Nell’Officina, lo studio di Gabriele d’Annunzio al Vittoriale degli Italiani, veglia un “testimone velato”, il calco in gesso del volto di Eleonora Duse, coperto da un fazzoletto di seta: Gabriele sosteneva di non poter lavorare, sotto gli occhi di Eleonora . Potrebbe sembrare un gioco satirico (perché posizionare un busto sulla scrivania e poi coprirlo?) se non fosse per una fotografia di Eleonora che il poeta collocò addirittura accanto a quella sacra della madre, in un’altra stanza. Eleonora era anche l’unica, tra le tante donne del suo passato, che ricordava spesso, tanto da far ingelosire perfino Aèlis, la governante-amante francese che rimase con lui dal 1911 alla sua morte nel 1938: la donna con cui d ‘Annunzio ha trascorso il periodo più lungo della sua vita. Aèlis – che aveva visto passare centinaia di amanti, e talvolta li aveva condivisi con lui – non riusciva a trattenere la sua gelosia retroattiva per l’attrice, che non aveva mai incontrato: «Perché parlare sempre delle sofferenze della Duse?», scriveva con risentimento nel diario. (…)
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