Un disagio normale sul quale serve più educazione e informazione – .

Intervista con

Dott.ssa Ilaria Bruschi

Psicologo e psicoterapeuta

Succede, una volta che hai dato alla luce tuo figlio, che le cose iniziano a non andare come previsto. A molti nuove mamme succede che hai il tuo bambino tra le braccia e non sentirsi bene. C’è chi piange così facilmente e apparentemente senza motivo o addirittura chi ne diventa preda malinconia E stati Di irritabilità che durano ore, forse giorni.

Fra sesto e il dodicesima settimana dalla nascita del bambino, il livello di ormoni comincia a ritornare ai livelli normali e qualcosa, però, sembra andare nella direzione opposta.

Sì, perché alcune donne cominciano a provare a senso di inadeguatezza di fronte alla nuova situazione che lo attende: a senso di disagio che, come un treno, poi si ferma in altre stazioni come la senso di colpa prima e quello di vergognaalimentando un viaggio simile a un vortice dal quale sembra non esserci via di fuga.

Ma c’è una fine ed è ciò che una neo-mamma ha bisogno di sentire e sentirsi dire. Insieme a rassicurazione calmo e amichevole che tutto ciò che sente lo è assolutamente normale: ha un nome, cioè depressione post parto, è molto frequente perché colpisce tra 5 e 15% delle donne dopo la nascita di un figlio (si sta lavorando anche per predire il rischio) e ha a spiegazione. Il dottore ci ha spiegato tutto questo Ilaria Bruschipsicologo e psicoterapeuta.

Dottore, perché alcune donne possono soffrire di questa condizione dopo la gravidanza?

Voglio dire, innanzitutto, che non tutti hanno questa esperienza. Esistono però dei fattori, che definiamo eziologici, legati all’insorgenza della depressione postpartum. I più importanti sono i fattori ormonali dopo il parto: dopo la nascita di un bambino, la concentrazione di estrogeni e progesterone e anche degli ormoni tiroidei diminuisce rapidamente e quindi possiamo avere uno sbalzo d’umore molto profondo. Ci sono poi fattori fisici, come i ritmi imposti dal neonato, la stanchezza e tutto ciò che riguarda il vissuto del nostro corpo dopo il parto.

Anche l’ambiente esterno ha un ruolo?

I fattori psicologici sono anche condizioni sociali. Mi riferisco alla tendenza al perfezionismo, agli stereotipi a cui siamo abituati ma anche alla scarsa autostima che può contraddistinguere ognuno di noi. A volte, insomma, concorrono all’insorgenza della depressione post parto anche fattori preesistenti come problemi di coppia, difficoltà economiche e insoddisfazione per il proprio ruolo lavorativo.

Facciamo un passo indietro. Cosa si intende nello specifico per depressione postpartum?

Per quanto naturale, il parto è accompagnato da ansia e paura che possono attivare nella madre una serie di reazioni definite “post partum”. Si va dalla depressione conseguente all’interruzione della continuità fisico-emotiva dell’unità madre-bambino, fino a situazioni più gravi che vengono definite “psicosi puerperale”. Questo perché insorgono subito dopo il parto nel periodo che mette alla prova sia le risorse fisiche che quelle psicologiche della donna con il conseguente aumento della sua vulnerabilità. Lo psicanalista Donald Winnicott fu il primo a introdurre, nel 1965, il termine “depressione postpartum”, mentre oggi è più comunemente chiamata maternity blues.

Come si manifestano queste forme lievi?

In questo momento assistiamo ad uno stato di disorganizzazione dell’esperienza in cui angoscia, confusione mentale e fantasie oniriche si mescolano ad un susseguirsi di stati malinconici, euforici o addirittura catatonici, quindi di congelamento.

Esistono però anche forme più gravi.

