«Agli occhi dello Stato nostro figlio è orfano» – .

PAVIA. «Ci ​​sono famiglie con meno diritti di altre. Agli occhi della legge è come se mio figlio fosse orfano di un genitore: siamo ostaggio della burocrazia che non riconosce il nostro amore, l’unica cosa che conta quando si parla di famiglia”. Carmen F., 36 anni, fornaia di viale Cremona, è scesa in strada per strappare il mantello dell’invisibilità che ancora soffoca migliaia di famiglie omoparentali italiane (composte da persone dello stesso sesso), vittime della normativa Vuoto che nega loro il diritto di crescere figli come nuclei formati da un uomo e una donna.

Pavia

Duemila in corteo al Pavia Pride: “Siamo persone, non ideologie”

Daniela Scherrer

02 giugno 2024

Con lei c’è la compagna Daniela C., 37 anni, impiegata nel negozio, e il loro bambino di due anni e mezzo, culmine dell’unione civile celebrata nel 2019: sfilano al Pavia Pride insieme alle altre famiglie che animano il segmento di Famiglie Arcobaleno, associazione fondata nel 2005 per difendere i diritti dei genitori dello stesso sesso. Il gruppo rappresenta oltre 500 famiglie in Lombardia e una trentina tra Pavia e provincia.

«Come se fossi una madre single»

«La legge italiana non ci rende la vita facile» aggiunge Daniela, legata a Carmen da una relazione iniziata 17 anni fa. Ma non bastano né il tempo né i sentimenti per renderle madri a pieno titolo, almeno secondo le regole. «Sono stata io a portare avanti la gravidanza – dice Daniela – ma per lo Stato è come se fossi una madre single, perché Carmen non viene riconosciuta come genitore nonostante anche nostro figlio sia suo. La vita ci sbatte ogni giorno in faccia questa realtà: per richiedere l’assegno figlio unico rilasciato dall’INPS, ad esempio, ho dovuto dichiarare che nostro figlio è nato da padre sconosciuto, altrimenti la pratica non sarebbe andata avanti. Inoltre, per portarlo a fare le vaccinazioni, Carmen ha bisogno di una mia delega scritta che la autorizzi ad accompagnarlo”. Ma a volte il senso di umanità va oltre i cavilli burocratici: «Ormai i medici del centro vaccinale ci conoscono e per fortuna hanno smesso di chiedere delega ogni volta – prosegue Carmen -. Resta però la discriminazione: se nostro figlio nascesse da una coppia di genitori eterosessuali non dovremmo sottoporci a questo processo. Per tutelarlo io e la mia compagna ci siamo rivolti ad un notaio affinché mi nominasse tutore legale, nel caso le fosse successo qualcosa. Viviamo in un Paese che si riempie la bocca della sacralità della famiglia ma poi abbandona migliaia di bambini nati da genitori dello stesso sesso”.

A capo del segmento delle Famiglie Arcobaleno c’è anche Elena Mantovani, agente della Polizia locale di Milano e tra i fondatori del gruppo lombardo: «Ho 62 anni e vista la mia età avrei preferito trascorrere pomeriggio sul divano, eppure sono qui a difendere i diritti dei bambini, visto che uno dei primi atti del governo Meloni è stato quello di bloccare la trascrizione degli atti di nascita dei bambini nati all’estero da coppie dello stesso sesso”.

 
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