Narvaez vince la prima tappa e indossa la maglia rosa. Ma Pogacar sta già dando spettacolo – .

Narvaez vince la prima tappa e indossa la maglia rosa. Ma Pogacar sta già dando spettacolo – .
Narvaez vince la prima tappa e indossa la maglia rosa. Ma Pogacar sta già dando spettacolo – .

Sorpresa, molto sorpresa. La prima maglia rosa del Giro non cingerà le spalle di Tadej Pogacar. Anche se la slovena ha fatto di tutto per conquistarla. A Torino è festa ecuadoriana con Jhonatan Narvaez (Ineos Grenadiers), che in uno sprint a tre ha battuto il tedesco Max Schachmann e il favoritissimo Tadej, forse colpevole di aver allontanato la squadra dal traguardo perdendo così il controllo della la tappa nel momento chiave, tra la discesa della Maddalena e l’ultimo passaggio sulla durissima salita di San Vito. Per ricucire un gruppetto di sei attaccanti (tra cui anche Caruso), Pogacar ha dovuto percorrere l’intero km al 10%, forse i 1000 metri più duri dell’intero Giro. Narvaez ha avuto però la tenacia di tenere il volante, impresa quasi sempre vietata a chiunque. Pogi, forse nervoso, anzi arrivato senza gambe allo sprint, ha così perso almeno l’occasione di eguagliare Merckx e Bugno: non sarà in rosa dalla prima all’ultima giornata. Succede anche ai migliori, e Pogacar ha comunque dimostrato di essere in assoluto l’uomo da battere in questo Giro. Tuttavia qualche minimo scricchiolio è forse emerso nella squadra. Presunzione, voglia di strafare, tattica giusta per gli altri? Chi vuole battere Pogi deve scegliere la strada della strategia e del compromesso. Ad Oropa, nella seconda tappa, è probabile che si assista ad una nuova sfuriata dello sloveno, magari una botta di un minuto sugli altri. Per ora è festa in Ecuador. E Narvaez, 28 anni, non è un esordiente: aveva già vinto una tappa al Giro, nel 2020, sotto il diluvio.

«La cronaca della prima tappa»

Il giorno

Gran caldo, inizia subito una fuga a sei con Louis Barré (Arkéa – B&B Hotels), Nicolas Debeaumarché (Cofidis), Lilian Calmejane (Intermarché – Wanty), Amanuel Ghebreigzabhier (Lidl – Trek), Andrea Pietrobon (Team Polti Kometa) e Filippo Fiorelli (Gruppo VF – Bardiani CSF – Faizanè). Superga sfiora il gruppo, sul -41 sono soli solo Calmejane e Ghebreigzabhier, mentre il gruppo si porta a spasso dall’UAE-Emirates di Pogacar, a 3 minuti di distanza. L’eritreo si stacca da Calmejane nel primo passaggio sulla salita di San Vito, ma il francese risale in discesa. Gli Emirati Arabi Uniti tirano, ma il ritardo resta di due minuti. Poi saliamo il Colle Maddalena e il ritmo di Bjerg e del team Pogacar fa male a molti, scalatori compresi. Il vantaggio dei fuggitivi si dimezza in un attimo. La prima vittima dei pesi massimi è l’olandese Arensman, 6° nel 2023, ma rotola pericolosamente anche Bardet, mentre Bjerg continua a martellare in testa. Avendo mancato il danese, tocca a Majka fare il lavoro per Pogacar. Calmejane passa davanti al gpm, ma il gruppo – non più di 30 corridori – gli ha il fiato sul collo. In discesa provano ad approfittarne Schachmann, Honoré, De Marchi, Conci, Caruso e il 20enne Pellizzari, il più giovane del Giro. Caruso taglia per primo con bonus (3″ guadagnati) il traguardo volante, con una ventina di secondi di vantaggio sul gruppetto sul gruppo di Pogacar. È Conci a prendere il comando nel gap di San Vito all’ultimo passaggio, ma Pogacar apre subito il gas. Bravo Pellizzari a tenere per un po’ il volante, ma Pogi ha tentato il raddoppio trascinando con sé l’ecuadoriano Narvaez e il tedesco Schachmann (Bora). Nello sprint, su corso Moncalieri, finisce come nessuno si aspetta.

“E’ una sensazione fantastica” dice Narvaez all’arrivo, “avevamo programmato un finale così con la squadra, ma mi facevano ancora male le gambe dopo aver inseguito Pogacar. È andato molto veloce, ma alla fine sono riuscito a batterlo. Nello sprint, penso di aver iniziato troppo a lungo. È incredibile. Non ho molte opportunità in un grande giro di vincere una tappa. Sono riuscito a realizzare un sogno, indossando la prima maglia rosa”.

 
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