Perché c’è meno olio nel tonno in scatola? (C’entrano anche i rifiuti) – .

Perché c’è meno olio nel tonno in scatola? (C’entrano anche i rifiuti) – .
Perché c’è meno olio nel tonno in scatola? (C’entrano anche i rifiuti) – .

La tendenza è in atto ed è il risultato di diverse ragioni. Innanzitutto c’è una questione di costi, dato che il prezzo dell’ingrediente numero due (per voce di spesa) ha subito un’impennata impressionante negli ultimi due anni. Ma ci sono anche altre ragioni dietro la scelta: la lotta allo spreco alimentare, la ricerca di scelte sempre più sostenibili e la volontà di rispondere alle richieste di una quota crescente di consumatori di prodotti meno grassi e – quindi – più sani. Il risultato è che il tonno in scatola ha ridotto significativamente la quantità di olio d’oliva al suo interno. Nell’arco di un anno e mezzo, ad esempio, in una lattina piccola, passata da 80 a 70 grammi complessivi, la quantità di tonno è rimasta invariata (52 grammi), mentre è diminuito solo l’olio (di 10 grammi). .

Si tratta di un cambiamento significativo per uno degli alimenti più apprezzati e consumati (è acquistato dal 96% delle famiglie), spesso protagonista di pasti freddi e veloci da preparare. La novità della riduzione del petrolio e gli ultimi dati sull’andamento del settore emergono da una fotografia scattata dall’Ancit (Associazione nazionale conserve ittiche e tonnare). L’Italia si conferma il secondo produttore europeo di tonno in scatola dopo la Spagna. In generale, l’Ancit parla di “una fase di aggiustamento in corso” per il settore italiano dopo il boom delle vendite nella lunga fase pandemica, segnata dall’abitudine di massa di tenere in dispensa grandi scorte di alimenti a lunga conservazione. I numeri dello scorso anno si stanno riallineando ai livelli del 2019, facendo emergere una sostanziale stabilità che l’associazione auspica “potrebbe concludersi nel 2024 per una nuova ripartenza del settore”. Entrando nel dettaglio dei dati, nel 2023 la produzione nazionale di tonno in scatola è stata pari a 73.581 tonnellate (-0,91% sul 2019 contro -4,95% sul 2022), con un volume del totale di prodotto disponibile per il mercato italiano pari a 143.250 tonnellate (- 4,9% sul 2022), che ha alimentato circa 2,42 chilogrammi di consumo pro capite. In valore, il mercato è stato di 1.674 milioni di euro (+8% sul 2022 e +26,34% sul 2019, a causa del forte rialzo dei prezzi) per un settore che conta oltre 1.500 addetti. Allo stesso tempo, le esportazioni hanno raggiunto le 27.926 tonnellate (+8,65% rispetto al 2019).

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«Il mercato si sta riposizionando rispetto al pre-Covid – conferma Giovanni Battista Valsecchi, presidente Ancit -. Il 2023 non è stato un anno facile per il settore delle conserve ittiche, con uno shock inflazionistico che ha generato una perdita di volumi sui mercati, anche se ci confortano sia la stabilità dei consumi che i progressi del settore in termini di innovazione e sostenibilità. È chiaro che le paure non mancano. In particolare, il costo dell’olio d’oliva, ingrediente base della ricetta tradizionale, è motivo di preoccupazione: le avversità del cambiamento climatico, dalla siccità agli agenti patogeni, si riflettono nel calo della produzione con conseguente aumento del suo prezzo”.

L’anno scorso in Spagna, primo produttore mondiale di petrolio, si è verificato un crollo della produzione (-56%). Pesante calo anche per l’Italia (-27%). Inevitabilmente il prezzo medio dell’olio d’oliva a livello europeo è aumentato di oltre il 50%.
Oltre ad essere dettata da una logica di contenimento dei costi, per molte aziende del settore la scelta di prevedere un minor contenuto di olio nella scatoletta di tonno segue anche le indicazioni della sostenibilità. Riducendo l’olio, infatti, contrastiamo una pratica ancora diffusa come quella di “sgocciolare” il condimento nel lavello della cucina. A questo proposito, a prescindere dai gusti, all’Ancit non smettono di ricordarci che agendo in questo modo, oltre a danneggiare l’ambiente, ci priviamo di assumere un olio che, a contatto con il tonno, non solo ha mantenuto tutte le sue caratteristiche organolettiche proprietà, ma è stato anche arricchito dalla presenza di alcuni principi assenti all’origine: dagli acidi grassi omega 3 alla vitamina D.

Ridurre l’olio nella confezione, a parità di pesce, come sottolinea il direttore generale dell’Ancit Giorgio Rimoldi, «significa anche rispondere alle esigenze del consumatore in termini di sostenibilità, lotta allo spreco alimentare e un’alimentazione sempre più sana ed equilibrata. dieta” . Non è un caso che, analizzando l’andamento dei singoli prodotti nel 2023 rispetto al 2019, a fronte di una sostanziale stabilità dei volumi venduti del tonno sott’olio (che comunque, con 96.238 tonnellate su un totale di 118.343, resta da di gran lunga la varietà più acquistata), per il tonno al naturale (che è salito a 14.736 tonnellate) si è registrata una crescita del 5%. È il segno che i prodotti a ridotto contenuto calorico, per ragioni salutistiche, sono sempre più apprezzati dai consumatori.

 
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