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È arrivata nei giorni scorsi la quarta richiesta di archiviazione da parte della Procura della Repubblica per il caso della morte del giovane chef Raffaele Casale avvenuta nella notte tra il 15 e il 16 agosto 2017 in un incidente con la sua moto in via Martiri di Palermo a Trani . La nuova richiesta è stata comunque contestata dalla famiglia Casale, quindi la questione è tutt’altro che chiusa.
In realtà il gip del Tribunale di Trani aveva già respinto una nuova richiesta di archiviazione e lo scorso luglio aveva ordinato l’udienza probatoria con il perito e ingegnere forense Mario Scipione che aveva evidenziato alcune incongruenze. Al momento gli indagati sono cinque. Nelle indagini sono finiti anche tre dirigenti e funzionari del comune di Trani insieme ad un ex amministratore dell’AMIU. Alla base della decisione ci sarebbe infatti la valutazione dello stato di manutenzione e di pulizia della strada, della pista ciclabile, degli alberi, dell’illuminazione pubblica e della segnaletica stradale che in quel momento caratterizzavano il punto in cui è avvenuto l’incidente. Tutti elementi denunciati più volte dal padre di Raffaele, ovvero Felice, che non ha mai creduto al caso ma a fattori esterni che avrebbero causato la caduta e la morte del figlio. Il quinto indagato è una donna di 40 anni, già presente da tempo nel fascicolo delle indagini mentre era alla guida di un’auto che transitava quella notte in via Martiri di Palermo nei pressi della moto guidata da Casale. Per tutti è iscritta nel registro degli indagati con l’accusa di concorso in omicidio stradale. Ma proprio la testimonianza della donna che ha seguito la moto di Casale, secondo padre Felice, può essere fondamentale in un contesto in cui, secondo la famiglia, incombono i contorni oscuri di una vicenda per la quale si profila anche la prescrizione delle accuse.
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