Liguria, a destra c’è chi già immagina il giorno delle elezioni – .

Liguria, a destra c’è chi già immagina il giorno delle elezioni – .
Liguria, a destra c’è chi già immagina il giorno delle elezioni – .

Toti è «immerso nello studio delle carte» e «umanamente molto reattivo»: secondo l’avvocato Savi, il suo legale. Tale reattività, però, non arriverà a tal punto, salvo ripensamenti, da suggerire di rispondere oggi nell’interrogatorio di garanzia. Il silenzio non lo aiuta dal punto di vista politico. “Dimostrerò che non ha commesso alcun reato”, ha detto ieri, la reazione e l’obiettivo della manifestazione sarebbe la revoca degli arresti domiciliari. Il governatore ligure è deciso a restare al suo posto anche se, come spiega sempre Savi, «si confronterà con la maggioranza».

Ma senza la revoca degli arresti domiciliari l’esito di quello scontro, nonostante il sostegno di Fi e Lega, è già segnato. «Siamo a favore della capacità di tutti di dimostrare pacificamente la propria innocenza. Al netto di ciò, attendiamo con pazienza gli esiti di una fase intermedia”, dice il ministro Lollobrigida ed è una posizione molto diversa da quella di chi contesta la presunzione di innocenza fino all’emissione della sentenza.

A porte chiuse i tricolori sono ancora più bruschi e la più irritata di tutte è Giorgia Meloni. L’incidente a ridosso delle elezioni crea problemi e Crosetto non riesce a nascondere il dubbio che l’indagine funzioni a orologeria: «Sulla campagna elettorale scoppia una strana storia. Con la logica usata per Toti si possono arrestare la maggioranza degli amministratori, dei dirigenti pubblici e presumo anche dei magistrati”. Sfoghi a parte, l’unica domanda è quanto tempo sarà disposta ad aspettare sulla griglia per la nomina del primo ministro. Alcuni dicono un mese, altri dicono non più di due settimane. In realtà Toti potrebbe avere anche meno tempo a disposizione: entro e non oltre sabato prossimo. A patto che nel frattempo non riesca a ottenere la revoca salvifica degli arresti domiciliari e anche in quel caso sarebbe difficile resistere se l’eventuale revoca fosse accompagnata dalla sospensione dall’incarico.

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La prova di quanto le dimissioni siano percepite vicine, al di là delle dichiarazioni ufficiali, sta nelle manovre di successione, già avviate a pieno ritmo. Indicativa è anche la storia della Fiera del Libro di Torino. In assenza del governatore, che non ha potuto farlo, sarebbe dovuto andare il suo vice, Alessandro Piana, leghista, ma già alla vigilia aveva fatto sapere di non avere intenzione di esporsi “senza mandato completo”, formula anch’essa difficile da comprendere. Alla fine a rappresentare la Regione è dovuta andare la portavoce di Toti, Jessica Nicolini, che è anche coordinatrice delle politiche culturali. L’inaugurazione dello stand è stata rinviata a chissà quando. La portavoce si è ritrovata circondata dal gelo. Una scena della caduta degli dei.

In caso di abbandono del governatore, la Liguria tornerebbe alle urne in autunno, quindi contemporaneamente all’Umbria ma a destra c’è chi sogna un vero Election Day con l’aggiunta dell’Emilia-Romagna dove, tuttavia, la sicura elezione dell’eurodeputato Bonaccini non deve impedire di portare a termine la legislatura. La fulmineità con cui il coordinatore ligure di FdI Rosso aveva «non escluso» le dimissioni di Toti rivela con quanta avidità FdI guardi a quella scatola.

Il primo nome sulla lista è quello dell’impaziente coordinatore Matteo Rosso. In lizza però ci sono anche l’ex vicesindaco Nicolà e l’assessore Simona Ferro. La Lega però punta anche a sostituire Toti, magari scambiando la candidatura in Umbria con FdI. Il Carroccio conterebbe su due possibili nomi pesanti: Edoardo Rixi, ex viceministro e pezzo grosso del Carroccio ma anche il sindaco di Genova Marco Bucci, vicino alla Lega ma da indipendente, forte di un notevole consenso personale e magari con un carta in più da giocare: il rapporto di vicinanza e stima con la coordinatrice IV Raffaella Paita, già candidata sconfitta da Toti. Dall’altra parte della barricata in campo c’è un solo nome, quello dell’ex ministro Andrea Orlando. Finché ne ha voglia…

 
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