Nel mirino il clan calabrese Giardino, infiltrazioni nel veronese, 43 indagati – .

Nel mirino il clan calabrese Giardino, infiltrazioni nel veronese, 43 indagati – .
Nel mirino il clan calabrese Giardino, infiltrazioni nel veronese, 43 indagati – .

PADOVA – VICENZA – Una nuova inchiesta sull’infiltrazione e il radicamento della ‘Ndrangheta nelle province di Verona e Vicenza. La Procura Antimafia di Venezia lo ha completato a fine giugno e, nei giorni scorsi, è stato notificato l’avviso di conclusione delle indagini preliminari ai 43 indagati, che avranno la possibilità di presentare memorie difensive o essere interrogati.

L’inchiesta, coordinata dai pm Lucia D’Alessandro e Stefano Buccini, è la continuazione dell’operazione cd “Taurus” e di altri fascicoli già giunti all’udienza, e ruota in particolare attorno alla famiglia Giardino. Undici persone sono state denunciate per associazione a delinquere di tipo mafioso e il ruolo di promotori e organizzatori è stato imputato a Rosario Capicchiano, 48 anni, di Isola di Capo Rizzuto e Alfonso Giardino, detto “Gaggia”, 51: il primo strettamente legato al leader riconosciuto , Antonio Giardino “Totareddu”, 54 anni; il secondo considerato referente del gruppo criminale veronese, entrambi già condannati in primo grado in un precedente processo. Loro ed altri indicati come partecipanti sono accusati di aver fatto parte del clan Arena – Nicoscia, operante prevalentemente nella provincia di Crotone, ed in particolare ad Isola di Capo Rizzuto, di cui costituivano «un “club” nel territorio scaligero, nonché con collegamenti e legami nelle province di Crotone, Vibo Valentia, Reggio Calabria, Reggio Emilia, Brescia e Mantova allo scopo di commettere estorsione, rapina, sequestro di persona, furto, emissione e utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, detenzione abusiva di armi, minacce, lesioni, violenze private e frodi”.
Il tutto, si legge nell’atto di accusa, “avvalendosi della forza intimidatoria del vincolo associativo e della condizione di soggezione e omertà che ne deriva”.

LA TUBO BOMBA

I reati contestati agli imputati a vario titolo risalgono al periodo compreso tra il 2006 e il 2020. Tra le vicende ricostruite dagli inquirenti c’è quella relativa al ritrovamento a Mestre, nel novembre 2006, di un ordigno esplosivo, della “pipe bomb” tipo, che i carabinieri hanno rinvenuto, durante una perquisizione, nell’abitazione di Antonino Foti. Antonio Giardino “Totareddu”, Ottavio Lumastro, 50 anni, di Negrar, Nicola Toffanin, 56 anni, di Occhiobello (attualmente sottoposto a tutela in quanto collaboratore di giustizia) e Attilio Violi, 60 anni, di Reggio Calabria.
L’accusa ha poi ricostruito una serie di rapine, in particolare quella ai danni del “Club River” di Verona (maggio 2008) e della Cassa di Risparmio di Firenze (febbraio 2013), nonché quella ai danni di un esponente della famiglia Sartor, veronese ( nel 2017) da cui, oltre a soldi e un cellulare, è stata rubata la sua moto: i responsabili sono stati individuati grazie ad alcune collaborazioni.
Un episodio viene citato dagli inquirenti per dimostrare l’esistenza di un clima mafioso: per risarcire la famiglia Sartor della rapina subita, Antonio Giardino si sarebbe recato in un bar, armato di pistola, per consegnare una somma di denaro.

SINDACALISTA MINACCIATO

Sotto accusa sono finiti numerosi episodi di estorsione. La più singolare e inquietante riguarda un sindacalista, Giammassimo Stizzoli, segretario provinciale di Filaia-Cisal, che nel 2015 è stato costretto, a seguito delle minacce ricevute, a interrompere l’attività sindacale svolta a favore di una cooperativa. Il sindacalista è stato seguito e tenuto sotto controllo con vari appostamenti e infine, nell’ottobre del 2025, è stato aggredito da un gruppo di persone travisate. Ora gli inquirenti hanno dato un volto e un nome agli esecutori materiali della missione punitiva, contestando una lunga serie di reati anche ai danni dei titolari della Vierrecoop, Alberto e Alfredo Frinzi e del presunto intermediario, Luca Vicentini, tutti di Verona.
Gli indagati avranno ora modo di fornire una propria versione dei fatti contestati, prima della richiesta di rinvio a giudizio, attesa per settembre.

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