Eppure si muove, ai confini della materia oscura – .

Lo studio del gruppo di ricerca di cui fa parte anche l’Istituto Nazionale di Astrofisica rimette in discussione i modelli cosmologici generalmente condivisi sul mistero della materia oscura. Pubblicato oggi su arXiv e in stampa su Le lettere del diario astrofisico, il risultato aggiunge un tassello importante alla risoluzione dell’enigma della materia oscura – la cui natura è uno dei grandi interrogativi dell’astrofisica moderna, ancora senza risposta – mettendo potenzialmente in discussione modelli cosmologici generalmente condivisi. Il gruppo di ricerca dietro lo studio lo ha dimostrato le velocità di rotazione delle galassie rimangono inaspettatamente costanti anche a distanze molto grandi dal loro centroconfermando le previsioni della teoria della gravità modificata della Dinamica Newtoniana Modificata (Mond), che non contempla la presenza di materia oscura nell’universo.

Grafico che illustra le osservazioni riportate nell’articolo: i punti rossi mostrano la curva di rotazione della galassia UGC 6614 utilizzando osservazioni “classiche” della cinematica dei gas, mentre i punti azzurri mostrano il nuovo risultato statistico utilizzando la tecnica del debole lensing. Credito: T. Mistele et al. (2024)

In questo lavoro è stata sviluppata una nuova tecnica che permette di misurare le cosiddette curve di rotazione delle galassie – cioè le velocità di rotazione delle galassie a partire dal loro centro – fino a distanze molto grandi, pari a circa due milioni e 500mila luci anni. La tecnica utilizzata sfrutta il fenomeno della lente gravitazionale debole (lente gravitazionale debole). Le implicazioni di questa scoperta potrebbero essere potenzialmente molto ampie, portando a ridefinire la nostra comprensione della materia oscura anche attraverso teorie cosmologiche alternative.

Il fenomeno della lente gravitazionale è stato previsto dalla teoria della relatività generale di Einstein e si verifica quando un oggetto massiccio, come un ammasso di galassie o anche una singola stella massiccia, piega il percorso della luce proveniente da una sorgente lontana con il suo campo gravitazionale. Questa deflessione della luce avviene perché la massa dell’oggetto deforma il tessuto dello spaziotempo che lo circonda.

Federico Lelli (Inaf), esperto nella dinamica delle galassie e dei sistemi di galassie (gruppi e ammassi) come banchi di prova sia per le teorie della materia oscura che per le teorie gravitazionali alternative. Crediti: Inaf

«Abbiamo utilizzato la tecnica del lente gravitazionale debole misurare statisticamente la “curva di rotazione” media di galassie di diversa massa, che raggiungono distanze molto grandi dal centro”, spiega Federico Lelli, primo ricercatore dell’INAF di Arcetri e coautore dello studio. «Troviamo che le curve di rotazione continuano a rimanere piatte per centinaia di migliaia di anni luce, forse fino a qualche milione di anni luce: questo è sorprendente, perché a tali distanze ci si aspetterebbe di aver raggiunto il “bordo” dell’alone. materia oscura, quindi le curve di rotazione dovrebbero iniziare a mostrare una diminuzione kepleriana, e invece rimangono piatte”.

Le curve di rotazione misurano la velocità che deve avere un corpo celeste (come una stella o una nube di gas) ad una certa distanza dal centro galattico per rimanere in un’orbita circolare attorno alla galassia. La presenza di materia oscura nelle galassie è stata dedotta studiando le curve di rotazione negli anni tra il 1970 e il 1980. Si ritiene che le curve di rotazione delle galassie dovrebbero diminuire all’aumentare della distanza dal centro della galassia. Secondo la gravità newtoniana, le stelle ai bordi esterni della galassia dovrebbero essere più lente a causa della minore attrazione gravitazionale. Poiché questa ipotesi non corrisponde alle osservazioni, gli scienziati hanno ipotizzato la presenza della cosiddetta materia oscura, che non emetterebbe radiazioni elettromagnetiche ma sarebbe rilevabile solo attraverso gli effetti del suo campo gravitazionale. Anche supponendo l’esistenza della materia oscura, però, a un certo punto il suo effetto dovrebbe indebolirsi con la distanza, e quindi le curve di rotazione delle galassie non dovrebbero rimanere costanti indefinitamente.

Lo studio mette in dubbio questa ipotesi, fornendo una rivelazione sorprendente: l’influenza di quella che chiamiamo materia oscura si estende ben oltre le stime precedenti, cioè per almeno un milione di anni luce dal centro galattico. Una forza così grande potrebbe paradossalmente indicare che la materia oscura, così come intesa finora, potrebbe non esistere affatto.

“Questa scoperta mette in discussione i modelli esistenti”, afferma Tobia Mistele della Case Western Reserve University e primo autore dello studio, «suggerendo che esistano aloni di materia oscura molto grandi o che dobbiamo rivedere radicalmente la nostra comprensione della teoria gravitazionale».

«Abbiamo utilizzato questi dati», aggiunge Lelli, «per studiare la relazione di Tully-Fisher – una legge di scala tra la massa barionica (quella di cui sono costituite le stelle e il gas) e la velocità di rotazione delle galassie – scoprendo che la stessa legge persiste quando utilizziamo velocità misurate a distanze molto grandi. Questo risultato non è affatto ovvio, poiché a tali distanze la velocità di rotazione è determinata interamente dalla materia oscura, non dalla materia barionica. Le osservazioni permettono di raggiungere distanze enormemente grandi dal centro galattico, circa venti volte maggiori di quelle raggiunte con le tecniche classiche. Con nostra sorpresa, abbiamo scoperto che le curve di rotazione rimangono quasi perfettamente piatte – in altre parole, la velocità rimane costante – fino alle distanze maggiori che siamo in grado di raggiungere”.

Questo tipo di studi intende chiarire la natura della materia oscura, ovvero se questi fenomeni gravitazionali siano dovuti a un nuovo tipo di particella elementare “invisibile” ancora da scoprire, oppure se sia necessario rivedere le leggi gravitazionali di Newton ed Einstein .

«Questo risultato non ha una spiegazione ovvia nel contesto cosmologico standard della Lambda Cold Dark Matter (Lambda-Cdm) e potrebbe avere a che fare con l’ambiente della galassia», precisa Lelli «cioè con la distribuzione dei più piccoli aloni di materia oscura che si ritiene orbiti attorno all’alone principale. Per limitare questo effetto, infatti, abbiamo selezionato le nostre galassie in modo che fossero quanto più isolate possibile”.

Curve di rotazione piane fino a grandi raggi erano già state previste dalla teoria della gravità di Mond modificata, proposta dal fisico Mordehai Milgrom nel 1983 come alternativa alla materia oscura. «Le nostre osservazioni sono in accordo con quanto previsto da Mond più di 40 anni fa», conclude Lelli.

Sono ora necessari ulteriori studi per chiarire l’avvincente puzzle cosmologico e scrivere una nuova pagina nella storia dell’astrofisica moderna.

Per saperne di più:

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