Auto armate da un gruppo di Liternesi pronte a fare fuoco in nome dello Schiavone – .

Auto armate da un gruppo di Liternesi pronte a fare fuoco in nome dello Schiavone – .
Auto armate da un gruppo di Liternesi pronte a fare fuoco in nome dello Schiavone – .
Emanuele Libero Schiavone and Francesco Reccia 2

CASAL DI PRINCIPE – Se i Bidognetti riescono a fare leva sui braccianti albanesi per compiere le loro azioni militari, Emanuele Libero Schiavone, figlio di Francesco Sandokan, fondatore del clan dei Casalesi, nella sua attività di riorganizzazione della cosca, sarebbe riuscito ad assoldare qualche liternese pronto a sparare in suo nome.

Se lo scontro tra i due ambiti del clan, dopo la sparatoria e gli spari alla porta di casa di Sandokan, non è degenerato in altro, è merito della tempestiva attività investigativa dei Carabinieri della Compagnia di Casal di Principe, che ha portato all’arresto di Emanuele Libero.

Con il ritorno in carcere di uno dei protagonisti del movimento di guerriglia (ne era uscito il 15 aprile dopo esservi rimasto rinchiuso per 12 anni), il clima bellicoso si è fisiologicamente, almeno per ora, disinnescato. Ma se fosse stato ancora libero, è probabile che si sarebbero registrate altre incursioni: Sandokan Jr. era intenzionato a colpire. Una volta tornato a Casal di Principe, l’indagine coordinata dai pm Vincenzo Ranieri e Simona Belluccio ha documentato come abbia subito incontrato persone legate alla sua cosca per capire se poteva ancora contare su di loro.

Non solo. Schiavone avrebbe fatto altro: si sarebbe rivolto ai contatti dei due centri di spaccio che versano una parte dei loro guadagni ai Bidognetti, pretendendo una quota. Se da uno aveva ricevuto la porzione richiesta, dall’altro gli era stato mostrato il due di picche. E non avrebbe reagito con forza a questo. La situazione si fece via via sempre più tesa finché Sandokan Jr. tentò di organizzare un agguato per colpire un suo rivale: operazione fallita probabilmente a causa dell’incidente in moto subito da Emanuele Libero e perché nel luogo in cui pensava di trovare il La vittima designata ha trovato una pattuglia della polizia.

È a questo punto che i bidognettiani avrebbero ricevuto l’ok dall’alto ad agire, a dare un segnale inequivocabile a Emanuele Libero Schiavone: gli spari in piazza Mercato, che lui voleva trasformare nel suo quartier generale, quelli in via Ovidio, a San Cipriano, dove abita il suo fidato Francesco Reccia, e il blitz di piombo contro la porta di casa in via Bologna sono serviti a dirgli che doveva andarsene, lasciare Casale, non solo per le sue incursioni in attività criminali che non gli appartenevano più, ma anche perché suo padre, Francesco Sandokan, aveva iniziato a collaborare con la giustizia (ha iniziato a marzo, ma quanto sta accadendo a Casale rischia di creare contraccolpi al complicato percorso da lui intrapreso).

Questi segnali vennero lanciati tra il 7 e il 10 giugno. E in questo intervallo di tempo vanno collocati anche i presunti preparativi di due squadre di Liternesi, con altrettante auto armate, per sferrare un colpo contro i Bidognetti.

Al momento Emanuele Libero Schiavone e Reccia si trovano nel carcere di Secondigliano, accusati di detenzione e porto in luogo pubblico di armi con l’aggravante di mafia. Il Tribunale del Riesame deciderà a breve sulla custodia cautelare in carcere, a cui hanno presentato ricorso gli avvocati Paolo Caterino e Domenico Della Gatta.
Intanto la Dda prosegue le indagini per rintracciare chi sosteneva Schiavone Jr. nella sua escalation criminale e chi, per conto dei Bidognetti, ora gestisce nella zona droga ed estorsioni.

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