“La Nove vuole essere come l’inizio di Canale 5” – .

Una lezione televisiva da Carlo Freccero. Su Fanpage.it, partendo dal suo intervento nel docufilm “Il Giovane Berlusconi”, si è parlato della sua filosofia di programmazione, delle dinamiche politiche che influenzano il servizio pubblico: “La Rai ha perso come tv generalista con la riforma Renzi”. E sulla costruzione del terzo polo: “La Nove ha già rotto il duopolio. Vuole essere come l’inizio di Canale 5. Informazioni? Complicherebbe l’architettura di rete. Meglio concentrarsi sullo sport”.

Esiste un profilo migliore di Carlo Freccero parlare di televisione? Risposta: no. Partendo dal suo intervento nel docufilm Netflix “The Young Berlusconi”, abbiamo parlato della sua filosofia di programmazione, sempre ispirata alla lezione di McLuhan, più attuale che mai: Il mezzo è il messaggio. Una lezione che anche il gruppo deve conoscere bene Scoperta della Warner Brospronto a partire con il suo nuovo polo televisivo in cui Freccero recensisce le tappe della nascita di Canale 5: «La Nove vuole essere come l’inizio di Canale 5 e quindi vuole pensare solo all’intrattenimento e alla pubblicità. Informazione? Complicherebbe l’architettura della rete. Meglio puntare sull’informazione sportiva, avendo già Eurosport”.strategia di gruppo: «Costruire una piattaforma televisiva generalista in attesa del futuro: la possibile privatizzazione di una rete Rai, per esempio. Saranno pronti”. La conversazione tocca anche argomenti caldi come dinamiche politiche che influenzano la televisione pubblica: “La Rai ha perso la possibilità di valorizzarsi sul piano mediatico, come televisione generalista, con la riforma Renzi che ne ha radicalmente stravolto la funzione”.

“Non è stato il mio giudizio critico che mi è piaciuto. Non avrei dovuto esistere. Per me contavano solo quei piccoli numeri”. Lo dice Freccero su “Il Giovane Berlusconi” a proposito dei dati di ascolto e del suo primo incontro con le logiche della televisione commerciale.

Vorrei subito chiarire un punto che forse il documentario non approfondisce. Sono stato contattato nel 1979 per ordinare il catalogo Titanus per la mia esperienza cinefilo (Avevo curato una rassegna nazionale del direttore Raffaello Matarazzo con Tatti Sanguineti, Mimmo Lombezzi, Adriano Aprà, Aldo Grasso e altri prestigiosi critici), ma fui messo sotto contratto dalla Fininvest perché avevo suggerito un utilizzo televisivo del catalogo stesso.

Enrico Mentana da Fazio al CTCF: “Realizzo il sogno di chi mi vuole sul NOVE. Finirò la tabellina”

Come?

Dividendolo per genere e programmando i generi nel palinsesto settimanale e giornaliero, ho dato ai film che non potevano essere programmati individualmente in TV una sorta di serialità volta a fidelizzare gli appassionati di gialli, film polari, commedie sentimentali e così via. il network. Cosa significa? Che da studioso dei media e non solo da appassionato di cinema, ho sempre fatto precedere le mie scelte operative da un’analisi del mezzo. Sono sempre stato fedele al motto di McLuhan: il mezzo è il messaggio e sono sempre stato molto chiaro sulle differenze dei media. La consapevolezza della differenza cinema/televisione mi ha permesso di entrare nel dibattito mediatico francese ai tempi del Cinq. Godard è venuto a trovarmi inaspettatamente in ufficio per discutere di film colonizzati. Ma fin dalle origini del mio lavoro alla nascita di Canale 5, avevo ben chiaro che per avere successo era necessario lavorare sulle differenze tra servizio pubblico e televisione commerciale generalista. A questo proposito ho scritto su Il Manifesto nel 1983 il saggio “La televisione, valore d’uso e valore di scambio” (poi contestato da Rossanda), che allora fu un punto fermo della critica televisiva, anche se la fonte spesso non veniva citata.

