piccola guida di viaggio da Forlì a Sansepolcro – .

Prima di lasciare Forlì, una visita a Fondazione Dino Zoli racconta al meglio il valore del mecenatismo contemporaneo. C’è infatti l’impegno di un imprenditore forlivese alla base della nascita del progetto di promozione della cultura italiana che nello spazio espositivo di viale Bologna espone una collezione permanente di opere moderne e contemporanee e organizza frequentemente eventi e incontri. Fino al 20 luglio la Fondazione ospita la mostra personale di Silvia Camporesi dal titolo Fragile Sublime, un modo per ricordare l’alluvione che colpì la città e gran parte della Romagna nel maggio 2023 attraverso le foto inedite scattate in quei giorni dall’artista forlivese.
La Fondazione, nel frattempo, non ha mai smesso di acquisire nuove opere, sviluppando anche un programma (Who’s Next) volto a incentivare i giovani emergenti.

Casa

Fondazione Dino Zoli, Forlì. Foto Luca Bacciocchi

Alle porte di Forlì, in direzione degli Appennini, si trova la “città ideale”. Terra del sole. Era Cosimo I de Medici a scegliere questo nome – che era di buon auspicio e testimoniava il governo illuminato della sua dinastia – quando decise di fondare nel 1564 una nuova città fortificata, a guardia del confine del Granducato di Toscana con lo Stato Pontificio. L’abitato è ancora oggi una chiara testimonianza del modello urbanistico che si impose nel XVI secolo, coniugando le competenze dell’ingegneria militare con i canoni umanistici dell’epoca, orientati all’armonizzazione degli spazi e dei volumi. In questo senso, all’interno della cinta muraria ancora intatta per oltre due chilometri, la città rinascimentale si dispone simmetricamente rispetto alla piazza centrale (la Piazza d’Armi), concretizzando lo schema di città a misura d’uomo proposto da Francesco di Giorgio Martini. Per saperne di più visita il Museo dell’Uomo e dell’Ambiente negli spazi di Palazzo Pretorio.

Terra del Sole, pianta della città

Prima di dirigersi a sud seguendo il tracciato della E45 nel tratto che attraversa l’Appennino, è consigliata un’incursione nel ravennate, non troppo fuori rotta (Faenza dista solo una ventina di minuti di auto da Forlì). A maggior ragione per sostenere la ripresa delle attività nella martoriata zona Faenza, uno dei distretti ceramici più importanti d’Italia, duramente colpito dall’alluvione del 2023. In città, lo scorso gennaio, dopo un necessario recupero degli spazi e delle attrezzature, ha riaperto i battenti il ​​Museo Carlo Zauli, che da anni diffonde l’arte della produzione ceramica rivolgendosi ad un pubblico trasversale. C’è tempo, invece, fino al 13 ottobre per visitare la retrospettiva dedicata a Gio Ponti dal MICche focalizza l’attenzione sul rapporto del designer con la ceramica, a partire dalle invenzioni per Richard Ginori.
Proseguendo verso le colline romagnole, nella media valle del torrente Senio, lungo la strada provinciale 306 si raggiunge Casola Valsenio. E mentre sali la collina scopri l’attrazione più inaspettata del luogo: Il Giardino delle erbe clui è il botanico Augusto Rinaldi Ceroni lo progettò nel 1938, donandolo a Casola nel 1975. Oggi questo angolo di paradiso riunisce 450 specie di piante utilizzate in cucina, in medicina e nella cosmesi, disposte su terrazze dove si può passeggiare liberamente. L’orto è anche centro didattico, vivaio (con possibilità di acquisto di piante rare e varietà antiche), erboristeria e gelateria naturale nel periodo estivo.

