Ho un grande déjà vu riguardo la nuova foto dell’anno – .

Ho un grande déjà vu riguardo la nuova foto dell’anno – .
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Alzo le mani avanti: luna foto dell’anno 2024o quello a cui è appena stata assegnata questa nomination dalla giuria di Foto della stampa mondialescattata a Gaza da Mohammed Salem, è intenso, iconico e perfettamente – ma tragicamente – “azzeccato”. Eppure c’è qualcosa che, quando lo vedo, emerge mio malgrado e ne riduce l’impatto: L’ho già visto una, due, dieci, tante volte. E di questi – è bene sottolinearlo – diversi nelle passate edizioni di questo “Oscar” del fotogiornalismo.

Facciamola breve: questa e le altre foto di cui parlo portano dritte dritte all’icona delle icone: la Pietà (tutti conoscono quella di Michelangelo in San Pietro), che ha sempre rappresentato il dolore massimo e innaturale, quello di una madre che tiene tra le braccia il figlio morto (come Cristo deposto dalla croce nelle braccia di Maria). Rappresentazione che, sia chiaro, non solo è legata al cristianesimo, ma lo è universale e molto terreno.

La fotografia, nel tempo, ha più volte indirizzato le emozioni dello spettatore verso questo topos dell’immaginario collettivo, e non solo fotogiornalismo. Si va da Tomoko, malata, accudita amorevolmente dalla madre in “Minamata” di W. Eugene Smith, a Courtney Love con in mano una sosia di Kurt Cobain nei panni del marito morto, foto pazzesca di David LaChapelle. Al centro, varie foto dell’anno al WPP che hanno la stessa modalità, ciò che cambia sono le guerre o i fatti che le hanno determinate. E anche quello che cambia, anno dopo anno, le giurie di questo concorso internazionaleche sembrano rispondere a una sorta di automatismo: laddove le persone combattono e muoiono, non trovano immagine più efficace di quella che – a forza di vederla e rivederla in forme sempre simili – finisce per perdere forza con il rischio di apparire come una scorciatoia per una “vittoria facile”.

Me lo chiedo, da fotografo e da osservatore: ma in realtà non esiste immagine meno evidente altrettanto potente e capace di raccontarcelo il dolore indicibile e la disgustosa ingiustizia inflitta in modo assurdo a coloro che semplicemente lo avrebbero fatto vivi in ​​pace?

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