Per esempio?

Lavorare sulle differenze mediali è l’unico metodo di programmazione che, secondo me, può avere un senso. Non è un caso che nel mio libro “Televisione” scrivo che non bisogna parlare di televisione, ma di televisori, perché i cambiamenti intervenuti nel mezzo nel corso degli anni (introduzione del telecomando, moltiplicazione delle reti, rilevazione dell’audience, integrazione multimediale ) renderli media diversi . Lavorare sulle differenze specifiche è essenziale per ottenere risultati. Un cavatappi è un ottimo strumento per togliere i tappi dalle bottiglie, ma non funziona come un martello. Ogni rete ha la sua vocazione, non pratica, ma mediatica.

“La Rai ha perso l’occasione di valorizzarsi con la riforma Renzi”

Per quanto riguarda l’attualità vi chiederei dell’uscita di Amadeus dalla Rai ma prima vi chiederei di questo clima che circonda l’uscita dal servizio pubblico del conduttore. Se questo clima, questo esodo da Fazio in poi, sia frutto di una narrazione strumentale per attaccare il Governo o se effettivamente ci sia una presenza invasiva. Insomma, Freccero, ti chiedo: TeleMeloni esiste oppure no?

Dare un’interpretazione politica, o meglio di parte, di un problema strutturale non mi sembra una buona idea. Il saggio indica la Luna, ma il mainstream guarda il suo dito. Il problema non è Amadeus o le scelte contingenti, ma la riforma Rai che di fatto ne ha decretato la fine. La Rai ha perso la possibilità di valorizzarsi a livello mediatico, come televisione generalista, con la riforma Renzi che ne ha stravolto radicalmente la funzione. La causa non è da ricercarsi nel governo di oggi o nei governi precedenti o successivi, ma riguarda la sua attuale funzione. Con quest’ultima riforma la Rai, che già dipendeva dal Parlamento e, quindi, dalla politica in senso lato, passa alla dipendenza diretta del Governo. E non è la stessa cosa. Ma questa visione della Rai alle dipendenze del governo non può che generare propaganda. Il primo collegamento che suggerisce è con i regimi totalitari in cui la comunicazione è interamente asservita alla propaganda. Si stupisce quindi che la riforma Renzi sia passata sotto silenzio mentre oggi se ne criticano le reali ricadute. In pratica il La critica televisiva passa da mediologica a partigiana. L’opposizione non critica la sottomissione del governo. Vorrebbe semplicemente riconquistare la propaganda a suo favore. Tutto questo a discapito dell’audience che è il sistema di riferimento di ogni televisione generalista. La Rai è in crisi perché i programmi che funzionano vengono repressi a favore di trasmissioni ideologicamente orientate. I professionisti che lavorano sui risultati di audience, prodotto e risorse pubblicitarie sono, ormai, poco “utilizzabili” dal Sistema (potremmo dire incompatibili con il Sistema). Sono sempre stato un difensore del Servizio Pubblico quando pensavo che potesse diffondere un’informazione indipendente, o almeno pluralista. Innanzitutto la Rai, in quanto residuo del servizio pubblico europeo basato sul capitale culturale, ha perso da tempo la sua giustificazione con la scomparsa del capitale culturale stesso. La successiva giustificazione come fonte d’informazione indipendente è stata cancellata dalla riforma del governo di centrosinistra Renzi. Di fronte alla televisione come propaganda, è ancora preferibile una TV che sviluppi le sue potenzialità mediali ed esplori la multimedialità.

Carlo Freccero nel 2001, allora direttore di Rai2, intervistato da Piero Chiambretti.

“La Nove ha già minato il duopolio Rai-Mediaset”

A proposito di questo, a che punto è Discovery con la costruzione del Terzo Polo TV?

