siamo a giugno e tutto potrebbe ancora cambiare (…forse) – Fiscal Focus – .

siamo a giugno e tutto potrebbe ancora cambiare (…forse) – Fiscal Focus – .
siamo a giugno e tutto potrebbe ancora cambiare (…forse) – Fiscal Focus – .
Nuvole nere si addensano nel cielo fiscale, mentre prende forma quella che potrebbe essere l’ennesima tempesta inaspettata. Non sono bastati la flat tax incrementale per l’anno 2023 (per alcuni) e il concordato preventivo (per altri), con la necessità di calcolare – in presenza di entrambi – il saldo, il primo acconto e il secondo acconto in tre modi diversi. Non è bastata nemmeno la continua danza delle date di trasmissione telematica delle dichiarazioni, prevista dal decreto legislativo. 1/2024 al 30 settembre e poi spostato al 15 ottobre dal D.lgs. 13/2024. Ad oggi, infatti, non solo tutto resta in gran parte indefinito (vedi modalità di formulazione e tecnicismi di richiesta e attuazione della proposta di accordo), ma tutto potrebbe ancora cambiare.

Proviamo a mettere insieme quanto emerso finora, tra interviste e indiscrezioni, come sempre con occhio critico. Intendiamoci, non si tratta di criticare ad ogni costo, ma piuttosto di denunciare le anticipazioni, accompagnandole con le dovute considerazioni. Considerazioni che appaiono di un’ovvietà disarmante, a condizione che si viva la quotidianità dello studio, che troppo spesso sembra essere del tutto sconosciuta. Considerazioni che invece dovrebbero essere oggetto della massima attenzione, e non per compiacere questa o quella categoria, ma semplicemente prendendo atto del fatto che sono i professionisti del settore a fungere da “interpreti” delle questioni fiscali, rendendo così un servizio non solo ai propri clienti, ma anche, in qualche modo, alla stessa amministrazione finanziaria.

Entriamo quindi nel dettaglio delle anteprime:

  • Prima modifica allo studio: “beh” 15 giorni in più per inviare le dichiarazioni.

La scadenza non sarebbe più il 15 ottobre, ma il 31 ottobre. Attenzione però: sembrerebbe che questi giorni aggiuntivi possano essere concessi solo a chi aderisce al CPB. Non un solo termine di trasmissione telematica, dunque, ma due. Ebbene, ci chiediamo: quali conseguenze “terribili” potrebbero portare tutto all’uniformità, soprattutto perché l’anno scorso la scadenza era il 30 novembre? Francamente, chi scrive deve prendere atto dei suoi evidenti limiti, non riuscendo a trovare una risposta razionale a questa domanda.

  • Seconda modifica allo studio: possibilità, per chi può pagare il 31 luglio senza maggiorazione, di pagare il 31 agosto (sabato) e poi lunedì 2 settembre.

Da questo punto di vista non ci resta che sperare che l’attesa trovi riscontro, e non solo per chi deve “maneggiare” quotidianamente il sistema fiscale sulla propria scrivania. Infatti, un panorama così confuso e convulso, dove la scadenza finale resta quella attuale del 31 luglio, comporterebbe non solo un enorme sforzo da parte degli addetti ai lavori, ma anche, senza dubbio, la necessità di “ridurre” i tempi compiti il ​​più possibile. Da qui, non è difficile immaginare che il primo aspetto da accantonare sarebbe quello dell’accordo, per il quale, si ripete, occorrerà molto più tempo, anche più di quello concesso se tali modifiche venissero effettivamente accolte la legge. In altre parole, concedere più tempo significa anche concedere maggiori probabilità che il CPB non venga ignorato.

  • Terza novità allo studio: rivoluzionare le modalità di calcolo del secondo anticipo in caso di adesione al CPB.

Sì, avete letto bene: rivoluzionare, perché non è quella che – sempre a parere di chi scrive – sarebbe l’unica proposta sensata, cioè fare un passo indietro e abbandonare il calcolo dell’acconto, anche quello di novembre, invariato rispetto agli anni precedenti (storico dei ricavi 2023, o previsione), indipendentemente dall’accordo. No, quello che si sta studiando dipinge un quadro ancora più complesso di quello che già prevede la legge attualmente. Ricordiamo che, ad oggi, il secondo o unico acconto, in caso di adesione all’accordo, dovrà essere calcolato “sostituendo” l’effettivo reddito d’impresa o di lavoro autonomo dichiarato per il 2023 con quello eventualmente pattuito per il 2024, in tal modo rideterminando virtualmente l’intera dichiarazione e le imposte che ne derivano. Su queste imposte bisognerà poi calcolare l’acconto complessivo e versare l’importo dovuto a novembre, al netto di quanto già versato per il primo acconto (calcolato alla “vecchia maniera”). Ebbene, l’emendamento proposto sembra quello di modificare questo meccanismo, prevedendo il ricalcolo del secondo acconto con modalità ordinarie (sulla base del reddito 2023) ma, attenzione, in caso di adesione alla convenzione, dove il reddito pattuito è superiore a quella dichiarata per il 2023 (situazione che prevedibilmente si verificherà nella quasi totalità dei casi), allora si dovrà versare un’imposta sostitutiva sulla differenza tra il reddito dichiarato 2023 e il reddito concordato 2024, con un’aliquota le cui modalità di determinazione sono ancora da comprendere e definire.

Insomma, di questo passo la campagna dichiarativa può dirsi conclusa, per quanto riguarda i conteggi, (forse) a novembre, con buona pace della semplificazione, e mentre siamo già quasi a metà giugno dobbiamo prendere atto che quel poco che sapevamo e che ci è così vicino ce la mettiamo tutta per capirlo (forse) è già da buttare.

A questo punto è (forse) opportuno chiedere una ed unica semplificazione: far sì che non ci siano più, forse, perché il fisco, e la necessaria pianificazione finanziaria del mondo delle partite Iva, compresa l’esborso verso l’Erario, non dovrebbero avere nulla a che vedere con continue incertezze e cambiamenti di rotta.

 
For Latest Updates Follow us on Google News
 

NEXT Pensioni a rischio povertà. Serve un reddito di riserva – .