“Prima eravamo tutti tattici, ora ci sono gli strateghi. Thiago Motta è uno di questi” – .

“Prima eravamo tutti tattici, ora ci sono gli strateghi. Thiago Motta è uno di questi” – .
“Prima eravamo tutti tattici, ora ci sono gli strateghi. Thiago Motta è uno di questi” – .

Arrigo Sacchi ha parlato degli obiettivi dell’Italia dal palco della Milan Football Week organizzata da La Gazzetta dello Sport: “Veniamo da un brutto momento, può succedere che arrivi uno spirito di squadra e un gioco molto forte. Se ci riusciremo, come Azzurri riusciremo a mettere in difficoltà chiunque. La nostra è una scuola che non aveva scuola, non giochiamo tutti allo stesso modo e oggi ci sono tanti, troppi stranieri. Una volta si prendeva il blocco di chi giocava bene, Inter o Juve: oggi non ci sono più blocchi. Ma sono curioso: se tutti danno il massimo, riusciranno a nascondere i limiti. Dipende anche dalla stampa: se noi, che non andiamo al Mondiale da otto anni, continuiamo a dire che dobbiamo vincere, allora significa essere presuntuosi. E non dobbiamo esserlo.”

Pensando al prossimo campionato, l’Inter dà l’impressione di essere davanti a tutti.
“Sì, ha giocato bene: siamo molto attenti e quindi dico che poteva fare di più. Ha vinto dominando, ma ha perso in Champions League. Penso all’Italia che sfiderà la Spagna: gli spagnoli, se gli dai spazio, metteranno la palla dove vogliono. Quando sono andato all’Atletico sono rimasto stupito dalle loro qualità tecniche”.

Il nuovo allenatore che ti incuriosisce di più?
“Sta succedendo qualcosa che non è mai successo, c’è un piccolo gruppo di strateghi. Prima che fossimo tutti tattici, questo è un passo avanti”.

La differenza?
“Il tattico è qualcuno che spera di sfruttare lo spazio dell’avversario. Servono giocatori di qualità e devi giocare con più difensori che attaccanti: per me devi attaccare e difendere con undici giocatori. Se non c’è coraggio, significa che non c’è conoscenza. L’allenatore deve sapere cosa vuole fare e prendere giocatori adatti, se vuole fare un film comico e non commettere errori comici. Il Milan l’anno scorso ha comprato 14-15 giocatori, ma Pioli lo voleva? Se è così, anche lui è colpevole. Altrimenti no”.

Cosa pensi della Juve?
“Thiago Motta fa parte degli strateghi, cercherà di avere giocatori adatti al suo gioco. Lo stratega è chi ha un’idea e sa come arrivarci: volevo giocare a calcio con movimento, aggressività, fatto senza paura. Ma è facile in questo Paese non avere paura? È difficile”.

Conte al Napoli?
“Chi conta nel calcio italiano? La società viene prima della squadra, che a sua volta viene prima dell’individuo. Il calcio è un gioco a undici, non può esserci uno-due che non partecipa. Perché se non partecipano non sono bravi. Servono giocatori affidabili, con loro non si possono sbagliare. Ma serve il sostegno del club. Penso alla Juve: se Giuntoli ha fatto la guerra ad Allegri (come diceva sempre Capello sul palco, ndr), ha sbagliato. Puoi avere idee diverse, ma non una persona che dice il contrario dell’altra. Non ero nessuno quando venne al Milan. Le mie squadre non sono mai partite forte, perché cercavo di fare cose che loro non sapevano. Berlusconi ha fatto un discorso di 27 secondi: mi ha chiesto se ne avevo bisogno, ho detto di sì, è venuto a Milanello e ha coinvolto tutti dicendo che aveva totale fiducia in me. Sa quante partite abbiamo perso dopo? Zero. Ne abbiamo perso uno perché un mio omonimo ha lanciato un petardo: visto che siamo forti nelle commedie, il portiere avversario si è buttato a terra”.

 
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