Israele, presa su Rafah. Bloccati i valichi di soccorso – .

Israele, presa su Rafah. Bloccati i valichi di soccorso – .
Israele, presa su Rafah. Bloccati i valichi di soccorso – .

Il veicolo cingolato della 401a Brigata Corazzata arriva al valico di Rafah alle prime luci dell’alba. Le immagini pubblicate dall’IDF mostrano la bandiera israeliana sul pennone che si erge dal lato palestinese appena occupato e immediatamente chiusa al passaggio con l’Egitto che controlla l’altro lato e si trova a soli tre chilometri e mezzo da qui. Altri frame circolati in rete mostrano un altro mezzo blindato che travolge e distrugge il cartello rosso all’ingresso della città “I love Gaza” filmato da un soldato nonostante i divieti imposti dai suoi vertici. L’operazione Rafah annunciata, temuta, scoraggiata da molti attori internazionali è dunque iniziata.

Gaza, offensiva su Rafah. Riaperto il valico di Kerem Shalom

GLI OBIETTIVI

Il bilancio parla di venti miliziani uccisi, tre tunnel scoperti e un’autobomba fatta esplodere prima di raggiungere il bersaglio. Colpita la sede del governo locale della città – rivela Al Jazeera. Ma ciò che più preoccupa è la chiusura di tutti i valichi, compresi quelli israeliani di Erez e Kerem Shalom. Da qui, attraverso la grande arteria Salah el Din (controllata anche questa dai militari israeliani), passano camion con aiuti umanitari e carburante che ormai basta per un solo giorno. “Devono riaprire il prima possibile” è la richiesta degli Stati Uniti che non mancano di far sapere di disapprovare l’ingresso nella parte sud della Striscia dove si affollano un milione e quattrocentomila persone. Diversi rappresentanti del governo israeliano si affrettano a definirla un’operazione militare “limitata” e si dicono pronti a fermarla, “con la liberazione degli ostaggi come priorità”, come ha spiegato il ministro e leader dell’opposizione associato al gabinetto di guerra Benny Gantz dice. E il ministro della Difesa Gallant precisa: «Le operazioni proseguiranno fino alla distruzione di Hamas o fino al ritorno del primo ostaggio. Siamo disposti a scendere a compromessi pur di liberare i rapiti”.

Questo è proprio il motivo per cui i negoziatori israeliani – il capo del Mossad, quello dello Shin Bet e il capo del Consiglio di Sicurezza – sono stati comunque inviati al Cairo per partecipare ai colloqui gestiti da Egitto, Qatar e Stati Uniti, con il mandato di ascoltare, porre domande ma non entrare nel merito della trattativa.

LA REAZIONE

La Casa Bianca ha espresso la speranza che Israele e Hamas possano colmare le restanti lacune nel difficile percorso negoziale. “Faremo tutto il possibile per sostenere questo processo”, conclude il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale John Kirby. Ma Washington resta critica sulle modalità di esecuzione: la chiusura dei valichi per gli aiuti da parte di Israele è definita “inaccettabile” dalla portavoce della Casa Bianca Karine Jean-Pierre. La scelta è stata votata all’unanimità dal governo Netanyahu (e quindi anche dall’opposizione presente nell’esecutivo). Secondo le informazioni dell’intelligence, infatti, il valico stesso, nella parte orientale della città, sarebbe stato utilizzato per scopi terroristici, come confermato anche dai numerosi colpi sparati da Hamas da questa zona domenica scorsa, uccidendo quattro soldati nella zona di Kerem. Zona Shalom.

LE NEGOZIAZIONI

L’operazione, pronta da giorni, è stata avviata dalla risposta di Hamas alla bozza di accordo preparata da Egitto e Qatar e praticamente approvata da Israele e Stati Uniti. I leader politici del gruppo terroristico, residente a Doha, avevano fatto sapere di aver accettato l’accordo, ma Israele ha subito parlato di un “imbroglio” per ritardare l’imminente operazione di terra e scaricare la responsabilità del fallimento, come ha scritto Hamas su Telegram, su «Netanyahu e il suo governo estremista».

Nel palazzo Kirya, sede dei comandi militari israeliani nel cuore di Tel Aviv dove si era riunito il gabinetto di guerra, le quattro pagine arrivate dal Cairo del documento approvato da Hamas sono subito apparse diverse in alcuni contenuti concordati con i negoziatori egiziani . Innanzitutto non più trentatré ostaggi da scambiare in una prima fase – e con tempi prestabiliti – ciascuno con 20 detenuti nelle carceri israeliane, ma lo scambio sarebbe avvenuto con ostaggi “vivi o morti” (secondo indiscrezioni il il numero dei viventi non avrebbe superato i 18). Poi la proporzione dello scambio cambiò: i venti prigionieri palestinesi da liberare per ogni ostaggio, vivo o morto, diventarono 30. La stessa cosa accadde per le donne soldato da liberare nella prima fase in cambio di 40 prigionieri ciascuna, che nel la nuova versione elaborata da Hamas sarebbe poi invece diventata 50. E nell’accordo che il gruppo jihadista si è detto pronto a firmare, non era previsto il diritto di veto israeliano sui nomi dei prigionieri che avrebbe dovuto liberare.

Duro il giudizio di Netanyahu: «La proposta di Hamas mirava solo a sabotare l’ingresso a Rafah. Non è successo. I nostri obiettivi restano due: il ritorno degli ostaggi e l’eliminazione di Hamas. Non accetteremo alcuna proposta che metta in pericolo la sicurezza e il futuro dei nostri cittadini”.

© TUTTI I DIRITTI RISERVATI

Leggi l’articolo completo su
Il Messaggero

 
For Latest Updates Follow us on Google News
 

PREV Soulè Juventus, quale futuro? La sua risposta e la posizione del club – .
NEXT aveva 26 anni – .