Come affrontare la morte di un figlio a pochi giorni dal parto, dalla scatola dei ricordi al ritorno a casa – .

La morte di un bambino è un evento drammatico, anche se era ancora nel grembo della madre. Abbiamo parlato con la dottoressa Smid e la dottoressa Di Mattei, che lavorano rispettivamente nei reparti di ostetricia e psicologia dell’Ospedale San Raffaele per aiutare le coppie nel lutto. Dal linguaggio comprensivo alla scatola con i ricordi del bambino, ci hanno spiegato la pratica che mettono in atto.

Non sentire più il feto muoversi nella pancia, correre in ospedale, aspettare l’ecografia, ascoltare la diagnosi e ritrovarsi a dover elaborare un lutto, in un momento di vita che avrebbe dovuto essere il preludio di una grande gioia. Questa è la pratica di una coppia che si trova a vivere un lutto endouterino, quindi la morte di un bambino poche settimane dopo la fine della gravidanzaè costretta a vivere, per la famiglia e per gli esperti che assistono al parto.

In questi casi inizia un lavoro di squadra all’interno dell’ospedale in cui ginecologi, ostetriche e psicologi collaborano fianco a fianco per aiutare la coppia ad elaborare quanto appena accaduto.

Ne abbiamo parlato con la dottoressa Maddalena Smid, primaria del reparto di ostetricia dell’Ospedale San Raffaele e con la prof.ssa Valentina Di Mattei, collaboratrice dell’Università Vita-Salute San Raffaele e coordinatrice del Servizio di Psicologia Clinica Sanitaria dell’IRCCS Ospedale San Raffaello.

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Maddalena Smid (Primario del reparto di ostetricia
dell’Ospedale San Raffaele)

Non c’è più battito cardiaco: la pratica ospedaliera

Il dottor Smid ci ha spiegato che i casi di morte intrauterina sono fortunatamente molto rari. Ciò non significa però che eventi del genere siano impossibili, ecco perché l’equipe che lavora in sala parto è pronta a gestire queste eventualità, anche se non esistono linee guida univoche. Il medico ci ha quindi spiegato nel dettaglio la pratica che seguono all’interno dell’ospedale: “La prima fase, la più terribile, è la diagnosi. Ciò avviene attraverso un’ecografia che viene fatta alla donna quando arriva in ospedale dicendo di non sentire più il feto. È atroce perché nessun genitore si aspetta che il bambino che sta nella pancia da quasi 9 mesi muoia”.

Valentina Di Mattei, associata dell'Università Vita-Salute San Raffaele e coordinatrice del Servizio di Psicologia Clinica Sanitaria dell'IRCCS Ospedale San Raffaele.

Valentina Di Mattei (professore associato presso
Università Vita-Salute San Raffaele e coordinatore del Servizio di Psicologia Clinica dell’Università
Sanitario dell’IRCCS Ospedale San Raffaele)

A questo punto il personale sanitario deve comunicare il lutto alla coppia, nel modo più chiaro e rispettoso possibile, perché, come ci ha spiegato lo psicologo Di Mattei, l’impatto emotivo dell’esperienza dipende anche dalla qualità delle parole scelte: “Dire “sta perdendo suo figlio” anziché “sta abortindo” può cambiare profondamente il modo in cui i genitori vivono ed elaborano l’evento; sono necessarie precisione e sensibilità nella scelta delle parole. È meglio evitare tecnicismi medici e sostituire le parole “feto” o “prodotto del concepimento” con il nome del bambino se fosse già stato scelto”.

diagnosi

Dopo la comunicazione, alla coppia si prospettano diverse possibilità, quella di tornare a casa per un momento di rielaborazione personale di quanto accaduto, oppure far arrivare un parente o un amico con cui condividere quanto sta accadendo. Se la coppia decide di restare immediatamente in ospedale si seguono alcune precauzioni: “In genere viene la coppia nella struttura ospedaliera posto in una situazione protettasi scelga quindi o una stanza singola in cui la donna possa trascorrere tutto il tempo che vuole con il proprio partner, in modo da essere separata anche dalle altre mamme o donne incinte” dice il dottor Smid.

