voto nelle precedenti elezioni politiche. È un’abitudine ben dimostrata dagli ultimi due casi.

Nel maggio 2014, lo storico successo del Partito Democratico di Matteo Renzi alle elezioni europee è servito a consolidare e per certi versi legittimare la leadership dello stesso Renzi, divenuto Primo Ministro due mesi prima in seguito alla decisione del PD di porre fine al governo guidato di Enrico Letta. Nel 2019, però, le elezioni europee sono state il primo atto di una lunga crisi che ha poi portato alla rottura dell’alleanza di governo tra Lega e Movimento 5 Stelle.

I due partiti si erano alleati a metà maggio 2018, dopo una fase travagliata di negoziati seguita alle elezioni generali del marzo di quell’anno. L’alleanza aveva creato un governo guidato da Giuseppe Conte, fino a quel momento un avvocato largamente sconosciuto. Dopo i primi mesi di serenità, il governo Conte era entrato in un periodo complicato, con crescenti contrasti tra i due partiti.

La campagna elettorale si è sviluppata principalmente attorno a questa dinamica di opposizione tutta interna al governo: il conflitto tra Lega e Movimento 5 Stelle, animato da reciproci veti e dispetti più o meno espliciti, ha ampiamente messo in ombra i partiti di opposizione. Sia il partito di Matteo Salvini che quello di Luigi Di Maio hanno dato vita ad una competizione basata su una retorica dichiaratamente antieuropea: importanti esponenti del M5s hanno incontrato a gennaio alcuni rappresentanti dei gilet gialli, esprimendo solidarietà al movimento dei ribelli francesi e innescando una delle più gravi crisi diplomatiche con la Francia a partire dalla seconda guerra mondiale, quando il governo di Parigi richiamò il suo ambasciatore.

Salvini ha invece esacerbato le sue posizioni più reazionarie e ostili nei confronti dei migranti, rafforzando i legami con i partiti europei di estrema destra e compiendo atti di devozione religiosa piuttosto crudi, baciando costantemente rosari e crocifissi e strizzando l’occhio alla componente più reazionaria dell’elettorato cattolico.

L’esito della campagna fu molto favorevole per l’allora ministro degli Interni. Alle elezioni europee del 26 maggio 2019, la Lega ha raddoppiato il suo sostegno passando dal 17,4% delle elezioni politiche al 34,3%, eleggendo 28 deputati; il Movimento 5 Stelle, invece, è passato dal 32,7% del marzo 2018 al 17,1% del 2019, con 14 deputati eletti. In sostanza i rapporti di forza si sono invertiti, e questo ha spinto molti leader della Lega a insistere affinché Salvini aprisse una crisi di governo per indire nuove elezioni.

In questa soluzione auspicavano anche gli altri partiti del centrodestra, sperando di poter ricomporre la tradizionale alleanza ed andare insieme al governo. Forza Italia, che attraversava anch’essa un periodo piuttosto difficile, aveva ottenuto l’8,8% alle elezioni europee, eleggendo 6 deputati: un risultato ben inferiore al 14% ottenuto alle elezioni del 2018, e che segnalava che il Paese rimasto all’opposizione rischiava di logorare rovinare ancora di più la festa. Fratelli d’Italia aveva invece dato segnali di moderata vitalità, incrementando i propri consensi dal 4,3 delle elezioni del 2018 al 6,4 per cento, riuscendo così a eleggere 5 eurodeputati.

Per quanto riguarda il centrosinistra, l’unico partito a superare la soglia del 4% è stato il Partito Democratico guidato da Nicola Zingaretti, che ha ottenuto un buon 22,7%, con 19 eurodeputati eletti e un primo significativo segnale di ripresa dopo il pessimo risultato delle elezioni del 2018. elezioni, dove ottenne il 18,8%.

Dopo il voto è seguita una fase di sostanziale paralisi dell’attività di governo. La Lega si è mostrata sempre più insofferente verso alcune posizioni del M5S su giustizia e infrastrutture. In questo contesto, il 16 luglio, i 14 eurodeputati M5S hanno votato a favore della nomina di Ursula von der Leyen a presidente della Commissione europea, rivelandosi decisiva nel determinare la risicata maggioranza di appena 9 voti. La Lega, che ha invece votato contro, ha accusato il Movimento di tradimento e di aver stretto un accordo segreto con il Pd.

Pochi giorni dopo, ci fu un altro aspro conflitto sulla riforma della giustizia. Il 7 agosto, al Senato, una mozione sulla TAV – la linea ad alta velocità Torino-Lione – fu il pretesto utilizzato dalla Lega per aprire definitivamente la crisi di governo, che si sarebbe risolta quasi un mese dopo con la nascita del il secondo governo di Giuseppe Conte, sostenuto da M5S e Pd. La formazione del nuovo governo si deve soprattutto al fatto che Matteo Renzi, che allora era ancora nel PD e che per anni si era sempre opposto a qualsiasi accordo politico con il M5S, si dichiarò favorevole.

