La “generosa” proposta di liberare gli ostaggi israeliani incontra due ostacoli: .

La “generosa” proposta di liberare gli ostaggi israeliani incontra due ostacoli: .
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Il segretario di Stato americano Blinken dice che Hamas dovrebbe accettare l’offerta di accordo, mentre una delegazione di negoziatori israeliani è pronta a partire per il Cairo non appena arriverà una risposta da Sinwar. Tuttavia ci sono due ostacoli, uno a Gaza, l’altro all’Aia

Antonio Blinken è di nuovo in viaggio in Medio Oriente, la sua prima tappa è stata Riyadh. L’Arabia Saudita non è tra i mediatori che cercano di concludere un accordo per la liberazione degli ostaggi israeliani e il cessate il fuoco nella Striscia di Gaza, ma ogni commento ha il giusto teatro ed è stata Riad, che oggi ha accolto i leader del Golfo, la sede più importante Blinken potrebbe definire La proposta di accordo che Gerusalemme ha inviato ai terroristi di Hamas è “molto generosa”.. Il segretario di Stato americano ha auspicato che il gruppo accetti l’offerta “molto generosa” di Israele, che ha chiesto la restituzione di 33 ostaggi, offrendo in cambio la liberazione di numerosi prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane – ha affermato il ministro degli Esteri britannico Cameron ha parlato di migliaia di detenuti e di un cessate il fuoco temporaneo. L’Arabia Saudita non la pensa diversamente e vede in Hamas l’ostacolo: Blinken ha parlato del piano di ricostruzione della Striscia con i funzionari presenti a Riad, intorno ai piani americani c’è solidarietà. I terroristi però tengono ancora gli ostaggi, non si sa quanti siano vivi e quanti siano morti, pubblicano video con i sopravvissuti per fare pressione sul governo di Gerusalemme, e vogliono che Israele sia pronto le loro condizioni: una resa capace di scuotere la politica e la società del Paese. La pressione risponde con altra pressione e per far capire ad Hamas di essere pronta per una nuova fase della guerra ricorre ai bombardamenti contro Rafah, la città del sud dove si sono rifugiati circa un milione e mezzo di palestinesi.

Antonio Blinken è di nuovo in viaggio in Medio Oriente, la sua prima tappa è stata Riyadh. L’Arabia Saudita non è tra i mediatori che cercano di concludere un accordo per la liberazione degli ostaggi israeliani e il cessate il fuoco nella Striscia di Gaza, ma ogni commento ha il giusto teatro ed è stata Riad, che oggi ha accolto i leader del Golfo, la sede più importante Blinken potrebbe definire La proposta di accordo che Gerusalemme ha inviato ai terroristi di Hamas è “molto generosa”.. Il segretario di Stato americano ha auspicato che il gruppo accetti l’offerta “molto generosa” di Israele, che ha chiesto la restituzione di 33 ostaggi, offrendo in cambio la liberazione di numerosi prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane – ha affermato il ministro degli Esteri britannico Cameron ha parlato di migliaia di detenuti e di un cessate il fuoco temporaneo. L’Arabia Saudita non la pensa diversamente e vede in Hamas l’ostacolo: Blinken ha parlato del piano di ricostruzione della Striscia con i funzionari presenti a Riad, intorno ai piani americani c’è solidarietà. I terroristi però tengono ancora gli ostaggi, non si sa quanti siano vivi e quanti siano morti, pubblicano video con i sopravvissuti per fare pressione sul governo di Gerusalemme, e vogliono che Israele sia pronto le loro condizioni: una resa capace di scuotere la politica e la società del Paese. La pressione risponde con altra pressione e per far capire ad Hamas di essere pronta per una nuova fase della guerra ricorre ai bombardamenti contro Rafah, la città del sud dove si sono rifugiati circa un milione e mezzo di palestinesi.

Se non ci sarà un accordo, Israele vuole invadere la città, dove sono presenti quattro battaglioni di Hamas. La preparazione è fervente, basta che i terroristi raggiungano un primo accordo per bloccare tutto. L’altro ostacolo alla tregua e alla liberazione degli israeliani rapiti, però, non è tanto nella Striscia, quanto all’Aia, dove La Corte penale internazionale potrebbe emettere mandati di arresto per alcuni leader israeliani e, secondo il New York Times, anche per alcuni leader di Hamas. La decisione potrebbe minare i negoziati, perché metterebbe i terroristi in una posizione di forza, se al leader di Hamas Yahya Sinwar importa poco di finire nella stessa lista di Vladimir Putin o Omar al Bashir, Benjamin Netanyahu o il ministro della Difesa Yoav Gallant il danno sarebbe essere quasi irreparabili non solo per il loro status internazionale, ma anche per la posizione negoziale di Israele. La paura degli alleati dello Stato ebraico è semplice e logica: se Hamas ritiene che la pressione internazionale su Israele aumenterà, la speranza di rivedere gli ostaggi sarà nulla. Anche i progressi compiuti nella Striscia di Gaza saranno nulli. Come il molo che consentirebbe di portare maggiori aiuti umanitari ai palestinesi, alla cui costruzione partecipano i soldati israeliani. Come il ritorno dell’organizzazione umanitaria World Central Kitchen nella Striscia per portare cibo e acqua e aprire anche una cucina intitolata allo chef polacco Damian ucciso durante un’azione israeliana. Come l’apertura del valico di Erez, controllato da Tsahal e che dà sollievo alla popolazione palestinese rimasta nel nord. Le condizioni per un primo accordo ci sono, anche i mediatori egiziano e qatariota sono fiduciosi, se Sinwar darà una risposta oggi una delegazione israeliana sarà al Cairo. Eppure tutta l’attenzione è rivolta all’Aia.

 
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