Giovane, ma già affermato. Il cuoco Gianluca Renzi si sta facendo strada. Ed è brillante e scintillante. Come la stella che porta con sé da anni. A Bologna il suo ristorante era l’unico nel centro della città ad avere questo riconoscimento. Ora lavora in un ristorante di Asti, Le Cattedrali Relais, in Piemonte. È stato lui a investire su di lui Antonino Cannavacciuolo. Non un personaggio qualsiasi. E crede così tanto nello chef Renzi da concedergli grande libertà, strutturando la collaborazione su fiducia e stima. “Lavoriamo per garantire ai nostri ospiti un’esperienza unica”, Renzi ce lo dice in esclusiva.
Che tipo di ristorante è Le Cattedrali?
“È un luogo importante e moderno. I proprietari volevano investire immediatamente. Disponiamo di più di 22mila bottiglie e circa 2000 etichette. Qui c’è un’ottima interazione tra la stanza e la cucina, che è a vista. Chi viene da noi ha un’esperienza sia di sala che di cibo”.
Hai lavorato con chef di altissimo livello: cosa ti hanno lasciato?
“Heinz Beck prima e Cannavacciuolo adesso sono gli chef più importanti con cui ho lavorato e mi hanno formato tantissimo. Lasciano un’impronta. Ho però trascorso 10 anni con Heinz, che è un maestro e guru della cucina, quindi l’esperienza più importante per me è stata quella con lui. Anche perché ero agli inizi della mia carriera. Pulizia, precisione e ambizione sono la base per lavorare in questo mondo. Ma ognuno modella il proprio concetto e la propria filosofia.
Come si nasconde Cannavacciuolo dietro il suo progetto e cosa significa avere la stima e la fiducia di uno chef così rinomato?
“Per me lavorare con lui significa poter imparare e ricevere insegnamenti. Adesso sono più strutturato, ho lavorato tanto anche da solo. Quindi mi rapporto in modo più maturo con i grandi chef. Cannavacciuolo ascolta, vuole fare le cose per bene. E per riuscirci vuole capire il punto di vista del suo interlocutore”.
Tifoso della Lazio, come stai vivendo il momento della tua squadra?
“L’anno della Lazio è stato pieno di delusioni. La stagione è stata turbolenta. Un anno fa sembrava che ci fosse la possibilità di crescita, ma nella gestione di Lotito l’occasione è sempre stata persa. Ho apprezzato molto Sarri, che da uomo si è assunto responsabilità che forse non erano nemmeno le sue e si è dimesso, lasciando i soldi sul tavolo. Tudor può durare due, forse tre anni, ma alla fine si presenteranno sempre gli stessi problemi”.