(Il testo che segue è interamente tratto dalla nota stampa inviata all’Agenzia di Opinione) –
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Restano ancora 40 milioni di euro per ricorrere in appello. Sono l’ultima parte delle risorse stanziate dal “Decreto Incendio” di settembre 2021. Un art. varato dal Governo, e convertito dal Parlamento, pochi mesi dopo i gravi incendi di quell’estate, tra i più tragici. 100 milioni di euro in totale. 20 per Vigili del Fuoco e Carabinieri Forestali, 40 per le “aree interne”, attraverso le 72 “aree pilota” individuate nel 2014. Risorse da spendere per la prevenzione – non per il combattimento attivo – per realizzare interventi gravi
e duraturi sui territori, dentro i boschi, capaci di renderci migliori.
Servono piani aggiornati basati sui cambiamenti reali dei territori, su scala nazionale con un approccio locale
«Il rischio è generale e si sviluppa su tutto il territorio nazionale rispetto agli elementi geografici, climatici e legati all’intervento umano – spiega Luca Veltri, che coordina il progetto per l’Uncem –. Il sistema di previsione e di gestione attiva del pericolo, invece, è di competenza regionale. La pianificazione deve essere aggiornata molto frequentemente”. Su scala nazionale, l’88 per cento dei piani risulta aggiornato, con punte di eccellenza come Valle d’Aosta, Provincia autonoma di Trento e Piemonte, dove si raggiunge
95 per cento. «Molte Regioni però – spiega Veltri – faticano a tenere il passo con ritmi adeguati, oppure producono solo cambiamenti formali, senza entrare nel merito della natura dei territori e del loro cambiamento».