nessun taglio dei tassi, l’inflazione americana torna a farsi sentire. La frase di Powell infiamma Wall Street ma solo per poco tempo – .

Niente di fatto sui tassi da parte della Fed, la banca centrale americana da cui è guidata Jerome Powell:

con il progresso dell’inflazione non raggiunto, la Federal Reserve ha lasciato ancora una volta invariati i tassi dei Fed Funds nel range compreso tra il 5,25% ed il 5,5%, ai massimi livelli da oltre 20 anni.

L’annuncio sui tassi da parte della Fed è arrivato ieri, mercoledì 1 maggio, al termine della riunione di politica monetaria del FOMC, il braccio di politica monetaria della banca centrale americanache ha avuto inizio mercoledì 30 aprile.

Fed, Powell incendia Wall Street: improbabile un altro rialzo dei tassi

La buona notizia emersa da quest’ultimo incontro della Fed è che, nonostante chi recentemente avesse paventato il rischio che la Fed fosse costretta non solo a rinviare i tagli, ma addirittura a ricominciare ad alzare i tassi, a causa del L’inflazione americana è ancora troppo tenace, Powell rassicura i mercati:

Credo che sia improbabile che la prossima mossa sui tassi sarà un rialzo dei tassi. Direi che è improbabile.”ha detto il capo della Federal Reserve.

Il rischio di un nuovo rialzo dei tassi, ha chiarito il timoniere della Fed, si presenterebbe se ci fossero “prove evidenti che la nostra politica monetaria non è sufficientemente restrittivo da poter riportare l’inflazione al target del 2% in modo sostenibile. Ma non è quello che pensiamo stia succedendo”.

Un sospiro di sollievo, visto che da tempo i mercati erano alle prese con il dubbio cocente che si potesse rialzare nuovamente i tassi americani, sia a causa di alcuni dichiarazioni fatte da Powell, che per alcuni numeri sono arrivati ​​dal fronte macroeconomico, quali ha confermato la sofferenza della tendenza al rialzo dei prezzi negli Stati Uniti.

Il timore di una Fed più refrattaria al taglio dei tassi aveva congelato Wall Street più voltemettendo in discussione gli stessi segnali lanciati da diagramma a punti della banca centrale.

Si è parlato addirittura del rischio di una nuova stretta monetaria alcuni degli stessi funzionari della Fed.

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Eppure per ora Powell ha detto di ritenere che la prossima mossa della Fed non dovrebbe essere una stretta monetaria.

Sono bastate queste parole per far schizzare alle stelle Wall Street: nei massimi intraday della seduta di ieri, il Dow Jones è balzato a più di 530 punti, l’S&P 500 è balzato dell’1,2% e il Nasdaq Composite è balzato di oltre l’1,7%.

Il rally del mercato azionario statunitense si sgonfia alla fine. Altre citazioni di Powell sull’inflazione

Alla fine, però, la fiammata degli indici azionari statunitensi si è spenta:

il Dow Jones ha chiuso le contrattazioni in rialzo di soli 87,37 punti (+0,23%), a 37.903,29 punti, lo S&P 500 ha addirittura chiuso in negativo, con una perdita dello 0,34% a 5.018,39 punti, mentre il Nasdaq Composite ha perso alla fine lo 0,33% a 15.605,48.

La ragione?

Per ora, il numero uno della Fed Jerome Powell ha dovuto ammetterlo “la mancanza di progressi” nell’inflazione statunitense che, come dimostrano gli ultimi dati macro, non ha ancora raggiunto in modo sostenibile il tasso di crescita annuo del 2%, che rappresenta l’obiettivo a cui punta la Federal Reserve.

Nessun aumento dei tassi di interesse in vista, quindi, ma nemmeno tagli, almeno per il momento. E questo perché, come ha spiegato Powell, “dall’inizio di quest’anno, i dati non ci danno maggiore fiducia” sul fatto che l’inflazione stia seguendo il percorso auspicato dalla Fed.

La frase che infiammò i mercati fu, tra le altre, la seguente:

“È probabile che ottenga una fiducia così maggiore richiede più tempo del previsto,” Powell ha ammesso, aggiungendo che “siamo pronti a mantenere i tassi al livello attuale finché lo riterremo opportuno” e “per un periodo di tempo più lungo”.

In breve, il banchiere centrale ha confermato l’altro timore dei mercati, riassunto nell’espressione “più alto più a lungo”vale a dire “tariffe più elevate per un periodo di tempo più lungo”.

Le preoccupazioni impresse nel documento sono ancora più esplicite seguente dichiarazione di Powell:

L’inflazione è ancora troppo alta. Ulteriori progressi nel farla scendere non sono garantiti e il cammino, andando avanti, è incerto”.

Il banchiere centrale lo ha ribadito le decisioni sulle tariffe verranno prese “da una riunione all’altra” e che “le prospettive dell’economia sono incerte”.

Powell ha praticamente sottolineato quanto emerso nel comunicato con cui la Federal Reserve ha annunciato la sua decisione sui tassi, e cioè quello “La Commissione non ritiene opportuno ridurre il range” entro il quale i tassi oscilleranno “fino a quando non avrà acquisito maggiore fiducia che l’inflazione si sta muovendo in modo sostenibile verso il 2%”.

Non solo tariffe. La Fed annuncia notizie sul rafforzamento quantitativo

Attenzione sono emerse novità in merito al piano di Quantitive Tightening che la Fed continua a perseguire, riducendo le sue partecipazioni in titoli del Tesoro e asset garantiti da ipoteca.

Nel confermare che le vendite di titoli del Tesoro e altri asset continuano, la Fed ha annunciato che, a partire da giugno, la Commissione rallenterà il ritmo mensile delle dismissioni delle sue partecipazioni da 60 a 25 miliardi di dollari. Ottime notizie per la liquidità circolante nel sistema finanziario americano.

