Gaza, la tregua con Israele è davvero vicina? 40 giorni di stop e liberazione degli ostaggi, colloqui per il cessate il fuoco al Cairo – .

Gaza, la tregua con Israele è davvero vicina? 40 giorni di stop e liberazione degli ostaggi, colloqui per il cessate il fuoco al Cairo – .
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Se al Cairo si cerca la difficile soluzione a un problema che potrebbe portare al cessate il fuoco e alla liberazione di un gruppo di ostaggi nelle mani di Hamas da 206 giorni, a Riyadh cominciano a progettare un futuro per la Striscia quando sarà è liberata dalla morsa dei terroristi che la governano dal 2006. Scenari e orizzonti diversi e distanti ma strettamente intrecciati. E così per un giorno l’attenzione del mondo torna sulla capitale egiziana, dove è attesa la risposta di Hamas alla proposta israeliana di una tregua di quaranta giorni e dello scambio di ostaggi e prigionieri palestinesi detenuti nelle carceri dello Stato ebraico. Dopo gli accordi dello scorso novembre che hanno portato allo scambio di 105 ostaggi per 240 prigionieri palestinesi, Israele avrebbe accettato di ridurre il numero di anziani, donne e bambini rapiti dai terroristi di cui chiede ora la liberazione. Non più quaranta ma “solo” trentatré. Una stima tragicamente realistica che corrisponderebbe al numero dei civili sopravvissuti ai sei mesi di guerra. Anche i mediatori israeliani hanno espresso la volontà di rilasciare un gran numero di detenuti palestinesi.

Borrell: «Diversi Stati Ue riconosceranno la Palestina a maggio». Blinken: «Hamas accetta la proposta di Israele»

Negoziazione

“Una proposta straordinariamente generosa” l’ha definita il segretario di Stato Blinken, che ha chiesto ad Hamas di sbrigarsi ad accettarla. Gli ha fatto eco il ministro degli Esteri britannico David Cameron, il quale ha affermato che tutti gli occhi del mondo dovrebbero ora essere rivolti verso Hamas e ha concluso con un invito perentorio: “Prendete questo accordo”, aggiungendo – forse irrealisticamente – che il negoziato potrebbe portare a il potenziale rilascio di migliaia di prigionieri palestinesi. E il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani, pur mantenendo una posizione di cauta attesa, parla di “svolta di svolta” nei negoziati e invita Hamas ad accettare un compromesso “che consentirebbe di abbassare i toni del conflitto militare”.

Hamas diffonde i video di due ostaggi a Gaza, l’americano Keith Siegel e l’israeliano Omri Miran

I rischi

Anche il ministro degli Esteri di Parigi, Stephane Sejourne, si rallegra per come ora i negoziati procedono più speditamente ma precisa che non bisogna cedere all’ottimismo del momento e quindi il monito è di non abbassare la guardia e aggiunge che la “situazione catastrofica in Gaza ha urgente bisogno di un cessate il fuoco”. A queste preoccupazioni se ne sono aggiunte altre nei giorni scorsi, legate a un possibile mandato d’arresto che il procuratore della Corte penale internazionale potrebbe firmare contro il primo ministro Netanyahu, il ministro della Difesa Gallant e il capo di stato maggiore Halevi per crimini di guerra. E il timore degli Stati Uniti e di diversi paesi alleati è che se questa bomba esplodesse potrebbe compromettere eventuali accordi di tregua. La pressione più forte arriva quindi proprio da Riyadh dove i capi delle componenti americana, francese, italiana e delle altre componenti del G7 incontrano i rappresentanti dei principali Paesi del Golfo riuniti per il World Economic Forum. Si parla di un orizzonte più lontano, il dopoguerra a Gaza, dove un ruolo di primo piano lo giocherà sicuramente l’Arabia Saudita. Ma cominciare a prospettare scenari futuri da un lato esorcizza gli incubi di un’espansione del conflitto su base regionale che solo poche settimane fa sembrava prendere forma. Dall’altro manda segnali rassicuranti a Israele, alleviando quel senso di isolamento in cui lo hanno confinato il duro conflitto e le migliaia di morti. «La guerra durerà fino a quando tutti gli ostaggi non saranno liberati» dice in tono realistico Cameron che poi affronta apertamente uno dei temi più delicati. “La partenza dei leader da Gaza potrebbe aprire la strada a una soluzione politica”. E con una singolare coincidenza di tempi a molti chilometri di distanza, un importante leader di Hamas, il vice leader politico Musa Abu Marzuk, parla della possibilità che i responsabili del gruppo islamico possano essere costretti a lasciare il Qatar dove hanno trovato ospitalità e rifugio fino al adesso, e fa sapere che in questo caso “i leader si sposteranno in Giordania”.

Le incursioni

Ma se parlare del futuro di Gaza può attualmente sembrare ancora un passo nel buio, il presente resta alta tensione: ieri la presidenza egiziana ha annunciato che Abdel Fattah al Sisi ha ricevuto una telefonata dal presidente americano Joe Biden in cui si sottolineava la pericolo di escalation militare a Rafah. Nei giorni scorsi, in attesa dell’annunciata operazione di terra, l’esercito israeliano ha mantenuto la pressione su quell’angolo sud della Striscia dove si ammassa un milione e mezzo di persone. Sempre ieri, una serie di raid aerei hanno causato la morte di 27 persone, portando il bilancio delle ultime ventiquattr’ore a un totale di 34, secondo i dati diffusi dal ministero della Sanità controllato da Hamas. E le famiglie di 400 soldati hanno lanciato un appello per scongiurare l’invasione.

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Il Messaggero

 
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