Gli AC/DC incantano Reggio Emilia, 100mila per il concerto-evento a raffica di hit – .

Alla fine succede che i mega raduni live a sei cifre siano sempre appannaggio dei mostri sacri del rock, che non vogliono arrendersi alla dittatura della musica fatta di streaming, sampling e autotune. Ci sia il rock, dunque, purché ci sia qualcuno che porti avanti questa bandiera, e ieri a Reggio Emilia centomila anime resistenti hanno voluto rendere omaggio a uno di quei gruppi che il rock – pesante, duro, insomma ognuno dà la sua propria definizione, che questa generazione autogelosa dovrà sempre contestare nei dettagli – hanno oggettivamente scritto la storia. Ieri gli AC/DC hanno portato l’unico concerto italiano del tour del cinquantenario a Reggio Emilia, in quello che un tempo era Campovolo, che per il mondo live da quasi sinonimo di Ligabue è diventato la Rcf Arena, lo spazio dei più grandi concerti all’aperto in Europa.

La band sale sul palco con le hit “If you Want Blood” poi “Back in Black”, in uno spettacolo che è praticamente fatto di sole hit; facile per chi in nome dell’hard rock – ok, abbiamo dato una definizione – si è costruito una delle carriere di maggior successo della storia. Non è una serata da b-side e rarità, si va dritti a canzoni immortali scolpite nella storia.

Scatta con un ritmo così veloce che non stai al passo con i tempi: la scaletta è la stessa, con qualche inversione di ordine rispetto alle prime due date europee, ma cambia poco, ma tutto sembra scorrere più velocemente, come se in un tempo accelerato, proprio quello che la band sul palco e i suoi centomila fan sotto sembrano aver fermato.

A fare da intermezzo e portare lo spettacolo oltre le due ore è un lungo one man show di Angus Young che sale sul palco per una ventina di minuti di lezione di chitarra. Pausa finale di una raffica di decibel sparati nelle orecchie degli astanti, anche se il pogo dei concerti, quello duro, è forse un aspetto del passato, sostituito da un mare di cellulari e clacson rossi dalle intermittenze diavoletti che adornano i capelli degli anziani e dei più piccoli.


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Hard rock sì, ma le spallate degli astanti non trovano più troppo spazio, meglio godersi il concerto ascoltando una band dal sound granitico, che in realtà non risente degli anni passati e in forma impeccabile su palcoscenico.

L’arena è adeguatamente attrezzata per accogliere tutti, le promesse di acqua gratis e nessun obbligo di spesa minima ai bar vengono mantenute e quindi è giusto godersele, anche se un po’ più statici e affascinati dai maxischermi rispetto a cinquant’anni fa. fa . Già, l’età media del pubblico è quella adulta, anche se questo di per sé non vuol dire chissà cosa, visto che quello che una volta si chiamava pogo non ha particolarmente successo nemmeno tra la Gen Z.

I dati statistici: centomila spettatori, 6500 biglietti venduti all’estero, 8000 a Reggio. Un corteo verso la Rcf Arena iniziato venerdì, con i primi che stazionavano ore prima dell’apertura dei cancelli per prendersi un posto in prima fila che, però, era oggettivamente raggiungibile anche per chi aveva semplicemente il biglietto per la Zona Rossa. Non si dica una bolgia, viste le polemiche semantiche sorte sul web mesi fa, ma in effetti chiunque avesse pagato un po’ di più quei biglietti, anche arrivati ​​ieri pomeriggio, avrebbe potuto avvicinarsi al sottopalco. Per chi si ritira nelle retrovie della zona rossa o ha acquistato i biglietti per le altre, meglio il binocolo.

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Questo all’interno della Rcf Arena, mentre a Reggio Emilia era un mare calmo, ordinato e amichevole di magliette nere che convergevano verso il concerto. L’afflusso è monocromatico o quasi nero, con una percentuale schiacciante di magliette firmate AC/DC, a dispetto del precetto secondo cui non si va ai concerti indossando le magliette delle band in cui suonano. Meglio portarselo da casa, infatti, visto che negli stand del merchandising quelli ufficiali si vendono a 40 euro al villaggio accoglienza della stazione e a circa 50 agli ingressi dell’arena. I soldi parlano, ormai lo sappiamo. Ma nessuno, dopotutto, ti obbliga ad acquistarli. C’è anche chi arriva ai cancelli del concerto in bicicletta con una Graziella alimentata a vino in un serbatoio come un serbatoio, e giura di averci pedalato fin da Bologna, per poi confessare di aver parcheggiato l’auto solo qualche chilometro più in là. scendere e percorrere la distanza rimanente pedalando. In nome del rock, ma fino a un certo punto, ovviamente.

Reggio è una città educata, non Sin City, che riunisce generazioni come i 39 anni di differenza tra Piero Pelù e Thomas Raggi, il chitarrista dei Maneskin, ospiti nel backstage. Due ore e mezza dopo, “Vi salutiamo”, poi via lungo l’“Autostrada dell’Inferno” nella quale svolta la Via Emilia al ritorno.

 
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