‘Entreremo a Rafah’ – .

‘Entreremo a Rafah’ – .
‘Entreremo a Rafah’ – .

Non appena si apre la possibilità di un accordo di cessate il fuoco a Gaza, Benjamin Netanyahu e il suo governo si assicurano che fallisca. È già successo due volte negli ultimi quattro giorni. Il 30 aprile, quando Gran Bretagna e Stati Uniti avevano messo sul piatto di Hamas un’offerta che, secondo loro, non poteva essere rifiutata e si stava valutando il partito armato, prima ancora dell’ultimatum imposto da Israele erano arrivate le dichiarazioni con cui il Primo Ministro Benjamin Netanyahu ha consapevolmente distrutto ogni speranza di accordo: “Entreremo a Rafah e finiremo il lavoro di eliminazione di Hamas, con o senza un accordo”. Venerdì, dopo un nuovo sforzo diplomatico da parte dei mediatori, Tel Aviv ha fissato ancora una volta la propria scadenza: “O raggiungiamo un accordo entro una settimana o entriamo a Rafah”, hanno ribadito. E sabato, nemmeno 24 ore dopo, è toccato a un funzionario israeliano, citato dal Times of Israel, a sconvolgere nuovamente il precario equilibrio che gli alleati cercano di raggiungere tra le parti: “Contrariamente a quanto riportato , Israele non accetterà in nessun caso la fine della guerra come parte di un accordo per il rilascio dei nostri ostaggi – ha detto – Come deciso dai leader politici, l’IDF entrerà a Rafah e distruggerà i restanti battaglioni di Hamas con o senza una tregua temporanea per consentire la liberazione degli ostaggi nostri ostaggi”.

A poco servono quindi le voci dei media egiziani sui “progressi” dei colloqui o quelle di altre fonti israeliane che dicono di attendere “con ansia la posizione finale di Hamas”. Le informazioni non sono ancora arrivate”. In questo momento di guerra, con 35.000 palestinesi morti dopo quasi 7 mesi di incessanti raid su Gaza, l’ostacolo principale a un cessate il fuoco duraturo sembra essere la posizione intransigente del governo estremista guidato da Benjamin Netanyahu.

Ci sono progresso significativo” nel negoziati su proposta di cessate il fuoco E liberazione degli ostaggi nelle mani di Hamas a Gaza, con la garanzia da parte degli Stati Uniti di un ritiro completo delle forze dello Stato ebraico dalla Striscia, alcuni media egiziani e israeliani hanno annunciato sabato mattina secondo cui i mediatori hanno “raggiunto una formula concordata sulla maggior parte dei punti controversi”. Ricostruzione, però, prontamente smentita dal funzionario intervistato dal Times of Israel.

Secondo l’israeliano Canale 12Hamas ha approvato la prima fase di un accordo per la liberazione degli ostaggi in cambio di garanzie americane su una causa Il ritiro di Israele da Gaza in 124 giorni: assicurazioni arrivate ai rappresentanti del partito armato attraverso mediatori egiziani e qatarioti. L’accordo avrebbe dovuto includere, hanno detto, la promessa, sostenuta dagli Stati Uniti, che Israele non inizierebbe l’atteso operazione a Rafah. Nello specifico, durante la prima fase – della durata massima di quaranta giorni – 33 ostaggi sempre a Gaza sarebbero stati rilasciati e l’esercito israeliano avrebbe dovuto ritirarsi da una parte della Striscia. Nella seconda fase, che durerebbe fino a 42 giorni, tutti gli altri ostaggi ancora vivi verrebbero rilasciati e le parti concorderebbero le condizioni di un accordo ritornare alla calma a Gaza. Anche la terza e ultima fase, dedicata alla consegna dei corpi senza vita, durerebbe 42 giorni. L’accordo prevede anche il rilascio di centinaia di prigionieri palestinesi. Sabato il segretario di Stato americano Antonio Blinken ha affermato che “Hamas è l’unico ostacolo al cessate il fuoco a Gaza”: “Stiamo aspettando di vedere se, effettivamente, diranno sì al cessate il fuoco e alla liberazione degli ostaggi”.

 
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