Le situazioni più gravi sono definite depressione maggiore. Sono caratterizzati da un esordio acuto, che si manifesta già dal primo mese, con diversi sintomi, in cui le mamme possono presentare anche forte agitazione, rallentamento motorio con pensieri di inutilità o senso di colpa. Spesso si convincono anche di non essere madri capaci e credono che i loro figli a volte non siano sani. L’esordio delle varie forme di depressione post parto è molto spesso rapido e talvolta anche brutale, ma nella maggior parte dei casi la prognosi è positiva, anche se lascia comunque nella mente delle mamme vissuti che perdurano nel tempo. Nei casi di depressione maggiore, i sintomi possono durare per il primo anno di vita o anche più a lungo. In questo momento assistiamo ad uno stato di disorganizzazione dell’esperienza in cui angoscia, confusione mentale e fantasie oniriche si mescolano ad un susseguirsi di stati malinconici, euforici o addirittura catatonici, quindi di congelamento. L’insorgenza di questi problemi è molto spesso rapida e talvolta anche brutale, ma nella maggior parte dei casi la prognosi è positiva, anche se lascia comunque nella mente delle mamme esperienze che perdurano nel tempo.

Come li gestisci?

Nella maggior parte dei casi si risolve spontaneamente entro le prime settimane. Questi movimenti latenti, infatti, ritornano anche con il passare del tempo e con uno stato di sicurezza a cui contribuiscono anche la presenza del bambino e il successivo allattamento, che aiuta la madre che non è ancora pronta ad abbandonare quella che viene definita simbiosi interiore. del tuo stesso corpo. L’importante è ovviamente fornire quante più informazioni possibili sul fatto che questi fatti possono accadere.

Spiegaci meglio.

Il personale medico deve essere adeguatamente preparato e anche formato per sviluppare maggiore empatia e sensibilità verso la vulnerabilità delle donne che devono partorire. Rivolgersi ad uno psicologo sicuramente rimane sempre uno stigma perché purtroppo viviamo ancora con lo stereotipo secondo cui la psicoterapia si rivolge solo a persone con problemi, ma in realtà sono necessarie diverse figure multidisciplinari anche per affrontare qualsiasi forma di depressione, sia essa lieve, moderata o grave . Quindi c’è bisogno di uno psicologo o in questo caso di uno psicoterapeuta, di uno psichiatra e anche di figure di psicoeducazione che possano essere di supporto in questi momenti difficili. Non dimentichiamo che ancora oggi, anche se esistono organizzazioni come i consultori familiari o i percorsi nascita e quant’altro, i sistemi sanitari non si sono ancora dotati di un percorso di istruzione e formazione per medici e collaboratori.

Hai parlato di stigma e stereotipi: il modo in cui una donna vive il periodo del parto e il successivo ricovero ospedaliero contribuisce anche allo sviluppo della depressione post parto?

Il legame tra la depressione postpartum e quella che possiamo definire violenza ostetrica è da tempo indagato. Negli ultimi anni numerosi studi hanno studiato la violenza contro le donne durante la gravidanza e sappiamo che l’Organizzazione Mondiale della Sanità si batte per garantire alle donne il miglior accesso all’assistenza sanitaria, in particolare durante la gravidanza e il parto. Tuttavia, negli anni precedenti l’OMS aveva pubblicato diverse raccomandazioni sull’assistenza durante la gravidanza e il parto nonché sull’assistenza postnatale. Sono state inoltre indicate precise indicazioni mediche e alcune pratiche da evitare perché creano disagio, dolore o addirittura pericolo per la mamma, con una conseguenza diretta sul bambino sottoposto a vere e proprie manovre: raccomandazioni, però, che spesso non vengono rispettate e talvolta portano ad episodi di violenza ostetrica, creando per le donne situazioni di vero disagio che non si dimenticano facilmente. Ma facciamo chiarezza: il personale medico si sta organizzando per migliorare la formazione.

Le informazioni fornite su www.ohga.it sono destinate a
integrare, non sostituireil rapporto tra un paziente e il suo medico.

 
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