I seggi sono aperti fino alle 20:00 – .

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I pannelli metallici per affiggere i manifesti elettorali sono rimasti sui marciapiedi di Parigi dalle elezioni europee del 9 giugno. Giusto il tempo per staccare i manifesti con le liste per Bruxelles e sostituirli con i volti dei candidati all’Assemblée Nationale. Molti pannelli, tra l’altro, sono rimasti vuoti: troppo poco tempo per stampare i manifesti. Tre settimane, una campagna lampo, per un voto “storico”: almeno su questo sono tutti d’accordo. Del resto, la Francia non è mai apparsa così disorientata e febbrile, e i seggi elettorali aperti ieri nei territori d’oltremare per il primo turno delle elezioni politiche sono stati accolti con una sorta di sollievo generale.

Elezioni in Francia, chi sono i candidati: da Bardella a Glucksmann, i volti del post-Macron

URNE APERTE

I primi dati che arrivano dalle Antille, dalla Guyana o dalla Polinesia confermano quanto i sondaggi dicono quasi da subito, che i francesi sono decisi a dire la loro in massa ai seggi in queste elezioni anticipate decise dal presidente Macron dopo la sconfitta delle europee. Un indicatore minuscolo rispetto ai 49 milioni iscritti alle liste elettorali: 450 mila francesi iscritti alle liste all’estero hanno votato online, nel 2022 erano 250 mila. L’affluenza sarà da record, assicurano tutti i sondaggi, supererà forse il 64-65 per cento, fino a sedici punti rispetto a due anni fa. Chi ne trarrà vantaggio? Jordan Bardella, candidato primo ministro del Rassemblement National, che si prepara a infrangere il soffitto di cristallo che impedisce all’estrema destra di arrivare al potere in Francia da mezzo secolo?

LA LOTTA

Il partito erede del Front National di Jean-Marie Le Pen, guidato a distanza dalla figlia Marine che guarda più in alto, all’Eliseo nel 2027, ripete di essere «pronto». Bardella ha chiesto la maggioranza assoluta per governare: almeno 289 deputati per formare un governo unico blu scuro (con l’apporto dei gollisti dell’ala dura di Eric Ciotti). Ma la mobilitazione potrebbe anche indicare il famoso «sussulto» chiesto da Macron quando ha annunciato la decisione – sorprendente e ancora di difficile interpretazione per molti – di sciogliere l’Assemblea. In questo caso i sondaggi potrebbero aver sottostimato la capacità di resistenza dello schieramento macroniano, fino all’ultimo schiacciato sotto il venti per cento, risultato che potrebbe tradursi in un dimezzamento degli attuali deputati. La campagna ha lasciato divisioni e qualche maceria nella coalizione del presidente. Gli analisti spiazzati dalla decisione di Macron (non per la prima volta) si sono affrettati a decretare la «fine del macronismo».

I leader dei diversi movimenti che hanno composto la “nebulosa” Macron negli ultimi anni hanno approfittato di queste tre settimane per riconquistare la libertà di movimento, anche se per ora restano insieme nel blocco di centro: l’ex primo ministro Edouard Philippe, il ministro degli Interni uscente Darmanin dell’Economia Le Maire, più a sinistra l’ex ministro degli Affari europei Clément Beaune, anche il primo ministro uscente e candidato primo ministro Gabriel Attal. Macron non sembra intenzionato a cedere il timone. Ha negato di volersi dimettere anche in caso di un altro disconoscimento alle urne. Domani ha già convocato all’Eliseo i ministri e i primi ministri per decidere il da farsi per il ballottaggio. Domani si aprirà una nuova campagna elettorale, che porterà al ballottaggio tra una settimana. Si tratterà di decidere la linea: se provare ad alzare l’argine nei confronti dell’estrema destra, anche a costo di accordi di desistenza con il Front Populaire della sinistra, che comprende al suo interno i radicali (non esenti da accuse di anti -parlamentismo, antisemitismo e populismo) della France Insoumise. Potrebbe trarre vantaggio dalla mobilitazione anche il blocco unico della sinistra, un’ampia alleanza che spazia dai socialdemocratici come François Hollande, passando per i verdi, i comunisti fino al tribuno Jean-Luc Mélenchon: secondo i sondaggi sono al 28-29 per cento , almeno cinque punti in più rispetto al 2022. Non hanno ancora espresso un candidato primo ministro ma potrebbero sperare di costruire un’alleanza con l’ala sinistra dei macroniani. Queste tre settimane di campagna elettorale non solo hanno visto una ricomposizione, seppure accelerata e forse precaria, del panorama politico francese, ma hanno anche alzato la tensione nel Paese.

ALTA TENSIONE

Diversi candidati sono stati aggrediti sul campo, in un contesto di antagonismo tra i tre blocchi che si accusano a vicenda di violenza. Ieri a Nanterre, capitale della periferia occidentale di Parigi, una marcia silenziosa ha riunito un migliaio di persone in ricordo di Nahel. Un anno fa il diciassettenne venne ucciso da un poliziotto perché guidava un’auto senza patente. Poi è scoppiata nelle periferie francesi la rivolta più grave dal 2005. I servizi di sicurezza sono stati nuovamente mobilitati. I risultati di stasera o quelli dei ballottaggi tra una settimana potrebbero essere la nuova miccia. E tra meno di un mese inizieranno le Olimpiadi.

 
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