Qual è la libertà che i ragazzi reclamano e che ieri hanno represso – .

Qual è la libertà che i ragazzi reclamano e che ieri hanno represso – .
Qual è la libertà che i ragazzi reclamano e che ieri hanno represso – .

E pensare che si era appena cominciato a parlare di libertà. Della libertà di scegliere di mettere al mondo dei figli per realizzare un desiderio. Nonostante il percorso a ostacoli che questo comporta per una giovane famiglia. E come rimuoverli, quegli ostacoli, che hanno a che fare con un sistema fiscale non ancora universalmente premiante, riguardano l’accesso troppo spesso proibitivo alla casa, le dimissioni forzate, i contratti precari o mal retribuiti, la difficile conciliazione famiglia-lavoro… Per Per questo motivo, un gruppo di mamme e papà insieme a tanti giovani – non una forza politica, non il governo, ma la società civile, il terzo settore – organizzano da 3 anni gli “Stati generali di natalità”. Per ascoltare e ragionare – liberamente – sul nostro futuro, insieme a una platea in cui siedono centinaia di giovani.

Ecco perché il gruppetto di studenti che, per esprimere il proprio dissenso, hanno impedito alla ministra Eugenia Roccella di parlare – oltre a commettere un atto incivile e incostituzionale, come ha opportunamente stigmatizzato il presidente Mattarella – hanno soprattutto inferto una ferita alla libertà che è fondamento della tasso di natalità . La stessa libertà che viene sempre lesa quando a qualcuno viene impedito di esprimere il proprio pensiero. In una democrazia è un valore non negoziabile: ognuno ha il diritto innanzitutto di essere ascoltato. Ad un convegno, nelle aule universitarie, durante un evento culturale. Ed è lo stesso motivo per cui gli organizzatori hanno voluto garantire anche a chi contestava la possibilità di esprimere il proprio punto di vista, catturato leggendo un comunicato dal palco. Ma poi è diventata una risposta intollerante, di chiusura totale, al punto che oltre alle parole impedite al ministro, i manifestanti non hanno voluto ascoltare nemmeno quelle pronunciate nonostante tutto da Jessica Barcella, una mamma che ha raccontato la sua esperienza, e dal presidente del Forum delle famiglie, Adriano Bordignon. Finendo così per riprodurre loro stessi quell’atteggiamento dal sapore “repressivo”, per non usare altri termini, al quale, nelle loro intenzioni, dichiaravano di opporsi.

Tuttavia, i pochissimi manifestanti avrebbero raggiunto un secondo obiettivo se tutta l’attenzione fosse stata ora catturata dall’episodio passivamente aggressivo, dimenticando così la questione stessa della natalità. Con il rischio di perdere l’ennesima occasione per affermare che – se c’è un’urgenza per il nostro Paese da affrontare deideologizzandolo, liberandolo dallo sfruttamento partigiano – è proprio quella dell’inverno demografico e delle sue drammatiche conseguenze. Sciogliere i nodi che spesso portano al rinvio e alla rinuncia della scelta di avere figli, infatti, consentirebbe non solo di contenere gli squilibri tra vecchie e nuove generazioni, ma sarebbe anche il presupposto per ridurre le disuguaglianze sociali di cui i giovani sono oggi le prime vittime. Per affrontare questa sfida dobbiamo mettere insieme i pezzi, non trinceramenti sterili. È necessaria un’attenzione costante. Abbiamo bisogno di una sintesi, non di un’opposizione ideologica.

Nel discorso sulla natalità liberata rientra quello su maternità e paternità, su affidamento e adozione, su istruzione e cittadinanza, che resta ancora un miraggio per gli 870mila studenti stranieri che frequentano scuole e università e la stragrande maggioranza sono nati in Italia. Dobbiamo poter parlare di questo. Anche i manifestanti degli Stati Generali di Nascita, liberi di esprimere il proprio dissenso in modo non violento, avrebbero avuto il dovere civile di ascoltare. Inoltre, nel loro interesse.

 
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