vi è preoccupazione per il rischio di trasmissione all’uomo – .

vi è preoccupazione per il rischio di trasmissione all’uomo – .
vi è preoccupazione per il rischio di trasmissione all’uomo – .

Il corpo di un camoscio, affetto da parassiti positivi alla meningoencefalite da zecche (Tbe), è stato ritrovato nei boschi delle Alpi Orobie, in Valtellina, a Rasura, il 13 aprile. Ma solo oggi sono stati resi noti i risultati delle prime analisi virologiche e sierologiche condotte sulla carcassa dell’animale, che hanno evidenziato la positività dei parassiti riscontrati sul camoscio. Si tratta di una notizia preoccupante perché la malattia virale può essere trasmessa all’uomo anche attraverso la puntura di una zecca. Casi simili erano stati segnalati lo scorso autunno in provincia di Lecco.

Inizia le analisi

Le analisi, come precisa Ats della Montagna, sono ancora in corso. “Ad oggi – si legge in una nota – non è stata accertata alcuna positività in animali selvatici (camosci nel caso in questione). La positività è stata però accertata solo sui parassiti (zecche) riscontrati sull’animale e sono ancora in corso tutte le analisi necessarie per accertare, per quanto possibile, l’origine dell’infezione”. “Sono infatti recenti (confermati) i casi di positività in animali selvatici rinvenuti in provincia di Bergamo e in animali selvatici e caprini domestici rinvenuti in provincia di Lecco – prosegue Ats -. Si tratta di casi in aree territoriali entrambe adiacenti alla Val Gerola. Tra le varie analisi, è in corso anche la tipizzazione del ceppo virale riscontrato sui parassiti del camoscio Rasura per verificare se sia simile o meno ai ceppi virali riscontrati nelle due province”.

Lopalco: “Il virus si diffonde su tutte le Alpi”

Al telegiornale è intervenuto l’epidemiologo Pier Luigi Lopalco, come riporta Repubblica. “Il virus della TBE è endemico in molte aree boschive d’Europa. Dalla Scandinavia a tutto l’Est europeo il virus si è diffuso fino all’Austria e alla Svizzera”, ha spiegato. «In Italia era sicuramente presente nelle aree boschive montane del Nord Est, dove negli ultimi anni sono stati segnalati anche casi umani. La presenza di un animale infetto in Piemonte è segno che la presenza del virus, come previsto, si è diffusa a tutto l’arco alpino”. Tuttavia, “il rischio di trasmissione all’uomo resta basso, poiché è necessario mordere una zecca infetta per trasmettere la malattia”, ha aggiunto, invitando chi frequenta zone endemiche ad osservare alcune precauzioni: “Dopo una passeggiata nei boschi è sempre buona norma verificare che una zecca non si sia attaccata al corpo e, in caso affermativo, deve essere rimossa immediatamente. Il rischio di trasmissione, infatti, aumenta quanto più a lungo la zecca rimane lì”.

Cos’è la meningoencefalite da zecche

Come spiegato dall’Istituto Superiore di Sanità, la meningoencefalite da zecche (Tbe: Tick Borne Encephalitis), o meningoencefalite primaverile-estiva, è una malattia virale acuta del sistema nervoso centrale, causata da un arbovirus appartenente al genere Flavivirus, molto simile ai virus responsabili della febbre gialla e della dengue. “Le zecche, e in particolare Ixodes ricinus e Ixodes persulcatus, funzionano sia come vettori che come serbatoi. Anche le zecche del genere Dermacentor (zecca del cane) e Haemaphysalis possono trasmettere l’infezione», specifica l’Iss in un approfondimento pubblicato su Epicentro.

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Cosa succede dopo una puntura di zecca positiva?

Nel 70% dei casi, dopo il morso di una zecca infetta nell’uomo, si verifica un’infezione senza o con sintomi minimi, che possono passare inosservati. Nel restante 30% dei casi, però, cominciano a manifestarsi sintomi simil-influenzali, come febbre alta, forte mal di testa, mal di gola, stanchezza, dolori muscolari e articolari per 2-4 giorni, 3-28 giorni dopo il morso. Sintomi che generalmente si risolvono da soli. Solo nel 10-20% di questi casi, come spiega l’ISS, dopo un intervallo libero da disturbi di 8-20 giorni, può iniziare una seconda fase, caratterizzata da disturbi del sistema nervoso centrale (encefalite, paralisi flaccida con esito fatale in 1 % dei casi). Nei bambini e nei soggetti più giovani la Tbe presenta generalmente un decorso più lieve, con un progressivo aumento di gravità con l’avanzare dell’età.

Trattamento

In caso di morso si può intervenire con un ciclo accelerato di vaccinazione contro la Tbe, che però non garantisce gli stessi risultati del ciclo classico, in termini di risposta anticorpale. Il ciclo classico prevede la somministrazione di tre dosi, all’età di 0, 1-3 mesi, 9-12 mesi, con richiami ogni tre anni, per via intramuscolare.

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