Le mafie di Trento riciclano denaro negli alberghi in crisi – .

Le mafie di Trento riciclano denaro negli alberghi in crisi – .
Le mafie di Trento riciclano denaro negli alberghi in crisi – .

Attualità

Di Ivano Tolettini 1 luglio 2024

Dopo le cave di porfido della Val di Cembra, è la volta degli alberghi in crisi a finire nel mirino della mafia del Trentino Aldo Adige. Lo ha spiegato in Parlamento, in Commissione Antimafia, il procuratore capo di Trento, Renzo Raimondi, lanciando il pericolo di riciclaggio da parte della criminalità organizzata, diventata un business di alto profilo e che attraverso operazioni finanziarie mira a riciclare denaro sporco, magari dal traffico di droga, in attività legali rilevate ad esempio attraverso le aste giudiziarie. Come gli alberghi in difficoltà le cui aziende sono fallite o finite in liquidazione preventiva, e che quindi vengono acquisiti a prezzi stracciati, rappresentando un’opportunità anche per la malavita. Così come per l’imprenditorialità seria.

«C’è stato un settore in Trentino, quello degli alberghi – sottolinea il procuratore antimafia Raimondi nel corso dell’udienza alla Camera – dove abbiamo visto che c’era attenzione su un centinaio di alberghi in difficoltà da parte di soggetti che non ci convincevano. Se vedete che un fondo singaporiano compra due alberghi a Cavalese, viene da pensare che un singaporiano non sappia nemmeno dove sia Cavalese». Tanto più che le operazioni di acquisto avevano come attività sottostante crediti deteriorati, i cosiddetti crediti deteriorati, che avevano innescato la grande crisi economica del 2008. In considerazione di queste acquisizioni sospette, aggiunge il magistrato, «ho fatto creare alla Provincia una task force che lavora con il mio centro intercettazioni e un’azienda che si chiama Trentino Digitale, dove abbiamo un sistema software chiamato Qlik sense, che ci permette di ottenere dati da banche, aste giudiziarie e così via, e quando ci sono due anomalie su cinque parte l’indagine patrimoniale”. Lo scambio di informazioni attraverso banche dati istituzionali rappresenta un sistema efficace per il contrasto alle mafie. “Tramite i colleghi americani della Procura di Miami e anche tramite gli agenti dell’Homeland Security Investigation – precisa il Pubblico Ministero – stiamo studiando insieme alla Polizia di Stato le modalità per tentare di indagare. Come sapete, il mondo dei bitcoin ha una borsa globale che posso vedere ogni giorno entrando nel sito, che monitora tutti i passaggi di queste stringhe, sempre anonime. Questa sfida, però, può essere affrontata attraverso la collaborazione di tutti. Due anni fa ho stretto, e ora stiamo cercando di diventare operativi, un accordo con l’azienda Leonardo e l’HPC di Ginevra. Quest’ultimo ci metterà a disposizione due dei computer più veloci al mondo per le indagini preliminari. Con la grande capacità di calcolo potremo forse essere in grado di indagare su fenomeni molto importanti come il riciclaggio di denaro e le frodi petrolifere”.

L’analisi di Raimondi è a tutto tondo e spiega quindi che “non c’è più la possibilità di pensare a uno Stato con le vecchie componenti: territorio, popolazioni, confini. Oggi non ci sono più confini. I confini sono scomparsi, sono evaporati, perché attraverso l’economia digitale la criminalità ha la possibilità di acquistare criptovalute e accreditarle su conti alle Cayman o alle Barbados, quindi non abbiamo più controlli. La sfida che abbiamo come inquirenti è quella di dare un volto all’anonimo”. Ecco perché il magistrato torna sul concetto di mafia imprenditoriale. “Quello che appare in tutta la sua evidenza – prosegue – è l’establishment imprenditoriale. Spesso abbiamo un’immagine stereotipata legata al passato di quella che poteva essere la figura di un membro di un’associazione criminale organizzata di stampo mafioso veicolata dal giornalismo di una volta. Oggi non è più così. Oggi le persone sono imprenditori, prestati anche a connessioni istituzionali, che sono stati eletti addirittura come consiglieri nel Comune di Lona Lases dove si trova il settore dello sfruttamento delle cave di porfido”. Massima attenzione, aggiunge Raimondi, per contrastare infiltrazioni anche in altri settori del Trentino che possono offrire occasioni di riciclaggio di denaro mafioso. “Continuiamo le nostre indagini con altre procure”, conclude Raimondi.


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