OLAMOT – Sentiero Della Divinità – .

OLAMOT – Sentiero Della Divinità – .
OLAMOT – Sentiero Della Divinità – .

votazione
8.0

  • Bande:
    OLAMOT
  • Durata: 00:31:28
  • Disponibile dal: 29/047024
  • Etichetta:
  • Record di forbici letali

Streaming non ancora disponibile

Nel processo di ascolto e valutazione di un disco un fattore importante è il puro piacere personale, anche se a volte tendiamo a nasconderlo.
Spieghiamo: ascoltare e raccontare un disco al pubblico implica una certa responsabilità, anche se non sembra. Chi scrive è convinto che sia necessario inquadrare ciò che si sta ascoltando, per quanto possibile, anche al di fuori del proprio entusiasmo, immaginando di doverlo proporre anche ad un pubblico magari meno ‘predisposto’ o ‘dedito’: in Insomma, saper coinvolgere anche chi magari mastica poco di uno stile specifico.
Allo stesso modo, rivolgendoci ad un pubblico non specifico, bisogna cercare di far notare con onestà quando un disco è più o meno rappresentativo di un certo sottogenere, quando si distingue in qualche modo.
In questo senso, è meglio dirlo subito, “Path Of Divinity” di Olamot non reinventa certo la ruota, anzi. Per una volta la biografia che accompagna l’album è onesta e indica i tre vertici di un ipotetico triangolo in cui inserire il nostro: Cryptopsy, Shadow Of Intent e Fleshgod Apocalypse.
Dei primi ci sono certamente i natali della brutalità tecnica, accompagnata anche da accenni a Dying Fetus, Decrepit Birth e old Psycroptic. Per quanto riguarda il paragone con Fleshgod Apocalypse, gli Olamot non cercano di essere particolarmente barocchi, ma ciò che è innegabile è una ricerca sonora molto attenta ai dettagli negli arrangiamenti, ai diversi stili vocali seppure ‘urlati’ e in generale, ad una voglia di evidenzia melodie e ritornelli che sono abbastanza riconoscibili per l’ascoltatore.
Il terzo vertice sono, come detto, Shadow Of Intent, che emergono nell’approccio più ‘core’ presente in tutte le canzoni.
Tornando al discorso iniziale, gli Olamot riescono a mettere più o meno tutte queste influenze in ogni brano, rendendolo allo stesso tempo strutturalmente complesso ma anche vario e perfino facilmente memorizzabile, come nel caso di “Everspiring Chains Of Darkness”, “Soul Harvest” e “Dove regna il caos”.
Partito come creatura nelle mani della coppia Edoardo Casini e Daniele Boccali, a quanto ci risulta Olamot può ora contare su una formazione ampliata che sembra avergli in qualche modo avvantaggiato, visto che le composizioni di questo primo full house sono in gran parte superano quelli della mini in termini di qualità. Realms” già pubblicato. Le esecuzioni dei singoli sono tutte molto buone ma se vogliamo citarne qualcuno, siamo rimasti colpiti dalla versatilità della voce di Matteo Vitelli e delle chitarre dei due Casini e Boccali.
In conclusione, “Path Of Divinity” non brilla particolarmente per innovazione, ma riesce a reggersi con la sua inquadratura spettacolare che fa venir voglia di ascoltarlo ancora e ancora. E’ inutile, ci siamo accorti di aver ascoltato “Path Of Divinity” tante volte, molte più del necessario per raccontarlo ai lettori, ma questa volta il piacere di ascolto è stato notevole.

 
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