Parità di condizioni, la Rai respinge le nuove norme AgCom sulla presenza dei politici in tv e chiede modifiche – .

Parità di condizioni, la Rai respinge le nuove norme AgCom sulla presenza dei politici in tv e chiede modifiche – .
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Ormai c’è un conflitto aperto tra Rai e AgCom sulla parità di condizioni. Con un’iniziativa a dir poco irregolare, anche perché non si ricordano precedenti simili, i vertici di viale Mazzini hanno bocciato le nuove norme dell’Autorità per le Garanzie nelle Garanzie nelle Garanzie nelle Garanzie nelle Garanzie nelle Garanzie nelle Garanzie nelle Garanzie nelle Garanzie nelle Garanzie nelle Comunicazioni che regolano la presenza dei politici in tv durante la campagna elettorale per le (europee). Uno schema che, secondo i giuristi del Pubblico Servizio, non tiene conto della “qualità, correttezza e completezza dell’informazione”, né aderisce “all’attualità e alle notizie, all’interesse pubblico dei fatti, all’andamento della agenda politica”, con “conseguente rischio di compressione dell’autonomia editoriale delle singole testate e, prima ancora, della libera espressione del pensiero”. Parole pesanti come macigni che, in assenza di cambiamenti, sembrano preludere a un ricorso in aula.

Libertà di parlare

In una lunga lettera firmata dal responsabile dell’Ufficio legale, la TV di Stato contesta innanzitutto la “equiparazione sempre più marcata” dei programmi di informazione a quelli di comunicazione politica: due modelli che non possono essere trattati allo stesso modo perché “presentano caratteristiche ontologicamente distinte” . Nelle trasmissioni di comunicazione politica, le famose tribune elettorali, è infatti “il politico stesso che accede al mezzo” per consentire “un’espressione diretta” delle sue opinioni: è quindi legittimo, oltre che necessario, pesare equamente tempi e programmi televisivi. apparenze. Ciò, però, non potrebbe essere fatto nelle trasmissioni di informazione, dove la politica viene raccontata “attraverso la mediazione giornalistica, sulla base della propria sensibilità editoriale”, scrive la Rai. Il sottotesto è chiaro: durante i colloqui è impossibile pesare gli ospiti con una bilancia. Devono poter continuare a fare quello che hanno fatto finora: riempire i programmi di voci al servizio del governo.

No alla parità di tempo per tutti i partiti

Un errore di impostazione da cui, per Viale Mazzini, deriverebbe quello ancora più grave dalla centralità assegnata dall’Agcom a “parametri squisitamente quantitativi come il tempo di parola, il tempo di antenna e gli ascolti” misurati trasmissione per trasmissione, senza tenere conto “della spazi assegnati alle singole forze politiche all’interno della programmazione” di ciascun quotidiano. Sarebbe stato poi più corretto calcolare la presenza quotidiana dei politici sull’intera rete, così da garantire una maggiore facilità di manovra. Un criterio che, per la Rai, contrasterebbe tra l’altro con lo spirito della legge sulla parità di condizioni: “Nelle intenzioni del legislatore”, prosegue il capo dei legali della società, “la valutazione dell’Autorità dovrebbe essere finalizzata a verificare la proporzionalità e la congruità di tale presenza rispetto allo scopo informativo perseguito”. Che cosa significhi è chiaro: Fratelli d’Italia, che nei sondaggi pesa intorno al 28%, non può avere lo stesso spazio della Lega che è all’8° o dell’Action che vale il 4°. E lo stesso vale per le forze governative e l’opposizione.

Valutazione qualitativa

Pertanto “il criterio più adeguato” che l’Agcom avrebbe dovuto utilizzare è quello che la giustizia amministrativa definisce “qualitativo” e che consiste nel valutare “caso per caso” una serie di elementi, elencati dalla Rai su decisione del Consiglio di Stato: il tipologia di programma, le modalità di confezionamento dell’informazione, il comportamento dei giornalisti, l’apertura del dibattito a diversi punti di vista e la rappresentanza di opinioni politiche plurali. Al contrario, l’Autorità ha proposto un “criterio rigidamente aritmetico” basato sul tempo di parola assegnato a ciascuna forza politica, più semplice da applicare ma a scapito della completezza dell’informazione e avulso dalla realtà. Scrive infatti Viale Mazzini: “L’approccio seguito sembra consistere in una valutazione del pluralismo attraverso il conteggio della presenza di soggetti politici “decontestualizzati” e finalizzati esclusivamente a rendere conoscibili le loro posizioni”.

Le correzioni

Allo stato attuale le norme dell’AgCom sono quindi inapplicabili: la delibera, incalza la televisione pubblica, va corretta. Interpretare il criterio della presenza dei politici in senso qualitativo, pena la trasformazione dei colloqui in una serie infinita di piattaforme elettorali. Oltre a confermare l’analisi effettuata dall’Osservatorio di Pavia, allegata alla lettera dell’Ufficio legale Rai.

 
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