Uomini deboli, destini deboli – AndriaLive.it – .

“Un naufragio tecnico e caratteriale”. Queste le parole di Paolo Condò, ai microfoni di SkySport24alla fine del gioco.
Un’istantanea chiara del “disastro italiano” agli Europei del 2024. È lì, proprio nello stadio “Il cielo è azzurro sopra Berlino”che disintegra ogni flebile aspettativa di una corsa agli Europei già compromessa dalle 21.01 del 15 giugno, quando milioni di italiani, tutti insieme, seduti davanti ai teleschermi, assistevano impotenti al vantaggio della gigantesca Albania contro l’Italia.
Lì avremmo dovuto capire subito che questa è l’Italia più brutta di sempre.
Una Nazionale tecnicamente povera, con pochi giocatori bravi e una pletora di giocatori di fascia medio-bassa, incapaci di fare squadra.

E l’incapacità di suonare in modo orchestrale ha messo a dura prova i fan italiani. Più tatuaggi che lasciapassarepotrebbe essere il reclamo di questa edizione europea.
Una Nazionale incapace di esprimere un’identità e un allenatore che aveva solo ragione su una nota affermazione risalente al 2023: “Uomini deboli, destini deboli”.
Perché erano uomini deboli. Una squadra senza anima: non un attaccante capace (almeno) di provare a segnare, un centrocampo degno della peggior squadra lombarda allenata da Oronzo Canà, una difesa di inetti allo sbando.
Un’Italia dal carattere scarso, incapace di pressare, di attaccare la palla, di tenere testa all’avversario, incapace perfino di pretendere un rigore netto contro la Svizzera che avrebbe potuto cambiare l’esito della partita.

Com’era la partita della nostra nazionale? Non l’abbiamo capita e forse non la capiremo mai.
Una banda da sagra della porchetta più che un’orchestra. E un direttore, Lucianone di Certaldo, che somigliava più al Maestro Pregadio, alla Corrida. Dopo l’impresa di Napoli, frutto di congetture astrali e allineamenti Luna-Terra-Cristo Velato che si ripetono una volta ogni Kvaradona, abbiamo visto 6 moduli cambiati e solo 10 tiri in 4 partite, mettere terzini destri a sinistra, fare 5 sostituzioni senza cervello, far partire, negli ottavi di finale, giocatori che non avevano toccato il campo nella fase a gironi. Il risultato, un’Italia oscena in cui si salva solo il vendicatore Donnarumma, portiere per 1 contro 11.

I tempi della BBC in difesa sono finiti ma non possono diventare nemmeno quelli di Di Lorenzo, Darmian e Mancini. Non abbiamo più Totti, Del Piero, Pirlo, Cannavaro. Ma non possiamo accontentarci di Scamacca, Retegui, Jorginho e Di Marco se Immobile, Insigne e Colpani restano a casa per un capriccio di Lucianone “Bellicapelli”.
Ora testa ai Mondiali e, con uno sguardo più lungimirante, al prossimo ciclo italiano.

La Nazionale riparte dal basso, dalle Scuole Calcio, dal calcio di strada, quello sui campi seghettati degli oratori, quello dove giocano i ragazzi di NN, che non hanno i soldi per pagarsi la carriera e i tatuaggi e non possono entrare a far parte di quei circoli viziosi a cui siamo abituati. fai ut des di un certo modo di giocare a calcio, in Italia e nel mondo, nelle mani di criminali e facinorosi.
E nelle scuole calcio ai ragazzi e alle ragazze di 6-7-8 anni viene dato spazio alla creatività, al dribbling, alla fantasia, e non si insegna a giocare con soli due tocchi. Creatività e fantasia, appunto, quelle che mancano non solo agli Azzurri ma al nostro Paese in generale.

La Nazionale riparte dai giovani che hanno voglia di crescere, non da quelli con la testa a Ibiza dove li aspettano gli influencer del momento. La Nazionale riparte dal Made in Italy, non solo da quello alimentare (e l’assenza di giocatori rossoneri tra le fila degli azzurri, la dice lunga, in questo momento storico).
La FIGC e Gravina ripartono dal valore della maglia “azzurra” e dal concetto di coesione che si rinnova ogni volta che gli 11 della Nazionale scendono in campo per una competizione europea o mondiale. Dall’Italia che si ferma perché ha bisogno di sentirsi, per una volta, unita attorno allo stesso obiettivo.

Come è successo sabato, nella nostra città e in tutte le città d’Italia, quando alle 18, il silenzio delle strade e il chiacchiericcio amichevole che proveniva dalle case degli italiani, raccontavano di famiglie e amici insieme, di un popolo diviso su tutto ma capace di riunirsi, solo e ancora una volta, attorno alla maglia azzurra per urlare ancora una volta “Vai Italia!” senza ferire la sensibilità degli elettori di sinistra.
Abbiamo finito presto con i maxi schermi nelle vie della nostra città e negli oratori e con l’odore di focaccia e panzerotti che usciva dalle finestre spalancate di chi si preparava a schiere di amici che, con la scusa di una partita, decidevano di stare insieme, di sentirsi fratelli d’Italia, tutti dalla stessa parte, senza autonomie e differenziazioni. Con buona pace di Giorgia Nazionale.
Fino alla prossima competizione mondiale. Speriamo… visto che non ne abbiamo giocata una dal 2014.

Lunedì 1 luglio 2024

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