Il Giardino delle Erbe, Casola Valsenio. Foto Livia Montagnoli

Ritornando in campagna, il nostro itinerario riprende da Cesena, che merita una sosta per partecipare ad una visita guidata del Biblioteca Malatestiana (ora puoi prenotare anche online, tramite il circuito Coopculture). Unico esempio al mondo di biblioteca umanistica monastico-rinascimentale perfettamente conservata, la Malatestiana ospita – all’interno di un’aula colonnata che imita il modello di una basilica – un’importante raccolta di codici miniati in pergamena, rigorosamente assicurati al suo banco da una catena ( così si usava in passato per evitare furti, così si osservano oggi: per la consultazione si utilizza la versione digitalizzata, conservando gli originali). L’antica biblioteca, riconosciuta Memoria del mondo dall’UNESCO, fu realizzato all’interno del convento di San Francesco per volere dell’ Malatesta Novelloal quale si deve la creazione dello straordinario fondo manoscritto, attraverso la realizzazione di uno scrittoio e l’acquisto di altri preziosi manoscritti.
Fuori dalle mura che circondano l’antico borgo, il Museo Musicalia raccoglie un’altra “antichità”, raccontando 500 anni di musica meccanica (quella prodotta dal movimento di cilindri dentati). Tra organi da strada e carillon, trova spazio anche la riproduzione di una macchina musicale ideata da Leonardo da Vinci e descritta nel Codice Atlantico. Ingresso solo nei fine settimana e festivi, su prenotazione.

Biblioteca Malatestiana, Cesena. Foto Livia Montagnoli
Biblioteca Malatestiana, Cesena. Foto Livia Montagnoli

La strada che dall’uscita di San Piero in Bagno si snoda tortuosa all’interno del versante romagnolo del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, per raggiungere il borgo di Santa Sofia, vale la deviazione. Nel centro storico, attraversato dal fiume Bidente, si trovano due punti di interesse per gli appassionati di arte contemporanea: la Galleria Vero Stoppioni e la Galleria Parco delle sculture fluvialiche riunisce opere di Arnaldo Pomodoro (Tronco di cono1972), Mauro Staccioli, Francesco Somaini, Giuseppe Maraniello, Flavio Favelli ed altri, lungo un percorso di circa due chilometri.
La vicina frazione di Corniolo evoca invece un passaggio cruciale della storia del Novecento, prima repubblica partigiana indipendente dell’Italia settentrionale, proclamato il 2 febbraio 1944. A 700 metri di altitudine, uscendo dal paese, in primavera ed estate è possibile visitare il Giardino Botanico Valbonellache ricostruisce i principali ambienti vegetali dell’Appennino Romagnolo, con una ricca collezione di specie spesso rare.

Santa Sofia vista dal fiume Bidente
Santa Sofia vista dal fiume Bidente

A chiudere la Valle del Savio, Verghereto sorge su uno sperone roccioso, cesura tra Romagna e Toscana. Con un trekking non troppo faticoso, nei pressi del paese, si arriva davanti al Marna, in un paesaggio incontaminato e quasi lunare attraversato da calanchi dalle molteplici sfumature di grigio. Siamo nell’area naturalistica ai piedi del Monte Fumaiolodove nasce il fiume Tevere: raggiungere a piedi la sorgente, passeggiando tra fitti boschi di faggio, permette di scoprire il monumento inaugurato da Mussolini nel 1934, per celebrare “il fiume sacro ai destini di Roma”. E per approfondire una storia segnata dall’egoismo: nato a Predappio, nel forlivese, nel 1923 il dittatore fascista fece spostare i confini regionali per ascrivere il luogo dove nasce il Tevere alla sua provincia natale.

La Marna di Verghereto. Foto Balze di Verghereto
La Marna di Verghereto. Foto Balze di Verghereto

Entrati in Toscana, nella Valtiberina aretina, Pieve Santo Stefano invita a una pausa che scava nell’intimità delle memorie private, capaci di diventare storia collettiva “scritta dal basso”. Il Piccolo Museo del Diario, ospitato all’interno del Palazzo Pretorio, è un viaggio immersivo e interattivo attraverso migliaia di scritti di persone comuni. In quarant’anni di attività il Centro ha raccolto 10mila unità diaristiche, guadagnandosi il ruolo di Archivio Diaristico Nazionale. Il percorso museale, ideato da dotdotdot, mette in luce alcune di queste testimonianze, utili per comprendere la nostra storia passata e la società in cui viviamo: il visitatore ha il compito di aprire i cassetti che le contengono, disponendosi all’ascolto. Il progetto è stato avviato nel 1984 da Saverio Tutino, fondatore dell’archivio diario che in anni più recenti ha portato alla nascita del museo. Grazie a lui, oggi, Pieve Santo Stefano è la Città del diario.

