Brahim Baya, promotore del corteo-preghiera con la bandiera palestinese visto all’Università di Torino, contro il “genocidio di Gaza”, come ricorda lo stesso predicatore musulmano nella puntata di sabato 25 maggio di In altre parole, il programma condotto da Massimo Gramellini su La7. L’ospite in collegamento rivendica il diritto di pregare in un’università laica perché per esprimere la propria fede “non c’è bisogno di autorizzazione”, afferma, sottolineando che la libertà religiosa è garantita dalla Costituzione. Si è trattato però di un comizio anti-israeliano, sottolinea Gramellini e risponde: che reazione avreste se un rabbino facesse una preghiera contro Gaza davanti alla bandiera israeliana e dentro un’università? La giornalista Cecilia Sala segnala poi a Baya le foto che ritraggono quel venerdì, in cui le donne sono recluse dagli uomini, dietro una grata, come avviene nelle moschee. Con la differenza che siamo in un’università. Il predicatore risponde che uomini e donne sono divisi anche nelle sinagoghe e nelle moschee, e una volta anche nelle chiese.
Sul punto interviene anche Federico Rampini: “Quella separazione non sta bene all’università. Ci ha solo ricordato che per molti anni anche nelle chiese cattoliche vigeva la separazione tra uomini e donne, ma noi siamo andati oltre questa fase”, attacca l’editorialista del Corriere della Sera. “Dobbiamo tornare indietro perché questa religione ce lo impone? – sostiene Rampini – Le conquiste delle donne italiane e delle donne occidentali in generale devono essere cancellate quando subentra una religione che decide di cancellarle?”, prosegue, dando merito a Sala di aver colto uno dei punti più indifendibili di ciò che è stato visto a Torino. “Le donne italiane e le donne occidentali non sono pronte a rinunciare a questi diritti perché lo impone una religione”, conclude.