Matteo Salvini e Giuseppe Conte al Senato durante la crisi di governo, 20 agosto 2019 (Vincenzo Livieri/LaPresse)

Sulla base di quanto accaduto nel 2019, è quindi molto probabile che anche quest’anno gran parte dei commenti e delle analisi che accompagneranno il voto a partire dalla tarda serata di domenica 9 giugno si concentreranno sulle ricadute del voto sulla politica italiana.

Tuttavia, è improbabile che le elezioni europee questa volta possano portare ad una crisi di governo. Il premier Giorgia Meloni arriva a questa scadenza elettorale in una condizione di grande stabilità, se paragonata a Conte nel 2019. Inoltre, la Meloni ha più volte ribadito di non avere intenzione di fare un rimpasto, cioè di cambiare la composizione del governo in a per renderlo più coerente con i nuovi equilibri politici scaturiti dalle elezioni europee, proprio per evitare che eventuali sorprese elettorali si ripercuotano sul suo governo.

– Leggi anche: “C’è tensione nel governo”

In ogni caso, le elezioni europee verranno prese come strumento per valutare la popolarità dei partiti. Bisognerà innanzitutto capire se il premier Giorgia Meloni avrà visto consolidato il risultato ottenuto il 25 settembre 2022, quando Fratelli d’Italia prese poco meno del 26 per cento. In una fase storica in cui il consenso popolare nei confronti dei partiti è molto fluido e incostante, una conferma dopo oltre un anno e mezzo sarebbe un’ottima notizia per Meloni, e ne rafforzerebbe la leadership all’interno della coalizione di centrodestra.

Il presidente del Consiglio Giorgia Meloni con il ministro dei Trasporti Matteo Salvini e il ministro degli Esteri Antonio Tajani alla Camera dei Deputati il ​​20 marzo 2024 (Roberto Monaldo/LaPresse)

Il problema per la Meloni, secondo molti commentatori, potrebbe semmai essere quello di vincere troppo, cioè di ottenere un risultato che metta in imbarazzo i suoi alleati, Forza Italia e Lega. I due partiti sono impegnati in una competizione per contendersi i voti e affermarsi come la seconda forza all’interno della coalizione di governo. Se uno dei due partiti dovesse andare particolarmente male, potrebbe iniziare una fase più contenziosa. I leader di Forza Italia Antonio Tajani e della Lega Matteo Salvini, entrambi vicepresidenti del Consiglio, potrebbero infatti voler riscattarsi da una performance elettorale deludente cercando spazio e visibilità, e ciò contribuirebbe a mettere a repentaglio la stabilità del governo a rischio. Oppure, una grave sconfitta potrebbe indurre i due partiti a convocare un congresso per cambiare i loro leader, e questo potrebbe complicare anche la vita del governo.

Se per il partito di Salvini è certo che questa volta i consensi saranno molto più bassi, circa un terzo di quelli di cinque anni fa, per Forza Italia qualsiasi risultato migliore di quello del 2019 potrebbe essere positivo, anche se Tajani ha indicato l’obiettivo minimo di 10 per cento. Per entrambi sarebbe comunque importante ottenere più voti dell’altro per poter poi ottenere un successo almeno parziale.

– Leggi anche: I manifesti elettorali delle elezioni europee dicono molto sull’andamento dei partiti

Per quanto riguarda l’opposizione, invece, la segretaria del PD Elly Schlein dovrà inevitabilmente fare i conti con il 22,7 per cento ottenuto dal suo partito nel 2019. Era un’altra stagione politica e il partito non aveva ancora subito le scissioni di Matteo Renzi e Carlo Calendario nei mesi successivi al voto. Ma un risultato nettamente inferiore a quello di cinque anni fa sarebbe comunque difficile da gestire per Schlein, che guida il partito da oltre un anno e fatica ancora a imprimergli un cambiamento radicale, più in linea con il suo approccio e la programma con il quale ha vinto il congresso nel marzo 2023.

Altro dato che sicuramente verrà commentato sarà il confronto tra le coalizioni di destra e di centrosinistra, cioè la somma di Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia da un lato e PD, M5S e altri partiti centristi dall’altro. altro. Se nel complesso il consenso del centrosinistra fosse maggiore di quello dei partiti di governo, l’opposizione avrebbe un’arma retorica in più per attaccare la Meloni.

In questo senso sarà quindi importante valutare l’andamento dei partiti di opposizione minori, anche se qui il confronto diretto con il 2019 è più complicato da fare. L’Alleanza Verde e Sinistra riunisce due partiti che cinque anni fa erano divisi, senza che nessuno dei due raggiungesse la soglia del 4% necessaria per eleggere gli eurodeputati: l’Europa Verde ha preso il 2,3%, La Sinistra l’1,7%. Anche +Europa di Emma Bonino ha mancato l’obiettivo minimo, ottenendo il 3,1 per cento dei voti. Questa volta il partito si presenta in un grande cartello elettorale, la lista degli Stati Uniti d’Europa, che comprende diversi partiti centristi e moderati, tra cui Italia Viva di Renzi.

 
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