Va detto, infatti, che, fino ad oggi, Ogni mese la Fed fa scadere 60 miliardi di dollari di titoli del Tesoro come parte del suo programma di rafforzamento quantitativo.continuando così a sfoltire il suo mostruoso bilancio, intasato di titoli di Stato precedentemente acquistati con il QE-Quantitative easing.

Un articolo della CNN ci ricorda che QT lo è un altro strumento a disposizione della Fed per combattere l’inflazione:

con la sua applicazione, la banca centrale americana assorbe infatti la quantità di moneta presente nel sistema bancariocreando una situazione caratterizzata da tassi più alti e condizioni monetarie più restrittive.

Detto questo, l’ultima volta che la Fed ha lanciato il QT, nel 2019, molte banche americane si trovarono improvvisamente a corto di riserve. E basta questo per farci capire l’importanza della mossa di ieri, con la quale la Fed ha praticamente più che dimezzato il ritmo del Quantitative Tightening:

ottime notizie per le obbligazioni, come avevano anticipato alla CNN gli analisti di Evercore ISI Krishna Guha e Marco Casiraghi, riferendosi alla possibilità di un allentamento del Quantitative Tightening, essenzialmente per “rastremazione del piano QT”cosa che effettivamente è accaduta.

Tassi Fed, Gundlach: un solo taglio nel 2024

Tornando alla direzione che potrebbero prendere i tassi americani a questo punto del 2024 dopo quanto emerso dalla riunione del FOMC, è arrivato nelle ultime ore un commento da parte di Jeffrey Gundlach, amministratore delegato di DoubleLine Capitalche ha detto di credere alla Fed, quest’anno, taglierà i tassi solo una volta.

Intervistato dalla CNBC nel corso del programma “Closing Bell”, Gundlach ha detto di non credere che il taglio dei tassi americani arriverà a giugno.

Da parte sua Eric Winograd, direttore della divisione di ricerca economica sui mercati avanzati di AllianceBernstein, ha sottolineato alla CNBC che l’enfasi di Powell sul fatto che la prossima mossa della Fed probabilmente non sarà un aumento dei tassi “dovrebbe calmare i mercati finanziari”.

Winograd, tuttavia, ha notato la persistenza di ciò che è diventato, a suo avviso il “mantra della Fed”, cioè tassi “più alti più a lungo”.

Abbiamo superato la fase dei “tassi più alti”. e ora ci troviamo in quella situazione “per un periodo di tempo più lungo”, a meno che non avvenga qualche cambiamento drammatico”.

Prestare attenzione anche al commento di James Knightley, capo economista globale di ING e Padhraic Garvey e Chris Turner, anche loro di INGil quale, in una nota dedicata alle decisioni della Fed di ieri, scrive che, al momento, “i mercati scontano con bassa probabilità un intervento che avverrà alla prossima riunione del FOMC del 12 giugno, tagli di 16 punti base entro settembre e di 35 punti base entro dicembre (in quest’ultimo caso la probabilità era di tagli dei tassi inferiori a 30 punti base prima della conferenza stampa di Powell di ieri)”.

Gli esperti di ING hanno notato il “cambiamento significativo, se lo consideriamo solo tre mesi fa il mercato scontava pienamente i tagli dei tassi statunitensi di 150 punti base, nel corso di quest’anno, a partire dalla riunione del FOMC di marzo”.

In questa situazione, hanno detto da ING, “crediamo che la prima mossa arriverà alla riunione del FOMC di settembre, seguito da due ulteriori tagli a novembre e dicembre, rispetto alle stime di consenso, che prevedono tagli di 50 punti base nel corso di quest’anno”.

È arrivato anche un commento sulla Fed Gabriel Debach, analista di mercato presso eToro il quale, riferendosi a ieri, ha scritto che, “in una giornata orfana per i mercati azionari europei, il momento clou è stato l’atteso incontro della Fed, in cui la banca centrale ha mantenuto invariato il tasso dei fondi federali, al livello più basso degli ultimi 23 anni. “

“Nonostante la mancanza di progressi futuri nella riduzione dell’inflazione al target del 2%, anche la Fed ha annunciato un rallentamento nella riduzione del proprio bilancio, passando da 60 miliardi di dollari a 25 miliardi di dollari in obbligazioni in scadenza. Una mossa che potrebbe essere un necessario precursore di eventuali futuri tagli dei tassi di interesse, ma non garantisce che tali riduzioni avvengano nel breve termine. Allo stesso tempo, probabilmente non sarebbe successo se la Fed avesse ancora pensato ad aumentare i tassi di interesse. E proprio questo dubbio fu risolto da Jerome Powell, nel suo intervento, nel quale ha sottolineato l’attuale adeguatezza del livello di restrizione monetaria”.

Debach ha continuato, osservando che “Powell mette le cose in chiaro anche sul concetto di stagflazione: No Stag, no flation. Secondo Powell, l’attuale scenario economico non riflette le condizioni di una vera stagflazione, storicamente caratterizzata da elevata disoccupazione, elevata inflazione e crescita economica stagnante o negativa”.

Il presidente della Fed, ha ricordato l’analista di eToro, “lo sottolinea con una crescita del PIL del 3% e un’inflazione inferiore al 3%, le condizioni attuali sono lontane da quelle della stagflazione, riducendo così le preoccupazioni e le narrazioni più pessimistiche che circolano”.

In brevealla fine la Fed dovrà tagliare i tassi, anche se certamente non ai ritmi di quanto prezzato e soprattutto auspicato dai mercati fino a qualche mese fa.

 
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