“La guerra e la Resistenza non devono essere dimenticate. Lavoriamo insieme per la pace” – .

“La guerra e la Resistenza non devono essere dimenticate. Lavoriamo insieme per la pace” – .
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I garofani splendono rossi accanto alle mura del Castello. È l’omaggio memoriale ai martiri della lunga notte del ’43. Imboccando Corso Martiri della Libertà dalla 4S si vedono chiaramente. Posti su cartoncini che ricordano le vittime della strage nazifascista. L’alzabandiera sulle note di Mameli conferma la sacralità della Festa della Liberazione. A poco a poco, le persone si radunano oltre le barriere. Tra gli interventi dei diversi rappresentanti istituzionali, il riferimento più ricorrente è al padre costituente – tra i fondatori del partito d’azione – Piero Calamandrei. È il prefetto Massimo Marchesiello a fare propri i concetti espressi dal giurista. “La Resistenza deve rappresentare il simbolo dell’unità nazionale – dice il rappresentante del governo –. La data del 25 aprile non deve essere un evento di divisione, ma deve essere un momento di coesione e condivisione”. Proprio perché i riferimenti valoriali che animavano la lotta partitica “hanno ispirato la nascita della nostra Costituzione”. Una carta, aggiunge Marchesiello, “nata proprio dove caddero i partigiani”. La citazione di un anonimo cronista che descrive l’ingresso degli Alleati a Ferrara nel 1945 è la chiave per delineare i contorni di una “responsabilità collettiva” verso una “patria che ama tutti i suoi figli con lo stesso affetto, al di là di ogni affiliazione ideologica”.

Anche il sindaco Alan Fabbri parte da un riferimento a Calamandrei per poi arrivare al ruolo che ebbe la nostra città in quei giorni drammatici al crepuscolo della Seconda Guerra Mondiale. “Ferrara ha giocato, nel bene e nel male, un ruolo centrale nel passaggio dal regime alla libertà – dice il sindaco –. Già a partire dagli anni ’20 in città scoppiò la violenza fascista, divenuta un modello terribile e consolidato. La vicenda umana e politica di Giacomo Matteotti, di cui quest’anno ricorre il centenario della sua uccisione, ne è un drammatico esempio”. Poi, il riferimento alla comunità ebraica. “Una delle più importanti comunità ebraiche italiane anima la città con la sua storia millenaria – prosegue –. Tra il 1943 e il 1945 gli ebrei ferraresi furono perseguitati e deportati, mentre rappresaglie e massacri macchiarono di sangue e di violenza la città e le sue campagne” . “Conoscere e tutelare la memoria, in nome della libertà – conclude – è stato ciò che ci ha mosso, nel intitolare piazze e vie, nell’organizzare eventi e approfondimenti, nel preservare la memoria e il decoro dei monumenti e dei luoghi che simboleggiano questa che significava la Resistenza”.

Il tributo di sangue sull’altare della libertà fu tremendo. «E l’Italia deve molto al sacrificio che tanti carabinieri hanno fatto per la liberazione del nostro Paese», dice il presidente dell’Associazione Nazionale Carabinieri, Carmelo Perez. L’invito alla “pacificazione nazionale” e a far sì che la Liberazione non venga “usata come strumento politico” viene dal presidente del consiglio studentesco, Martino Ravasio, mentre il commento spetta al presidente dell’Anpi, Roberto Cassoli. Anche lui esordisce citando Calamandrei, per ricordare – soprattutto ai più giovani – cosa fu la Resistenza. “Tutto ebbe inizio 25 anni prima del 1945 – racconta – quando i fascisti cominciarono a dare fuoco alle città”. Don Minzoni, Giacomo Matteotti, Antonio Gramsci, le leggi razziali. Cassoli fa anche un lungo esame di carattere storico per arrivare a scolpire un concetto. “Cos’è stata la guerra, cos’è stata la Resistenza – dice – non deve cadere nell’oblio. Perché l’indifferenza è già una forma di violenza”. E qui, più che Calamandrei, risuonano le parole di Gramsci.

 
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