Discovery ha già minato, almeno potenzialmente, la logica del duopolio Rai-Mediaset per una serie di ragioni a suo favore. La televisione, nata localmente, oggi si trova sempre più a dover fare i conti con la globalizzazione. Discovery è l’espressione locale di una potenza multimediale come Warner, e questa multimedialità ne rappresenta il secondo punto di forza. Se poi torniamo alla Rai e alla sua dipendenza dal governo italiano, questa non può che essere una limitazione che limita l’audience a una sorta di gossip nazionale. Tutto va letto in questa chiave. Se pensiamo che Amadeus è stato multato a Sanremo per pubblicità occulta su Instagram, comprendiamo la limitazione del dibattito (siamo ancora analogici?). Oggi l’interazione con i social rappresenta il futuro della televisione generalista.

E le informazioni? Si parla dell’acquisto del quotidiano La7.

Le informazioni complicherebbero l’architettura della rete. La Nove vuole essere come l’inizio di Canale 5 e quindi vuole puntare solo sull’intrattenimento e sulla pubblicità. Forse bisognerebbe dare priorità all’informazione sportiva. Discovery ha il passaporto in regola con Eurosport e visto che Amazon vuole comprare tanto calcio, sicuramente assisterete ad una battaglia molto forte.

Ma Nove può diventare lo sgabello dell’opposizione?

No, Nove non è interessato a questo. Fazio ha un pubblico che rappresenta l’area culturale del pensiero progressista politicamente corretto. Sapevano che prendendolo si sarebbero portati via un pubblico sicuro. Gli americani l’hanno preso come se fosse un blocco, ma le informazioni di Fazio non gli interessano. Non aderiscono alla filosofia di Fazio, aderiscono al successo di Fazio. Per ora vogliono solo costruire una grande piattaforma televisiva generalista, in attesa di sorprese.

Su Fazio: “Gli americani l’hanno presa come se fosse un blocco, ma a loro non interessano le informazioni di Fazio. Non aderiscono alla filosofia di Fazio, aderiscono al successo di Fazio”.

Che tipo di sorprese?

Se si privatizza una rete Rai, ad esempio, ci arrivano subito. Se la rete del Cairo fallisce, arriveranno subito. Sanno che la tv generalista avrà un futuro e aspettano il futuro. Per questo stanno costruendo un polo di attrazione con programmi sicuri: Crozza con la satira che ottiene il 6% di ascolto e ha un vasto pubblico sul web; Fazio che guadagna il 10% e ha un vasto pubblico sul web. Adesso c’è Amadeus. Farà una striscia orizzontale e realizzerà un programma che avrà moltissimo pubblico sui social. Mi hanno detto che hanno già il format pronto per lui. Amadeus sa mescolare tradizione e novità, è il migliore di tutti. Ma tornando ai Nove, vanno in blocchi ed è per questo che vi dico che il blocco delle informazioni è prematuro. Se proprio dovessero prendere un altro blocco, interesserebbero di più quello Fagnani.

Tornando a quanto diceva prima, serve qualcuno che sappia far dialogare i due mezzi più importanti: la tv e internet.

Esatto. Per questo dico che sulla questione informazione di La7 forse qualcuno ci gioca a fare strategie, ad aumentare lo stipendio (che forse Cairo ha il braccio corto).

In chiusura, il ritorno al servizio pubblico: che problema ha la destra con la progettazione e l’organizzazione della cultura? Qual è il tuo problema con la televisione?

Il motivo è semplice. La priorità era riempire i posti, sulla televisione non hanno ancora lavorato. Hanno nascosto l’informazione, questo è l’errore. Ora dobbiamo aspettare cosa accadrà ora con la nuova ristrutturazione. Erano sopraffatti dal desiderio di occupare tutto. È un problema di carattere degli uomini, non di filosofie. Hanno le persone, ma non i leader. Questo è il grosso problema. Berlusconi, ad esempio, ha usato persone che non erano Berlusconi per fare quello che ha fatto.

 
For Latest Updates Follow us on Google News
 

NEXT Per la prima volta gli ascolti Mediaset superano quelli Rai, ma attenzione a Discovery – .