Adesso pensiamo alle telecamere – .

Dopo quasi due settimane di apparente silenzio per consentire i lavori di pulizia e restyling, i primi studenti a varcare l’ingresso di Palazzo Nuovo sono stati i neolaureati. Dopo aver discusso la tesi, molte persone andarono a scattare le foto ritualicon una corona d’alloro in testa, davanti all’edificio dell’Università, riaperto ufficialmente ieri dopo il blocco di tutte le attività didattiche a causa dell’occupazione degli studenti filo-palestinesi. Dei 38 giorni di battaglia — a parte la bandiera dipinta sui gradini d’ingresso, destinata a scomparire — non resta altro. I graffiti, le scritte e i murales dipinti sulle pareti dell’atrio sono stati ripuliti e ricoperti di vernice. Della mobilitazione per salvare Gaza dalle bombe, che teneva l’università col fiato sospeso, non resta neanche un segno o un lampo di colore. Ma questo non significa che Unito non stia pensando alla possibile ripresa delle proteste.

Le tende si chiusero, Non si sono fermati gli incontri tra il rettore Stefano Geuna e i rappresentanti dei dipartimenti “di casa” a Palazzo Nuovo. Se poco tempo fa l’agenda prevedeva esami da spostare e le richieste degli occupanti, oggi la governance di Unito è concentrata sul terzo appello della sessione estiva. Inizierà lunedì e dovrebbe svolgersi nelle aule sgomberate e ripulite di Palazzo Nuovo. Nei vari incontri, però, c’è anche una riflessione sulle possibili iniziative da attuare per migliorare la sicurezza dell’edificio simbolo del “city center campus” in via Sant’Ottavio, che negli ultimi mesi è stato occupato due volte: per tre giorni a novembre all’inizio della guerra a Gaza e l’8 marzo da collettivi transfemministi.

La voce di Installare tornelli all’ingressocome fatto al Politecnico di Milano con risultati piuttosto discutibili, viene escluso dal rettore che però ammette il ragionamento su Potenziamento del sistema di videosorveglianza: “È un’idea che stiamo prendendo in considerazione”, afferma Geuna.
Ipotesi accolta con preoccupazione da una parte dell’ateneo. «Mi sarei aspettato una risposta diversa alla mobilitazione, più orientata al dialogo — impegna il docente di Storia, Bruno Maida —. È necessario riflettere sull’uso delle telecamere in ambito universitario. Serviranno a prevenire i furti e a garantire il controllo notturno di Palazzo Nuovo? Oppure rischiano di limitare la libertà di movimento e di riunione all’interno dell’università?

Nel frattempo aspettiamo la fattura dei danni. Anche se, una volta rimossi i muri, non andiamo oltre “qualche chiavistello e telaio rovinato”. Geuna spiega: “Non c’è ancora una somma totale, che è enorme di per sé. Tuttavia, stiamo parlando di molte migliaia di euro. È chiaro che quaranta giorni di occupazione senza far entrare personale e senza manutenzione hanno portato al danno”, spiega il “magnifico” dell’Ateneo. L’ateneo sta valutando se procedere o meno con la richiesta di risarcimento danni. “Si tratta di questioni che hanno vari risvolti, anche legali”, ha spiegato Geuna. Nei giorni scorsi la Digos aveva inviato una segnalazione alla procura in merito alle occupazioni filopalestinesi nelle università torinesi ed era stato esaminato anche il danno a Palazzo Nuovo.

 
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