Piccolo Museo del Diario, Pieve Santo Stefano
Piccolo Museo del Diario, Pieve Santo Stefano

Il nostro viaggio termina poco più avanti, con l’ingresso a Sansepolcro, la città di Piero della Francesca. E non solo. Tra i numerosi spunti di visita – dal Museo Aboca dedicato alle piante officinali al percorso che segue le orme di Piero – scegliamo di evidenziare un capolavoro del passato e uno spazio rinato nel presente per alimentare la ricerca contemporanea. L’uno a brevissima distanza dall’altro. Nell’oscurità scenica di chiesa di San LorenzoIL Deposizione Di Rosso fiorentino è tornata qualche mese fa dopo un attento restauro dell’Opificio delle Pietre Dure, durato sette anni. E oggi il dipinto riempie lo spazio ad aula unica della chiesa cinquecentesca, catturando lo sguardo con la trama dolorosa di una composizione che diventa più serrata e grottesca rispetto all’analogo soggetto dipinto qualche anno prima da Rosso a Volterra. L’opera fu realizzata dall’artista fiorentino, fuggito da Roma a Sansepolcro per sfuggire al Sacco del 1527, per la Compagnia di Santa Croce.
La storia di Casermarcheologica inizia, però, nel 2013, con il recupero di Palazzo Muglioni (ex Caserma dei Carabinieri) per renderlo uno spazio culturale aperto alla città e alimentato dalla creatività di giovani artisti. Tra i progetti di rigenerazione urbana di maggior successo in Italia, oggi Casermarcheologica propone un ricco programma, tra workshop, laboratori creativi, l’annuale Little Book Festival in primavera, mostre e residenze artistiche.

Rosso Fiorentino, Deposizione, Chiesa di San Lorenzo, Sansepolcro. Foto Livia Montagnoli
Rosso Fiorentino, Deposizione, Chiesa di San Lorenzo, Sansepolcro. Foto Livia Montagnoli

Proponiamo qui solo una selezione limitata di proposte che si distinguono nel contesto di un’offerta gastronomica media e di grande qualità.
Quindi partendo da Forlì si comincia con i caffè speciality della Caffè Gardelli, pioniere italiano tra i micro torrefattori che creano la cultura del caffè. In città, un altro laboratorio di ricerca non convenzionale è il chiosco Benso ai Giardini Orsini, nato con le sperimentazioni dello chef Pier Giorgio Parini e rimanendo fedele alla linea della creatività senza fronzoli, tra pranzi, aperitivi e degustazioni serali.
A Faenza si gode senza perdere l’eleganza (dell’ambiente e del servizio)Osteria Enoteca La Baita, storico ritrovo per buongustai, nato come negozio di prelibatezze locali – e il banco gastronomia che accoglie i clienti ne è una viva e gradita testimonianza – nel 1975. La cucina si basa sulla tradizione romagnola, curata con competenza; la carta dei vini soddisfa.
Un altro luogo del cuore si scopre tra i boschi dell’Appennino, raggiungendo ilOsteria la Campanara tra Santa Sofia e Galeata. In quella che era la canonica del paese si trova il ristorante circondato da un orto e da un giardino; i piatti sono quelli di una porzione di Romagna che risente della vicinanza con la Toscana, tra cui tortelli alla lastra, castagnaccio, tante erbe selvatiche (sauger, stridoli, ortiche). C’è anche una locanda dove fermarsi a dormire.
Non lontano da Cesena, in direzione Rimini, Terre Alte racconta invece dell’Adriatico, con il pescato del giorno, restando appartato sulla collina romagnola. Tra pesce crudo, sarde alla griglia e l’immancabile zuppa inglese. In un ambiente luminoso e moderno.

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Osteria La Campanara, Pianetto
Osteria La Campanara, Pianetto
 
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