È morto Bernard Pivot, addio all’uomo dei libri in tv – .

È morto Bernard Pivot, addio all’uomo dei libri in tv – .
È morto Bernard Pivot, addio all’uomo dei libri in tv – .

Ha fatto venire voglia di leggere a milioni di francesi e di lettori dei paesi francofoni. Ha saputo parlare dei libri che amava con passione e modestia. Bernard Pivot era un gran gentiluomo. Fedele, curioso di tutto, amante del buon vino e del calcio, non ha mai smesso di leggere. La sua trasmissione, Apostrofi, è considerata ancora oggi uno dei migliori esempi di televisione pubblica. Da ieri, dopo la sua morte a 89 anni vicino Parigi, generazioni di lettori lo piangono, perché anche se si era ritirato dalla vita pubblica, le sue trasmissioni circolano spesso sui social.

Era in grado di intrattenersi con Margherita Yourcenar O Nabokov con la stessa disinvoltura con cui chiacchierava con un giovane romanziere sconosciuto. Non aveva pregiudizi e offriva un’opportunità a chi se la meritava. L’ho incontrato per la prima volta come ospite nel suo programma. La notte prima non ero riuscita a dormire, per la gioia di essere stata invitata da un uomo così importante. I libri di cui parlava spesso vedevano vendite alle stelle.

Più tardi, quando mi sono iscritto alAccademia Goncourt, mi salutò con una battuta. Poi la nostra amicizia si è consolidata, poco a poco. Ha letto molto per il premio Goncourt, e questo ha costretto gli altri nove membri della giuria a stargli dietro. Era sempre attento al pubblico, al grande pubblico. Ha votato per i buoni romanzi, dando la preferenza a quelli che avrebbero avuto un grande successo popolare.

Si definiva a giornalista, non uno scrittore, anche se avesse scritto libri sulla lingua francese, sull’amore per le parole, sul piacere della lettura. Ma alla fine della vita dedicò i suoi ultimi scritti: la malattia, la vecchiaia, la perdita del gusto per le cose belle. Non aveva paura della morte, ma della “malattia che attentava alla sua indipendenza”, come mi disse: le gambe che non gli obbedivano più, la mente che non riusciva a concentrarsi, questa era la morte.

La sua trasmissione più insolita è stata quella a cui si è dedicato interamente Nabokov, che aveva preparato le sue risposte e le stava leggendo mentre beveva whisky da una teiera. L’altro era quello con il poeta americano Bukowski, che era ubriaco e delirante, attaccato alla bottiglia come un vagabondo; Bukowski lasciò lo studio e la trasmissione continuò come se nulla fosse successo.

Ha dedicato alcuni numeri speciali della sua trasmissione a grandi scrittori come Margherita Duras, Umberto Eco, Georges Simenon, Solzhenitsyn, Albert Cohen e così via. Ha ospitato anche politici come François Mitterrand e agli attori piace Alain Delon O Jean-Paul Belmondo.

Da spirito libero quale era, non provava alcuna attrazione per premi o medaglie (aveva rifiutato più volte la Legione d’Onore): Pivot era un uomo del popolo, nel senso nobile del termine. Era goloso di cose belle, di un buon piatto della cucina familiare lionese e dell’amore per le donne.

Amava giocare con le parole e l’umorismo. Il giorno in cui entrai all’Académie Goncourt, insieme allo scrittore Patrick Rambaud, famoso per aver scritto libri altrui (un ghostwriter, insomma, che in francese si chiama “negro”), Bernard ci accoglie con queste parole: «Vedete che l’Académie Goncourt non è razzista, ha introdotto allo stesso tempo volta un arabo e un uomo di colore!’

La sua popolarità crebbe ancora di più quando organizzò dettati in tutta la Francia. Questa tradizione da lui inaugurata continua ancora oggi. Fu un uomo che rese alla cultura e alla letteratura un servizio incommensurabile, molto più di tutti i ministri della Cultura messi insieme. Anche se ora era in pensione, ha iniziato a twittare un giorno e aveva più di un milione di follower. Nel 2013 ha pubblicato una raccolta dei suoi tweet dal titolo Les tweets sont des chats (I tweet sono gatti) perché i gatti se ne vanno senza fare rumore. Nel 2011 ha pubblicato Les mots de ma vie (Le parole della mia vita), per Albin Michel.

Me lo ha firmato con questa dedica: «Le parole della mia vita, alle quali aggiungo in vostro onore le parole “piacere” (per includervi al montepremi del Goncourt) e “affetto”».

Traduzione di Fabio Galimberti

 
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