La nascita di un bambino morto

Secondo la letteratura scientifica il parto, anche se è ormai accertata la morte del bambino all’interno dell’utero, è meglio farlo con un’induzione farmacologica, spiega la dottoressa Smid. Il taglio cesareo, infatti, segna il corpo già danneggiato dal trauma e rende più difficoltoso il processo di lutto. “So che può sembrare un’azione compassionevole suggerire che le donne partoriscano naturalmente, ma È la cosa migliore quando si tratta di soffrire. In quel momento la donna si rende conto che sta comunque facendo qualcosa per il bambino“.

lutto

Una volta completata la nascita, si consiglia alla coppia di guardare il proprio bambino e di tenerlo in braccio se lo desidera: “Per molte famiglie, vedere il bambino anche se nato morto è un passo cruciale per riconoscere la realtà della perdita. Questo aiuta a concretizzare l’esperienza, che altrimenti potrebbero sembrare irrisolti o immaginari. Offre inoltre ai genitori la possibilità di salutarsi, un passo importante nel processo di elaborazione del lutto” spiega lo psicologo Di Mattei, ricordandolo però il personale medico rispetta in ogni caso la volontà dei genitori.

Se i genitori lo desiderano, a questo punto, vengono seguiti dagli psicologi ospedalieri anche dopo la degenza che, salvo complicazioni, non dura mai più di due giorni.

Il bambino viene sottoposto ad autopsia fondamentale per comprendere le cause della morte:”VSul bambino e sulla madre vengono effettuate indagini genetiche, infettive e immunologiche nel tentativo di trovare, se esiste, una causa per evitare che un evento simile si ripeta“Dice il dottor Smid. La famiglia viene richiamata in ospedale qualche settimana dopo il parto per commentare l’esito degli esami e comprendere il livello di elaborazione del lutto.

La scatola della memoria: l’importanza di ricordare il bambino

Sembra paradossale, perché di fronte ad un trauma il cervello umano spesso mette in atto un meccanismo salvavita, cercando di dimenticarlo, ma per elaborare il lutto appena vissuto, ripensare a quel bambino, dargli un nome e un volto è estremamente importante. “Psicologicamente, avere ricordi del bambino può aiutare i genitori a realizzare la loro esperienza, che altrimenti potrebbe sembrare surreale o troppo breve. I ricordi aiutano a stabilire un legame duraturo con il bambino, il che è importante per il processo di lutto. Senza ricordi tutto rimane sospeso e il lutto diventa più difficile da elaborare. Ricordare ha un valore immenso nell’elaborazione.” spiega lo psicologo Di Mattei.

bambino in lutto

Si tratta quindi dei genitori ha lasciato una scatola di ricordicioè una scatola contenente le foto del bambino, le impronte di manine e piedini stampate su carta o copertine, tutti oggetti che, spiega sempre la psicologa, sono fondamentali non solo per l’elaborazione del lutto ma anche per trovare conforto nei momenti di tristezza che seguono l’evento. Questi oggetti, poi, sono utili anche a quei genitori che non si sentono pronti a vedere il bambino alla nascita, per poter prendere coscienza di quanto accaduto, quando se lo sentiranno all’altezza.

È importante che non arrivi il messaggio che quel bambino non è mai esistito – dice il ginecologo Smid– altrimenti il ​​rischio è che i genitori vivano in eterno aspettando come qualcuno che aspetta una persona scomparsa. Nessuno parlerà mai di quel bambino, a parte loro, perché nessuno lo conoscerà, ecco perché è importante avere un ricordo di lui“.

Tornare a casa senza il bambino

Quando sta per nascere un bambino, tutti si mobilitano, e la casa si riempie velocemente di tutine, cappellini, mussole, lenzuola, che si preparano ad accogliere il nascituro. Questi oggetti, quando la coppia ritorna a casa senza il bambino in braccio, possono essere fonte di forte dolore. “Il ritorno a casa può essere particolarmente difficile, soprattutto se la casa è stata preparata per accogliere il nuovo bambino. È utile che gli operatori sanitari preparino i genitori a questa realtà, suggerendo anche: cambiare la stanza del bambino prima di tornare a casa, se questo può aiutare a gestire il dolore” suggerisce lo psicologo Di Mattei.

Una gravidanza dopo il lutto

Dopo il parto, il bambino viene sottoposto a vari accertamenti per individuare, eventuale, la causa della sua morte e lo stesso viene fatto con la madre. Dopo un paio di mesi l’ospedale richiamò la coppia per discutere l’esito degli accertamenti: “Sapere cosa è andato storto è utile evitare che ciò accada di nuovo in una gravidanza successivaper il quale però si consiglia alle coppie di farlo aspetta finché non sarai addolorato“Dice il dottor Smid.

lutto

Tuttavia, spiega lo psicologo Di Mattei, non esiste un tempo standard prima di considerare una nuova gravidanza: “Idealmente, però, dovrebbe essere presa in considerazione una nuova gravidanza solo quando entrambi i partner si sentono psicologicamente pronti per accogliere una nuova vita“.

 
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