Savona – Teatro dell’Opera Giocosa: The Troubadour – .

Ogni volta che assisto a un Trovatoree l’ho già scritto qualche anno fa, non posso fare a meno di pensare a una memorabile recensione firmata Rubens Tedeschi e pubblicata su L’Unità il giorno dopo l’inaugurazione del Carlo Felice di Genova, nel 1991. Allora mi siedo e sorrido subito, incurante dello spettacolo che mi si para davanti. Oltre a invitare chiunque a ricercare la scrittura, ineguagliabile per stile e ironia, ogni tanto mi fa comodo rubare qua e là qualche frase di Tedeschi, che spesso si adatta alle varie rappresentazioni dell’opera verdiana o che mi consente di fare un paragone. Penso a “il regista scopre che Il Trovatore è un’opera oscura” e a quanto è seguito, con alcune precisazioni un po’ sarcastiche, su come il regista dell’epoca avesse voluto mettere in luce questa caratteristica imperscrutabile all’ignaro pubblico. Ecco, all’inizio lo stesso pensiero mi è passato per la testa di fronte alla scena di Stefano Monti e di Allegra Bernacchioniun po’ troppo monocromatica, cupa e statica, che però si è poi in parte riscattata con alcuni apprezzabili accorgimenti che hanno mitigato questo senso di vuoto visivo e psicologico e che hanno impedito di sprofondare nell’“abisso della noia” di germanica memoria. Il suggestivo gioco di ombre ne è un esempio (Piacenza Game Life Theatre) – che forse poteva essere valorizzata di più – o la grande luna piena a interrompere, di fatto e simbolicamente, l’oscurità dominante. Per il resto, infatti, tutto resta un po’ immobile e monotono, con l’albero secco e gli stessi pannelli (che sembrano colonne) che si muovono avanti e indietro lentamente, e basati quasi esclusivamente su simbolismi ed evocazioni psicologiche; il che andrebbe anche bene se la regia osasse qualcosa di più e non abbandonasse i cantanti al loro destino, un po’ disorientati nello spazio scenico. Ci sono comunque alcuni guizzi interessanti, tra cui la scena di Azucena, più caratterizzata anche dalle luci di Fiammetta Baldisserrie alcuni momenti “di massa” con il coro e soprattutto con i mimi che animano le scene.

L’orchestra, nella “fossa” del Priamàr, fa il suo dovere, diretta con energia da John DiStefanopur con qualche distacco qua e là dalla scena, specie nelle scene corali, e con qualche inevitabile disagio dovuto all’esecuzione all’aperto (Toscanini insegna)anche per quanto riguarda l’accoglienza da parte del pubblico (e da parte nostra).

Ma veniamo ai protagonisti che, tra luci e ombre (scusate la battuta!), hanno calcato il palco della Prima Savonese; giovani interpreti, con voci ancora tutte da definire, ma dotati di caratteristiche di valore che potranno progressivamente emergere e definirsi nel prosieguo del loro percorso artistico. Claire de Monteil (Leonora) ha una bella musicalità, è capace di sfumature raffinate, ma è meno puntuale nell’agilità e ancora un po’ acerba nel carattere; idem per Il mio Kim (Conte di Luna), che non ha ancora la profondità verdiana nonostante una voce dal timbro interessante e che quindi ha le sue carte da giocare nel prossimo futuro. Più o meno lo stesso si può dire di Matteo Desolebella musicalità e buona gestione delle emissioni soprattutto nel registro centrale, buone intenzioni sceniche, ma qualche difficoltà e forzatura negli acuti, con una voce parzialmente indebolita e un timbro ancora un po’ da “arrotondare”. Meglio Vittoria Pitti nel ruolo della zingara, con voce e timbro più definiti e maggiore omogeneità, anche se senza il physique du rôle “tradizionale” di Azucena. Buona Yonghen Dong (Ferrando). Completando il cast Vincenzo Maria Sarinelli(Ruiz), Samantha Sapienza (Ines) e Luis Javier Jimenez (Una vecchia zingara). Efficace, nonostante le discrepanze parziali sopra menzionate, la Coro del Teatro Goldoni preparato da Maurizio Prezioso.

Una serata piacevole in piazza della Fortezza e gradita dal pubblico, sempre affezionato – e giustamente – all’instancabile teatro lirico savonese. E poi, e sia chiaro, non pioveva! Il che, considerando la storia degli spettacoli estivi delLavoro ludico e il clima ligure degli ultimi tempi è senza dubbio miracoloso.

La recensione si riferisce alla première del 27 giugno 2024.

Barbara Catellani

 
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