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una base per il business delle turbine eoliche – .

di Fabio Menin

Come avevano capito fin dall’inizio i cittadini del Comitato per il Porto di Corigliano-Rossano, tutta la manovra di Baker Hughes che vorrebbe costruire un’industria all’interno del nostro porto era ed è la copertura di qualcosa di più grande che muova molti più soldi degli anni ’60. milioni promessi da questo settore per 50 occupati sì e no.

La Regione Calabria e chi c’è dietro non hanno detto tutta la verità, o meglio hanno detto solo quello che gli faceva comodo dire. Non abbiamo mai visto una multinazionale dell’energia venire a impiantare uno stabilimento nel porto di Corigliano per la cifra irrisoria di 60 milioni di euro. Le aziende energetiche si muovono per decine e centinaia di miliardi, non certo per pochi milioni di euro.

E così adesso apprendiamo che dietro il progetto Baker Hughes c’è lo spostamento di pale eoliche in tutta la Calabria, cioè per terra e per mare. D’altronde queste megastrutture hanno bisogno di uno scalo, perché sono enormi e trasportarle sulle nostre strade è quasi impossibile, e anche via mare senza un porto sicuro è complicato.

Ci troviamo allora di fronte ad un bivio: le opere pubbliche che mancano: strade, autostrade, ferrovia elettrificata e doppio binario, porto con banchine commerciali e turistiche, vogliamo realizzarle o cedere solo una di queste, il porto, al business delle turbine eoliche che significa miliardi per poche aziende del Nord Europa e acqua dolce per i cittadini della Sibaritide e della Calabria?

Cioè: preferiamo aiutare l’economia calabrese o regalare le infrastrutture ai signori delle multinazionali e guardare attraverso il vetro la Calabria trasformata tra mare e costa in una foresta di pale eoliche?

Solo un governo regionale “favorevole” agli interessi stranieri può pensare di trasformare la Calabria e il suo miglior porto ionico in un hub (centro di smistamento) di pale eoliche, lasciandosi alle spalle le tante incompiute a cui siamo abituati, ovvero la Sila-Sibari che non ha esisteva da tanti anni, la Sila-Mare semidistrutta, l’autostrada Ionica a 4 corsie che ancora non esiste, la ferrovia elettrificata e il doppio binario che ancora non esistono e non se ne parla nemmeno, la porto di Corigliano privo di darsena turistica e commerciale.

Nemmeno il ministro del Mare, Musumeci, venuto in visita, ha tuonato contro la svendita agli interessi multinazionali, pare sia riuscito a convincere i politici calabresi che è meglio pensare a completare le infrastrutture che mancano e utilizzare quelle esistenti come porto della nostra economia. E allora, quando i cittadini andranno a votare, si ricordino di non “destra e sinistra” o “votare gli amici”, ma di scegliere chi vuole davvero costruire quelle infrastrutture che ancora mancano alla nostra terra.

 
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