Alimenti ultra-processati e aumento del rischio di morte ecco la prova – .

Alimenti ultra-processati e aumento del rischio di morte ecco la prova – .
Alimenti ultra-processati e aumento del rischio di morte ecco la prova – .

Gli alimenti ultra-processati sono stati associati ad un aumento del rischio di numerose malattie come malattie cardio- e cerebrovascolari, diabete e alcuni tipi di cancro. Ma quanto emerge da uno studio appena pubblicato su Giornale medico britannico dai ricercatori della Chan School of Public Health di Boston, dell’Università di Harvard e di altri atenei, si tratta di qualcosa di più: il consumo regolare di grandi quantità di questo tipo di prodotti (soprattutto se appartenenti a determinate tipologie) aumenta il rischio generale di morte.

Lo studio sugli alimenti ultra-processati

Per verificare l’effetto dell’abitudine a mangiare cibi industriali sulla durata della vita, i ricercatori hanno utilizzato i dati di due grandi studi di popolazione: quello cosiddetto “nurses”, che ha coinvolto poco meno di 75.000 infermieri di 11 stati americani, seguito tra il 1984 e il 2018, tutti in buona salute al momento del reclutamento, e quello degli operatori sanitari di sesso maschile, che ha coinvolto circa 40.000 medici e infermieri di 50 stati, tra il 1986 e il 2018, anche senza patologie significative all’inizio dell’indagine.

In entrambi i casi, ogni quattro anni i partecipanti sono stati invitati a rispondere ad un questionario dettagliato riguardante le loro abitudini alimentari, e ogni due anni sono stati attentamente valutati le loro condizioni di salute. Nei rispettivi 34 e 31 anni di follow-up, si sono verificati circa 30.100 decessi tra le donne e 18.000 tra gli uomini.

Dieta e mortalità

Tra gli ultraprocessati, i piatti pronti a base di manzo, pollo o pesce sono risultati i peggiori in termini di rischio di morte

Confrontando dieta e mortalità, i ricercatori hanno dimostrato che coloro che si trovavano nel quartile più alto (sette porzioni al giorno) di consumo di prodotti ultra-processati avevano anche un rischio di morte per qualsiasi causa più elevato del 4% rispetto a quelli nel quartile più alto. basso (tre porzioni al giorno). Inoltre, aveva un rischio maggiore di morire per condizioni diverse dal cancro o malattie cardiovascolari del 9%, e dell’8% per malattie neurodegenerative.

Tradotto in cifre, i grandi consumatori di prodotti ultralavorati avevano un tasso di mortalità di 1.536 persone ogni 100.000 all’anno, mentre gli altri si fermavano a 1.472 ogni 100.000.

Tuttavia, non è emersa alcuna associazione specifica con le morti per cancro, malattie cardiovascolari o respiratorie.

Non tutti gli alimenti, però, sembrano avere lo stesso effetto: i piatti pronti a base di manzo, pollo o pesce sono risultati i peggiori in termini di rischio di morte, seguiti da bevande zuccherate, dolci con derivati ​​del latte e colazioni ultraprocessate prodotti. Inoltre, quando si valutava la dieta nel suo insieme, il legame appariva meno forte, a dimostrazione del fatto che l’alimentazione complessiva ha un’importanza decisiva per la salute.

Considerazioni sui risultati

C’è poi un’altra conseguenza dei risultati, che conferma la necessità di ulteriori approfondimenti, e che da mesi è oggetto di dibattito nella comunità scientifica. Il punto è: la definizione di ultraprocessato è corretta? È adeguato? Secondo alcuni, pur non essendo perfetta, rappresenta la migliore classificazione oggi disponibile. Secondo altri, invece, è ora di trovarne un altro, perché oggi la definizione “ultraprocessati” comprende troppi alimenti, non tutti negativi. Si rischia cioè sia di penalizzare i prodotti non particolarmente pericolosi, sia di non intervenire su quelli che lo sono, per evitare di incidere anche sugli alimenti trasformati ma equilibrati. E la differenza di effetti in base alla tipologia di prodotto vista in questo studio sembra giustificare questa seconda idea, anche se – sottolineano gli autori – è necessario condurre studi specifici, e non osservazionali, come questo.

Il dibattito sugli ultra-processi

Inoltre, nel commento editoriale, firmato da Kathryn Bradbury, della School of Population Health dell’Università di Auckland, in Nuova Zelanda, si sottolinea come demonizzare solo gli alimenti ultra-processati potrebbe far credere che qualsiasi alimento non trasformato sia sano, il che è non è affatto vero (si pensi, ad esempio, ad un consumo troppo elevato di carne rossa).

Infine, mentre la discussione prosegue, secondo Bradbury decisioni come l’introduzione di tasse specifiche come la sugar tax, gli avvertimenti sui cibi poco salutari e i divieti di pubblicità (soprattutto rivolta ai bambini) non dovrebbero essere ostacolate o ritardate in alcun modo. con l’obiettivo di scoraggiare l’abitudine a consumare cibi che andrebbero comunque consumati in quantità molto minori rispetto a quanto avviene oggi.

©Tutti i diritti riservati. Foto: Depositphotos.com

Siamo un sito per giornalisti indipendenti senza redattore e senza conflitti di interessi. Da 13 anni ci occupiamo di alimenti, etichette, nutrizione, prezzi, avvisi e sicurezza. L’accesso al sito è gratuito. Non accettiamo pubblicità di cibo spazzatura, acqua minerale, bevande zuccherate, integratori o diete. Sostienici anche tu, ci vuole solo un minuto.

Donate adesso

1

 
For Latest Updates Follow us on Google News
 

PREV Gioca gli stessi numeri 2 giorni consecutivi e vinci oltre 32mila euro al 10eLotto – .
NEXT Victor San Marino, Antonioli firma ma cambia subito idea. Non sarà l’allenatore del club – .