“La sua condotta è disumana” – .

“La sua condotta è disumana” – .
“La sua condotta è disumana” – .

“A prescindere dalle considerazioni etiche (ininfluenti ai fini del diritto penale) che, nel caso di specie, sarebbero pure richieste di fronte a condotte disumane e lesive dei più basilari valori della solidarietà, non può ignorarsi che l’indagato ha intenzionalmente e volontariamente ignorato le probabili conseguenze delle sue azioni”: è questo uno dei passaggi più duri dell’ordinanza cautelare con cui il gip del Tribunale di Latina, Giuseppe Molfese, ha disposto la pena detentiva per Antonello Lovato, titolare dell’azienda agricola presso cui lavorava Satnam Singh.

I carabinieri hanno arrestato Lovato presso la sua abitazione intorno all’ora di pranzo di oggi, martedì 2 luglio, a due settimane dal tragico incidente avvenuto presso l’azienda Borgo Santa Maria in cui ha perso la vita Satnam Singh. Dopo essere rimasto gravemente ferito da un macchinario che gli aveva amputato un braccio, oltre ad avergli procurato altre ferite, nel pomeriggio di quel 17 giugno il giovane bracciante agricolo di origine indiana è stato caricato dal suo datore di lavoro sul furgone e abbandonato davanti alla sua abitazione a Castelverde, frazione di Cisterna.

Se fosse stato soccorso quel pomeriggio, Satnam Singh avrebbe potuto essere salvato. Lo scrive la dottoressa Cristina Setacci in un passaggio della perizia medico-legale riportata nelle pagine dell’ordinanza. E nello stesso provvedimento il giudice ricostruisce quanto accaduto quel 17 giugno. “È Lovato – si legge – che, contrariamente a quanto dovuto, carica il corpo sul furgone e separatamente l’arto amputato e, sempre Lovato, abbandona corpo e arto in via Genova, fuggendo”. “È del tutto evidente – si aggiunge – che l’indagato non voleva la morte del suo bracciante indiano, ma per la condotta tenuta e le chiare modalità operative (smentite solo dalle sue dichiarazioni, secondo cui avrebbe agito nei termini descritti perché sotto shock) ha ragionevolmente previsto la probabile morte di Satnam, accettandone consapevolmente il rischio”.

Le “condizioni visibili di Satnam Singh in stato di semi-coscienza, con un braccio amputato e una copiosa perdita di sangue, rendono, a giudizio di chiunque, l’evento fatale inevitabile, soprattutto in assenza di un tempestivo intervento medico”.

Il reato contestato oggi all’imprenditore è quello di omicidio volontario con dolo eventuale. “Come riferito dal pubblico ministero – si legge più avanti nell’ordinanza – le condotte successive all’abbandono del cadavere deducono e caratterizzano inequivocabilmente la condotta omicidiaria, proprio nei termini descrittivi del dolo eventuale”. Per il giudice che ha firmato l’ordinanza, Lovato ha omesso di chiamare i soccorsi, è fuggita con il furgone e poi si è occupata di ripulire il sangue con lo scopo principale di “occultare quanto accaduto; d’altro canto, un suo lavoratore, abusivamente sul territorio nazionale, senza contratto, privo di tutele antinfortunistiche e utilizzando attrezzature di lavoro non certificate, si era amputato un braccio, perdeva copiosamente sangue e aveva riportato gravi lesioni”.

Un solo obiettivo dunque per Lovato che, come si legge nell’ordinanza, «al fine di nascondere e occultare la realtà, con condotta intenzionale ha posto in essere tutti gli accorgimenti descritti anche a costo di concretizzare l’evento mortale che, progressivamente, gli è stato posto dinnanzi». Per il giudice, il suo comportamento è «apparso lucido e volutamente volto a occultare a tutti i costi quanto accaduto».

 
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