conti, servono circa 20 miliardi – .

Il decreto è arrivato lunedì per la prima volta alla Ragioneria generale dello Stato, meno di ventiquattr’ore prima della sua approvazione da parte del Consiglio dei ministri. Conteneva misure che avrebbero comportato costi per lo Stato, come lo sgravio una tantum sulla tredicesima dei dipendenti con i redditi più bassi, ma nessuna quantificazione delle stesse. Sarebbe dovuto recarsi al lancio non solo senza aver individuato la copertura, ma senza nemmeno avere un’idea della copertura necessaria: i costi semplicemente non erano preventivati. Per questo gli uffici tecnici lo hanno fermato, in attesa di una valutazione.

Le priorità dell’economia e della finanza pubblica

La fretta di annunciare il bonus alle tredicesime si spiega naturalmente con la campagna elettorale per le europee. Ma la storia che ha innescato è emblematica di una lunga stagione che molti segnali lasciano intendere come giunta al termine: quella in cui le priorità dell’economia e della finanza pubblica finiscono per essere subordinate all’agenda dei partiti e alle loro nomine alle urne. Non che manchino altri segnali di declino di questa stagione, dopo lunghi anni di sospensione del Patto di Stabilità e acquisti per oltre 400 miliardi di debito italiano da parte della Banca Centrale Europea. C’è la scelta del governo di non indicare i propri obiettivi di debito e deficit nel Documento di economia e finanza.

L’astensione dei partiti di maggioranza

C’è l’altra scelta di omettere dal Def ogni dettaglio sul profilo di spesa annuale del Piano nazionale di ripresa e resilienza da qui al 2026 (anche se l’ultima nota di aggiornamento del Def lo aveva promesso). C’è la scelta di omettere, sempre nel Def, ogni indicazione sulle misure per finanziare le attuali agevolazioni in scadenza dal prossimo anno. E c’è l’astensione dei partiti di maggioranza e opposizione al Parlamento europeo sulle nuove regole di bilancio, le stesse che il governo aveva accettato (ieri il premier Giorgia Meloni ha eluso la questione, limitandosi a dire che l’obiettivo dei conservatori in L’Europa è “difendere le nostre nazioni dai tentativi di depotenziarle”).

Il tempo sta finendo

Tutti questi tentativi di temporeggiamento rivelano, in realtà, che il tempo stringe. In estate la Commissione Ue indicherà la traiettoria di spesa “raccomandata” al governo – decrescente in proporzione al prodotto lordo – per rispettare le nuove regole. Con il Paese indubbiamente in procedura per deficit eccessivo, in base al nuovo Patto di stabilità il deficit dovrebbe essere ridotto di “almeno” lo 0,5% del Pil all’anno: una decina di miliardi, eventualmente con uno sconto di due per tenere conto del aumento del costo degli interessi sul debito.

Il costo del rinnovo dei contratti pubblici

Il governo sostiene che tale correzione è già incorporata nell’andamento automatico dei conti. Molti fattori fanno sospettare che non sia così: dai costi di rinnovo dei contratti pubblici, alle esigenze di spesa sanitaria, alle trappole sempre nascoste nei bonus casa (ecco perché il capo del dipartimento Europa del Fondo monetario , Alfred Kammer, dice: «Secondo noi il Superbonus dovrebbe essere posto fine al più presto possibile».

19,9 miliardi tra tagli fiscali e contributivi

Ma c’è un ulteriore fattore, il più gravoso: nei conti 2024 il governo ha messo 19,9 miliardi di tagli a tasse e contributi in scadenza a dicembre, con l’impegno politico a rinnovarli. Solo che nel frattempo il deficit deve ridursi in modo “strutturale”. E violare le nuove regole europee non è contemplabile: impedirebbe all’Italia di poter contare sullo “scudo” della Bce in caso di tensioni, soprattutto quest’anno in cui il governo dovrà collocare sul mercato titoli per quasi 500 miliardi di euro . Così le risorse da reperire in autunno, tra tagli alla spesa e nuove tasse, sarebbero ben al di sopra dei venti miliardi di euro. Per la prima volta il governo dovrà chiedere sacrifici a milioni di elettori. Al punto che un quarto delle agevolazioni fiscali una tantum oggi in vigore probabilmente non verranno rinnovate.

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