«Ho mangiato la loro plastica per scoprire se era biologica» – .

«Io Non sapevo nulla della bioplasticaHo fatto quello che mi è stato detto. Non ho una laurea, ma ho studiato sui libri di testo universitari. In chimica ho ottenuto un risultato eccellente, ho preso 27″. Paolo Ottani è uno dei personaggi chiave della vicenda Bio-On. L’imprenditore, che ha fatto fortuna con le applicazioni per i pagamenti tra banche, è stato il testimone dell’accusa nell’udienza di ieri del processo che vede Sotto accusa gli ex dirigenti di una start-up che prometteva di salvare il mondo dalla plastica. Ora sono tutti sotto processo, a vario titolo, con le accuse di bancarotta, manipolazione del mercato e tentativo di abuso del credito.

La testimonianza: i punti chiave

«Non ho mai acquistato azioni Bio-on – ha chiarito Ottani -. Ma la il progetto è stato molto interessanteHo anche mangiato la plastica prodotta per vedere se era tossica”. Ottani ha incontrato Bio-on ai tempi dell’impianto pilota di Minerbio («Una produzione molto modesta, complessa da industrializzare») e poi è stato protagonista della presunta vendita di una licenza in Olanda. Un affare che si è concluso negli ultimi giorni del 2017 e poi si è concluso stanziato un budget di 5,1 milioni. Anche se, come diceva lo stesso Ottani, l’unico pagamento per quell’operazione è stato di 25 mila euroL’uomo d’affari ha confermato di non avere debiti con Bio-on che invece aveva inserito quella cifra nella voce crediti. «Ero un ruffiano che cercava di risolvere i problemi, Ho accompagnato gli olandesi a Minerbio, la situazione era imbarazzante”. Sul bozza di accordo, o meglio nel term sheet, sottoscritto con gli olandesi, l’imprenditore ha specificato di non parlare inglese, cioè la lingua in cui è stato redatto l’accordo. “Mi sono fatto aiutare da un mio dipendente, che mi ha fatto da interprete”. Ma perché quel contratto non è stato finalizzato? «Non è successo perché È statononostante le numerose richieste, non ha mai risposto sulle caratteristiche della bioplastica così tutto si è fermato.”

Il direttore di Kartell

IL difese degli imputati – il professor Tommaso Guerini per il fondatore Marco Astorri – hanno tentato di ribaltare la ricostruzione dell’imprenditore tutt’altro che impreparati. Tra i testimoni di ieri anche Dario Fumagalli, direttore generale di Kartell, l’azienda gioiello del made in Italy che aveva acquisito una quota della start-up e ha avviato una joint venture. L’obiettivo era rifare gli iconici mobili modulari di Kartell con plastica pulita al 100% della società di Astorri. “I primi mobili modulari sono stati venduti e hanno avuto un livello medio di reclami”. Per circa 1.000 pezzi di arredamento, Bio-on ha fornito a Kartell 3.500 chili di materiale. La seconda spedizione (13mila chili) si è rivelata un disastroErano i giorni successivi all’attacco di Quintessential e le intercettazioni raccontano del disperato tentativo di produrre e consegnare. «Ci furono diversi scambi e furono rimedi proposti ma con quella polvere non siamo mai riusciti a stampare”ha chiuso Fumagalli. Ultimo testimone della giornata l’avvocato Marco Golda Perini, general counsel di Pwc Italia. La società di revisione che ha approvato con revoca il contestato bilancio 2016 e il cui incarico non è stato poi rinnovato.

 
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