PIEVEPELAGO. Grandi festeggiamenti domenica 12 maggio allo Stadio Olimpico, data in cui si celebrerà il cinquantesimo anniversario del primo storico scudetto, e per l’occasione si vestirà interamente di biancoazzurro per omaggiare la Lazio di Umberto Lenzini.
La scintilla che portò a quel successo inaspettato nacque anche a San Michele, piccola frazione agricola del comune di Fiumalbo da dove Lorenzo Lenzini partì per il grande sogno americano a metà dell’ultimo decennio dell’Ottocento. Negli States, più precisamente a Walsenburg, in Colorado, riuscì ad accumulare una discreta fortuna che, una volta tornato in Italia, a Roma seppe mettere a frutto, gettando le basi per il futuro successo imprenditoriale dei suoi figli. Due di loro, Carlo e Umberto, acquisirono la maggioranza delle azioni della Lazio nel 1964 e quest’ultimo ne divenne presidente alla fine dell’anno successivo. I primi periodi di presidenza non furono facili per il “Sor Umberto” come veniva chiamato a Roma ma nei primi anni Settanta riuscì a riportare la squadra dalla Serie B ai vertici del calcio italiano. Il merito di quel successo nel 1974 va condiviso con l’allenatore Tommaso Maestrelli che riuscì a far esprimere alla squadra un buon calcio moderno grazie al quale riuscì a mettersi alle spalle squadre forti come Juventus e Inter. Il merito più grande di mister Maestrelli è stato quello di far convivere in campo tanti giocatori dalla forte personalità come Chinaglia, Frustalupi, Martini, Re Cecconi, Wilson, Pulici, D’Amico e gli altri che quasi “si facevano a pezzi” nelle partitelle.
Lenzini ha puntato su quella banda di pazzi con cui ha costruito una Lazio vincente, senza mai cedere alle lusinghe dei grandi club che volevano accaparrarsi i suoi migliori giocatori. Quell’impresa prese forma durante il ritiro di Pievepelago avvenuto nell’agosto del 1973 dove Lenzini amava guidare la squadra e dove gli allenamenti si seguivano a bordo campo senza divieti e magari a pochi metri dallo stesso presidente che quasi quotidianamente seguiva “i figli di lui”; altri tempi, altro calcio.
Dopo il successo del 1974, la Lazio di Lenzini subì la tragica perdita prematura del suo mentore Maestrelli, scomparso a causa di una terribile malattia, e di Luciano Re Cecconi, uno dei giocatori simbolo di quella squadra, ucciso in una gioielleria romana perché è stato scambiato per un ladro. . Questi eventi dolorosi, avvenuti a distanza di pochi mesi l’uno dall’altro, segnarono profondamente il gruppo e la società. Poi le scommesse calcistiche del 1980 che coinvolsero diversi giocatori biancocelesti e il concomitante tracollo finanziario di Lenzini compromisero definitivamente il suo destino e dopo quindici anni da presidente dovette rinunciare all’incarico nonostante la società che aveva amato più di se stesso.
Domenica, in più luoghi di Roma, si festeggerà quella squadra “Grande e Maledetta”, come è stata intitolata una miniserie televisiva ad essa dedicata da Sky.
Il teatro principale sarà l’Olimpico dove più di settantamila tifosi renderanno omaggio a Petrelli, Martini, Oddi, Nanni e Garlaschelli che sfileranno insieme ai figli dei loro compagni. Ci sarà Massimo Maestrelli, figlio del grande Tommaso; Silvestro, figlio di Umberto Lenzini e nipote Andrea. Siamo certi che domenica il ricordo di “Papa Lenzini” – come veniva affettuosamente chiamato dai tifosi biancocelesti e il suo immancabile saluto a tutti allo stadio ad ogni partita – tornerà con forza nella mente di tutti quei tifosi che hanno vissuto quella leggendaria impresa.