“Dagli incendi alla ricerca delle persone scomparse, questi 37 anni sono volati” – .

“Dagli incendi alla ricerca delle persone scomparse, questi 37 anni sono volati” – .
“Dagli incendi alla ricerca delle persone scomparse, questi 37 anni sono volati” – .

Dal suo primo incarico ufficiale ad Ascoli, nel 1987, al grado di generale al comando dei carabinieri forestali della regione, Roberto Nardi di Mogliano si è dedicato per 37 anni alla tutela dell’ambiente e della fauna protetta. “Ho potuto scoprire le storie dei luoghi meravigliosi di questa regione, e aiutare le persone in difficoltà durante le calamità naturali: questi anni sono volati”, racconta il giorno dopo il suo pensionamento. Dopo la laurea in scienze agrarie a Perugia, nel 1985 partecipa al concorso per entrare nel Corpo Forestale dello Stato. La convocazione per gli esami orali arrivò quasi due anni dopo, quando, superate le selezioni, prese lavoro ad Ascoli. “È stato un lavoro molto tecnico, mi ha affascinato subito. Anche noi eravamo molto gruppo, con il collega Gabriele Guidi abbiamo fatto carriera insieme, sotto la guida del comandante Benedetto Ricci. All’epoca eravamo impegnati nella sperimentazione di progetti di rimboschimento, di bonifiche per il vincolo idrogeologico, di autorizzazioni al taglio dei boschi e di coordinamento degli interventi di spegnimento degli incendi”.

Quando sei tornato a Macerata?

“Nel 1994. Ho trascorso molti anni qui. Interessante è stato il censimento delle cave abbandonate, e poi delle formazioni vegetali monumentali. Tra le cose che ho potuto scoprire in questa occasione c’è stato il valore del giardino dell’Abbadia di Fiastra: oltre all’aspetto particolare per la vegetazione, c’è anche la sua storia recente, come campo di prigionia per gli austro-ungarici in della Grande Guerra e per i prigionieri politici ed ebrei della Seconda Guerra Mondiale. Una targa ricorda l’unico che si salvò, Paul Pollak. In ogni luogo ci sono storie da scoprire.

A Macerata ha diretto anche il servizio Cites, che si occupa del rispetto della convenzione per la tutela degli animali protetti.

“Sì, per quattro anni. Si tratta di un’area molto specializzata, per la protezione delle specie vegetali e animali in via di estinzione. Un caso particolare è stato il sequestro di pitoni a Rimini, dopo una denuncia pervenuta a Macerata. Non avrei mai pensato quanti usi si fanno degli animali e delle piante, della pelle, delle ossa, delle zampe, delle zanne. Da lì sono al Parco dei Sibillini dal 2012”.

Cosa ricordi in particolare di quella esperienza?

“Soprattutto il terremoto. Il primo inverno con la neve dopo il terremoto c’erano i colleghi nelle tende da campeggio, altri che andavano avanti e indietro dalla costa. Tutti hanno mostrato grande attaccamento”.

Altre emergenze sui Sibillini?

«Ci ​​sono zone particolarmente sensibili, che in estate hanno una grande pressione turistica, come i laghi di Pilato. Ci deve essere equilibrio tra ambiente e attività umane, anche perché se l’ambiente viene danneggiato non è più attrattivo per il turismo. Dobbiamo anche adattarci ai cambiamenti climatici, al fatto che non nevica più. Manca anche l’acqua visto che, dopo il terremoto, nel sottosuolo del versante marchigiano l’acqua non va più verso l’Adriatico, ma verso il Tirreno”.

Nel 2018 è stato promosso ad Ancona, alla guida del gruppo carabinieri forestali

“Un ambiente completamente diverso rispetto alla montagna. In quel periodo il Corpo Forestale passò ai Carabinieri. Il mio augurio è che la specialità rimanga, fatta non solo di obiettivi ma anche di persone preparate e motivate. Quella di comandante regionale è un’esperienza che mi ha arricchito molto, dandomi una visione più ampia”.

Uno dei vostri ambiti di azione sono i fiumi.

“Oggi c’è molta attenzione al dissesto idrogeologico, dopo che per molto tempo i fiumi sono stati considerati terra di nessuno: si prestavano ad ogni sorta di reati, all’abbandono di rifiuti, alle discariche. Adesso le cose stanno cambiando, ma bisogna tenere conto di alcuni rischi nella pianificazione urbana e nelle attività umane, perché purtroppo il clima sta cambiando e le bombe d’acqua sono sempre più frequenti”.

E i boschi?

“Sono il nostro core business. Dobbiamo tenerli sotto controllo, curarli e monitorarli. Il loro utilizzo sta diminuendo, ma rappresentano ancora un bene da preservare. Un grosso problema è il tarlo asiatico, che sta minacciando il maceratese, il fermano, l’anconetano. Al momento l’unica soluzione è tagliare e bruciare, finché non esiste un antagonista ecologico dobbiamo impedirne la diffusione”.

E che dire della fauna selvatica?

“L’aumento dei cinghiali ha portato ad un aumento dei lupi, che si sono spostati verso il mare. Se vogliamo preservare il patrimonio biologico dobbiamo adottare misure di protezione degli animali e delle colture. Tuttavia il lupo mangia i giovani cinghiali e contribuisce all’equilibrio. Negli ambienti urbani e periurbani è necessario evitare di lasciare il cibo all’aperto. Per il resto il lupo non è fiducioso e ha paura dell’uomo, non è un pericolo particolare, è un rischio come altri che va gestito”.

C’è un episodio tra i tanti che ricordi in particolare?

“L’incendio della Priora del 1992. Per spegnerlo ci si avvia a piedi all’alba davanti al fuoco con i flabelli, bastoni con frange di stoffa non infiammabile. Ero in cima alla Sibilla per coordinare i canadair. Per tre giorni fu un’epopea, innescata dai fulmini in alta quota. Siamo riusciti a fermare l’incendio prima che scendesse all’Infernaccio. Poi la ricerca delle persone scomparse, e la grande soddisfazione quando vengono ritrovate. Con questo lavoro ho fatto cose che prima non avrei mai immaginato, sono grato al Corpo Forestale e poi ai Carabinieri, che mi hanno permesso di avere tante opportunità. I terremoti, gli incendi, le alluvioni mettono a prova, ci fanno vivere il dolore, le difficoltà, è impossibile non lasciarli entrare. Inoltre l’umanità necessaria per aiutare tante persone, vorrei ricordare anche Paola Lucarini, purtroppo venuta a mancare troppo presto” .

 
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